buffon maldini

RIPARTIRE DAI CAMPIONI, IN CAMPO E FUORI - BUFFON POTREBBE AVERE UN FUTURO DA CT DELLA NAZIONALE, UNA VOLTA CHIUSA LA CARRIERA – O ANCHE DA VICE DI UN ALLENATORE PIU’ ESPERTO O TEAM MANAGER ALLA GIGI RIVA - SULLA PIAZZA C’E’ ANCHE PAOLO MALDINI: “PENSARE ALLE DIMISSIONI DEI VERTICI FIGC NON È SBAGLIATO. BISOGNA RIFONDARE”

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1 - LA PANCHINA AZZURRA IRRESISTIBILE RICHIAMO PER UN FUTURO DA BUFFON

Paolo Tomaselli per il ‘Corriere della Sera’

 

buffon barzagli

Non può finire così. Con quella frase detta ai compagni e scolpita nello spogliatoio di San Siro nel «discorso» di addio alla Nazionale: «Ricordatevi l' importanza della maglia azzurra». Con quelle lacrime irrefrenabili da eterno ragazzo brizzolato sul prato di San Siro, con quella capacità unica di emozionarsi e di emozionare.

 

Di essere leader (vedi il gesto contro i fischi all' inno svedese) ma anche di mettere a nudo la propria umanità. E di lasciare la sensazione forte che «quel tempo tiranno», che lo costringe a chiudere con la Nazionale, non sia per nulla passato invano. E pazienza se il record solitario del sesto Mondiale non arriverà.

buffon

 

Tutto questo patrimonio - chiamato Gigi Buffon - non può disperdersi così, in una notte triste e definitiva come quella di un lunedì di metà novembre. La Juventus se lo tiene stretto fino a giugno e forte dello straordinario rapporto col presidente Andrea Agnelli può garantire al suo portiere e capitano un apprendistato unico in Italia. Fuori o dentro al campo.

 

buffon

Ma il richiamo della maglia azzurra è altrettanto forte e tocca corde profonde, quelle del bambino che c' è dentro di lui. Quanto conti la maglia azzurra, Buffon lo ha detto a voce alta nello spogliatoio ai suoi fratelli minori, che perdono una guida. E lo ha dimostrato in vent' anni di amore incondizionato, di gioie uniche e di delusioni violente. Un giocatore commosso all' inno, com' era Gigi prima della gara con la Svezia, raramente si è visto su questi schermi. E il pianto a dirotto di fine partita ha confermato l' unicità di Buffon, che è stato il solo a metterci subito la faccia, ben prima del commissario tecnico, per non parlare del presidente federale.

BUFFON E BONUCCI

 

Ma Buffon, che quasi sempre ha riempito di contenuti le conferenze stampa della vigilia (arrivando a citare perfino Piero Gobetti) e anche l' esercizio retorico della zona mista dove i compagni passano a testa bassa pure quando vincono, ha un futuro in Nazionale?

Da ieri per i bookmaker c' è anche il suo nome tra i possibili c.t., assieme a Totti e Del Piero, oltre ovviamente ai nomi più gettonati. La quota è molto alta (se giochi 1 euro ne puoi vincere 100...), perché ovviamente Buffon fino a fine stagione è ancora il numero 1 della Juventus. Ma è stato lo stesso Gigi un anno fa a rispondere senza tentennamenti alla domanda: «Sai già cosa fare da grande?».

 

buffon

«Certo. Il c.t.» disse al Corriere , quando la gestione Ventura era già iniziata. Sei mesi prima, quando l' allenatore della Nazionale era Antonio Conte, alla rivista francese So Foot , Buffon aveva detto: «Farei il c.t., ma di Nazionali come Stati Uniti o Cina» dove lo hanno preceduto amici e colleghi come Pirlo, Cannavaro o Lippi.

 

È interessante, senza volerci ricamare troppo sopra, come sei mesi dopo Gigi non abbia più citato due giganti dai piedi d' argilla nel calcio, ma abbia argomentato così: «Il campo è la parte più bella, ti regala emozioni che danno senso alla vita. Un ruolo di allenatore con la sua quotidianità non mi piacerebbe. Un ruolo da c.t. invece non lo escluderei a priori: mi rimarrebbero le emozioni del campo, ma anche un po' di libertà per dedicarmi ad altre cose».

 

Tra «non escludere a priori» e invocare «Buffon c.t.» il passo è tutto fuorché breve.

