COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
1. COME NON FUNZIONA L’ANTIDOPING
Marco Bonarrigo per il “Corriere della Sera”
«Spendiamo 2 milioni di euro l’anno per l’antidoping. Disponiamo di un’equipe qualificata e polivalente. Per il passaporto biologico c’è un esperto interno, il dottor Giuseppe Fischetto. Siamo all’avanguardia». Così parlò, in un convegno a Parigi nel marzo 2014, Pierre-Yves Garnier, responsabile medico della federazione mondiale di atletica leggera.
Quell’avanguardia è il disastro certificato dagli 800 atleti «sospetti» indicati dal Sunday Times nei giorni scorsi. Tra nomi importanti e numeri altisonanti, è passato in secondo piano il ruolo del medico italiano Giuseppe Fischetto. È il Fischetto coinvolto nel caso Schwazer a Bolzano: il Coni l’ha assolto sul fronte sportivo, il tribunale altoatesino se ne sta occupando su quello penale. Il suo ruolo nella vicenda Iaaf trapela dalle mail che accompagnavano i file con i nomi degli atleti a rischio.
Fischetto, 65 anni, è primario (in pensione dal 2012) del pronto soccorso di Frascati. Ma la sua vera passione è l’atletica: dal 1990 è responsabile medico Fidal, dal 2003 membro della Commissione Antidoping Iaaf per conto della quale programma e fa eseguire i controlli. Sul piano etico il conflitto d’interessi è palese: coincidono il controllore (che valuta i parametri ematici degli atleti di tutto il mondo) e il controllato (che rappresenta una delle 200 nazioni affiliate). Nessuno si pone il problema, nemmeno sulla qualifica del medico: un ottimo tisiologo ma non ematologo, qualifica più adatta a un compito così specialistico.
A scambiarsi mail su esami e dati sospetti sono Jane Boulter, manager Iaaf, Garnier e Fischetto, coordinatore con potere decisionale. Il 9 maggio 2012, ricevuta una lista di marciatori da controllare in una gara russa, Fischetto osserva: «Cara Jane, perché non c’è il francese Diniz? È uno forte!». Diniz, rivale di Schwazer, quello Schwazer che sfugge alla Fidal o che la Fidal non vuole raggiungere. «Diniz è infortunato — risponde la Boulter — ma puoi aggiungere alla lista chiunque tu voglia». L’internista di Frascati può aggiungere chi vuole, con criteri del tutto personali, visto che la Iaaf non ha ancora adottato un sistema di screening automatico. Propone, dispone, analizza i risultati.
È Fischetto a dover chiedere pareri dagli esperti esterni D’Onofrio, Schumacher e Audran. Ma ai tre fino a tutto il 2011 arriva pochissimo materiale, anche quando la Iaaf ha ben chiaro che la situazione è drammatica e i dopati abbondano. Nel marzo del 2012, prima di una riunione con gli esperti a Monaco, Garnier scrive:
«Caro Giuseppe, in vista del meeting ti prego di estrarre dal tuo database i dati di quegli atleti, ma solo fino al 2009. Ovviamente li condivideremo in anonimo». Il file che contiene i dati sensibili di tutti i tesserati del mondo è conservato in più versioni nel computer del medico italiano, viaggia per posta elettronica, quando altrove (pensiamo alla federazione ciclistica) è protettissimo nel sistema centrale. Quello Iaaf non lo era, non a caso è stato ritrovato da una procura della repubblica.
La lista consegnata agli esperti conteneva i nomi di 27 marciatori e fondisti, in prevalenza russi e africani di livello medio. Una lista «precotta», con dati che allarmerebbero anche uno studente di medicina, con anomalie che si protraggono da 6/7 anni senza che nessuno sia mai intervenuto. L’ematocrito della siepista greca Kokkinariou, poi squalificata, oscillava tra 40,4 a 55,3%, roba che nemmeno i peggiori ciclisti anni Novanta.
Idem il marocchino Goumri, la russia Shoboukhva, la turca Bekele e altri. Insomma, presa per il collo la Iaaf sacrifica (e ci vive di rendita fino al 2013) atleti che più che per la pista erano pronti per il ricovero. E gli altri? E i nomi grossi? Perché sono rimasti nel database? Perché la valutazione non è stata affidata a esperti terzi e senza conflitti d’interesse? Perché Fischetto — magari in perfetta buona fede — agiva sui nomi e i dati degli atleti italiani quando i 250 suoi colleghi di tutto il mondo non potevano farlo? A rispondere, più che lui, dovrebbero forse essere Fidal e Iaaf.
2. QUANDO IL «GUARDIANO» È ANCHE IL MEDICO DI FIDUCIA
M.Bon. per il “Corriere della Sera”
C’è un capitolo delicato della vicenda Iaaf e riguarda gli atleti italiani. Delicato perché, a differenza di tutte le altre, le decisioni per gli azzurri con valori anomali (il 6 per cento complessivo dei nomi in lista) venivano prese da un medico che era anche il responsabile diretto della loro salute. E nella corrispondenza Fischetto/Iaaf le ambiguità vengono alla luce.
Quando i colleghi gli segnalano il caso del bronzo olimpico della marcia Elisa Rigaudo, Fischetto scrive: «Disponiamo di cinque campioni (4 nel 2009, 1 nel 2001). Emoglobina stabile (121-128). Range reticolociti 0,72-1,46. Attualmente normale». In realtà nel database c’erano altri campioni, con oscillazioni dei parametri assai più ampie. E poi una condizione di salute davvero particolare alla vigilia dei Mondiali di Osaka. Poteva essere una malattia, certo, o altro: ma un approfondimento era doveroso.
È nel caso dell’argento mondiale della maratona, Valeria Straneo, che si evidenzia in maniera netta il doppio ruolo di Fischetto. La Iaaf gli segnala dati anomali e lui mette nero su bianco la sua spiegazione: «La sua ipercromia stabile potrebbe essere dovuta a una condizione patologica».
Dopo aver letto un altro referto della Straneo, Fischetto scrive quasi una nota giustificativa: «Notate che l’atleta ha una storia documentata di sferocitosi». Il medico non esclude ulteriori controlli, ma il ruolo di difensore sembra evidente. Tra l’altro, il medico di fiducia della Straneo (i cui valori potevano benissimo essere alterati dai postumi della sferocitosi) era Pierluigi Fiorella, l’altro medico federale Fidal, coinvolto anche lui nel caso Schwazer.
Fischetto compila una lista di atleti da controllare per la Coppa Europa dei 10.000 metri, gara a ranghi davvero ristretti. Dopo averla esaminata, il collega Garnier gli suggerisce di inserire anche due italiani da lui omessi, La Rosa e Romagnolo. Poi c’è il caso della mezzofondista Elisa Cusma.
Anche per lei richiesta di chiarimenti della Iaaf, anche qui risposta tranquillizzante di Fischetto: «Abbiamo due campioni, il profilo è normale». In realtà c’è un terzo campione, che si scosta parecchio dai precedenti. A inserire la Cusma in una lista più ristretta provvede ancora il medico Garnier, che sa — come Fischetto — che a carico della Cusma c’è anche un controllo a sorpresa mancato. Eventualità possibile ma che normalmente vale la «promozione» tra gli atleti più a rischio, che Fischetto non ha proposto.
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