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Marco Mensurati per la Repubblica
L' uomo che sta facendo litigare, ancora una volta, Niki Lauda e la Ferrari si chiama Mattia Binotto, e fa l' ingegnere. «Lo svizzero che è riuscito a far lavorare gli italiani», di cui ha parlato Niki Lauda sabato sera facendo infuriare Sergio Marchionne, «se rispondo lo insulto », è lui.
«Gli italiani sanno fare solo gli spaghetti», il mantra con cui Lauda è solito deridere i suoi ex datori di lavoro, si è schiantato quest' anno contro la "Gina", il nome che Vettel ha dato alla SF70H, la macchina rossa che sta dando molte preoccupazioni alla Mercedes. E che è nata, per dirla con Marchionne, «dalle idee e dal cervello di un gruppo di lavoro» tutto made in Italy: il telaio è stato curato da Simone Resta, il motore da Lorenzo Sassi, l' aerodinamica da Enrico Cardile. A coordinare il tutto, appunto, Binotto.
Ed è su di lui che Lauda, facendo maliziosamente notare che si tratta di uno svizzero e che dunque il suo assunto sugli italiani rimane valido, ha acceso il faro. In realtà sbagliando mira. Perché se è vero che il direttore tecnico è nato a Losanna (nel 1969), è anche vero che di cultura e tradizione, Mattia - che a Maranello lavora dal 1995 - è decisamente italiano. La sua famiglia viene da Reggio Emilia.
Ed è da lì che l' ingegner Binotto ha ereditato la passione per la F1: dal nonno Gianfranco, scomparso nel 2015 a 91 anni. «Era un grande tifoso della Ferrari - racconta al giornale svizzero 20Minuten papà Luigino, tassista 71enne - . Ricordo ancora le domeniche davanti alla tv a guardare le gare. E lo pregavo di non agitarsi troppo davanti ai bambini». Il signor Luigino è orgogliosissimo del figlio, comprensibilmente. Quando Mattia andava alle elementari, dalla scuola dissero che aveva dei problemi di attenzione e concentrazione. La famiglia, perplessa, per scrupolo si rivolse a un esperto: «Suo figlio sta più che bene: è l' insegnante che è terribilmente noiosa», fu il verdetto.
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Guardando la carriera fatta da Binotto non c' è dubbio su chi avesse ragione. Da quando è entrato nella "squadra test" Ferrari nel 1995, ha scalato tutto lo scalabile, conquistando infine la stima e la fiducia assoluta di Marchionne. Del resto, quel ragazzo educato e riservato era andato da subito a genio al presidente, che in lui aveva riconosciuto una dote rara. Più o meno quella di cui, sia pure in altri termini, parla Lauda: la capacità di ottenere il massimo dalla gente con cui lavora.
Dopo il tormentato rapporto con Allison (progettista inglese ora passato in Mercedes), c' era da riportare un po' di calma in un ambiente spaventato e poco lucido. E Binotto c' è riuscito alla perfezione. Se la macchina va è perché tutti quelli che hanno contribuito al progetto hanno dato e stanno dando il massimo. E in una stagione che si deciderà, gara dopo gara, sugli sviluppi della vettura, è una condizione ideale.
Ed è per questo che l' uscita di Lauda non va sottovalutata. Perché, letta bene, assomiglia a un piccolo sabotaggio. Il cui obiettivo non era offendere gli italiani, ma mettere Binotto al centro dell' attenzione. Niki è una vecchia volpe e sa bene che l' ego può essere un' arma nucleare, se usata bene: in un ambiente competitivo come quello di Maranello, avere successo può essere un problema e nel paddock già in molti hanno cominciato a chiedersi quanto tempo ci vorrà prima che intorno a Binotto si comincino a catalizzare invidie e gelosie.
«Mattia è un gran lavoratore, però la sua poltrona adesso è molto scomoda», aveva detto, preoccupata, la signora Marta quando aveva saputo della promozione del figlio. E si sa che per certe cose, le mamme hanno un fiuto infallibile.
niki lauda montezemolo
FERRARI
niki lauda enzo ferrari montezemolo
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