Sporting-Juventus buffon

Ma pensare tra un anno a Gigi come vice di un allenatore più esperto di campo (e meno di azzurro) o magari come team manager alla Riva o alla Oriali è qualcosa di diverso. Una suggestione, certo. Ma credibile. O forse soprattutto necessaria. Per riempire il vuoto che lascerà il miglior portiere della storia. E anche quello creato dal fallimento della Nazionale.

 

2 - PAOLO MALDINI: "È STATA SCONFITTA L' IDEA CHE IN QUALCHE MODO NOI CE LA CAVIAMO"

Enrico Currò per “la Repubblica”

 

CESARE E PAOLO MALDINI

La grande crisi del calcio italiano è iniziata nel 2010, con l'eliminazione degli azzurri al primo turno del Mondiale del Sudafrica. All'epoca Paolo Maldini aveva smesso di giocare da un solo anno e rappresentava già un patrimonio a disposizione del movimento. Lo è rimasto ancora, 7 anni dopo, malgrado l' impensabile accelerazione della corsa verso il baratro: l' ex capitano del Milan e della Nazionale è uno spreco, per l' assenza di un serio progetto che lo coinvolga, nel suo club e nella sua Italia.

 

Maldini, che cosa prova vedendo la Nazionale fuori dal Mondiale?

«Ero a San Siro a fare il tifo e ho sofferto. Non soffro più come prima per il calcio, da quando non faccio più il calciatore, ma in questo caso la delusione è troppo grande: ancora non ci credo, è stata una cosa inaspettata. Però».

 

PAOLO MALDINI

Però?

«Da una delusione così enorme si può ripartire, a tutti i livelli. Può diventare un' occasione. Bisogna riuscire a trasformare la ferita in un nuovo punto di partenza».

 

Un progetto di rifondazione?

«Quello. Da affrontare senza paura, con la consapevolezza che possono servire anni per ottenere i risultati, ma anche che è l' unica strada».

 

Per ora nessuno si è dimesso, né Ventura, né Tavecchio: è logico?

«Ognuno in una situazione del genere, quando c' è un fallimento, deve prendersi le sue responsabilità. E nelle responsabilità sono implicite le dimissioni. Pensare alle dimissioni dei vertici Figc non è sbagliato e nemmeno chiedere al presidente del Coni e al ministro dello sport un intervento per cambiare. Ma non per cambiare un singolo ingranaggio».

 

paolo maldini 3

La macchina è guasta da troppo tempo.

«Sì, ma non bisogna guardare soltanto alla Figc, c' è anche la Lega da cambiare».

 

È il momento degli ex campioni al governo?

«Ribadisco per l' ennesima volta che non voglio essere frainteso su questi argomenti.

Parlo da amante del calcio, non certo da persona che si voglia autocandidare per qualche ruolo. Quello che posso dire è che ci sono tanti ex calciatori che potrebbero dare molto, ma che con le norme attuali il ricambio generazionale è impossibile: vedo ancora le stesse facce di quando ho smesso con la Nazionale, 15 anni fa. Così non circoleranno mai idee nuove».

 

Albertini ci ha provato.

«Ma sapeva di perdere già prima di correre per la presidenza Figc. Il sistema è bloccato, così ci sono persone che hanno dato tanto allo sport e che non possono dare il loro contributo. L'unica eccezione al blocco della politica, in questi anni, è stata l' elezione di Malagò al Coni. Il cambio generazionale ci vuole: significa portare idee nuove».

tavecchio ventura

 

Qual è secondo lei la riforma più urgente?

«Su questi temi ci si può confrontare, ma più dell' elenco conta il principio. Il calcio giocato deve tornare al centro del sistema. È il problema principale della Figc».

 

Ma la Nazionale arrivava già da due fallimenti al Mondiale: perché le cose dovrebbero cambiare adesso?

«Perché non si può più aspettare. Non c'è una cosa sola che non va, ce ne sono tante. Non bisogna avere il timore di guardarle, ad esempio di capire che i ragazzi che escono dalle nostri giovanili non sono pronti per il calcio vero. E non bisogna vergognarci di guardare agli altri Paesi».

 

Spesso l'Italia li ha scimmiottati.

VENTURA TAVECCHIO 1

«La verità è che noi navighiamo sempre a vista. La Francia, prima del Mondiale, ha saputo programmare, come in passato Spagna e Germania. Ora l'Inghilterra sta vincendo tutto a livello giovanile e non può essere un caso. Con queste premesse è destinata a vincere anche con la Nazionale. Noi, invece, abbiamo l'idea che in qualche maniera ce la caveremo sempre. Non è vero e si vede».