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Marco Ansaldo per “La Stampa”
Il Brasile di Scolari è quello che compare in un allegro video di 4’ in cui calciatori abbronzati scherzano negli allenamenti, inventano giochi con la palla, stanno al bar a chiacchierare con ragazzi e ragazze di Santo Andrè, a sud di Salvador, e si fanno riprendere in mutande prima di tuffarsi in acqua? No, quella è la Germania. Il Brasile ha l’espressione da infarto di Julio Cesar mentre si prepara ai rigori con il Cile. Ha lo sguardo dolente dei suoi giocatori quando parlano di Neymar che non c’è. Ha la rabbia dei dirigenti cui hanno respinto il ricorso contro la squalifica di Thiago Silva, non trovando una motivazione accettabile al perché sia andato a disturbare il rinvio del portiere colombiano.
Osserviamo il mondo che si è capovolto. L’allegria cui invitava mezzo secolo fa Caetano Veloso in una canzone contro la dittatura del Paese ha traslocato nella Germania dalla Seleçao. Oggi le tv trasmettono l’immagine di Scolari che percorre a passi lunghi e torvi il campo di Theresopolis, la Coverciano brasiliana, per discutere con il giardiniere. Löw ha tenuto i suoi ragazzi nel ritiro con vista sull’Oceano.
Non sappiamo come l’aspetto psicologico ed emotivo inciderà sulla semifinale tra pluricampioni (5 titoli per i verdeoro, 3 per i tedeschi) ma è una prima chiave di lettura per immaginarla. «Loro sono i favoriti dall’inizio e i giocatori si sono adattati alla situazione. La pressione non ha paralizzato la squadra», ha detto Lõw dei rivali. Allora spieghi perché è bastato che la Colombia si riavvicinasse al pari a 10’ dalla fine per riportare nel Brasile affanno e confusione.
La Germania venata di ragazzi d’ascendenza turca, maghrebina o africana ha mantenuto invece l’innata capacità di restare con freddezza nella partita, convinta di rovesciare le situazioni difficili. È difficile mandarla in tilt e ha uomini creativi nella potenza, come ha sempre avuto perché è una frottola che ai tempi di Beckenbauer dominasse solo per i «panzer». Ci si dimentica come erano artisti Haller, Overath, Grabowski, Netzer, Hoeness.
Il Brasile dunque giocherà contro due avversari: se stesso e la Germania. Non è poco. Per vincere dovrà essere grandissimo come e più dell’anno scorso quando battè la Spagna nella finale di Confederations Cup. Allora però aveva Neymar e Thiago Silva. «L’assenza di Thiago peserà, non nello spettacolo ma nell’economia della partita, più di quella di Neymar», sostiene Mourinho. In effetti il salto di qualità tra l’ex milanista e Dante, che lo sostituirà contro i propri compagni del Bayern, è notevole. La sola cosa in cui Dante surclassa Thiago Silva è la chioma, allo stesso modo in cui quella di Willian abbonda rispetto al taglio «mechato» di Neymar.
A capigliature non ci sarebbe partita ma questa non è una sfida per parrucchieri. Willian impressionò contro la Juve a Torino. Giocava nello Shakhtar. Prima l’Anzhi poi il Chelsea l’hanno preso a 37 milioni, cifra da «star». Nel Mondiale abbiamo rivisto poco dell’immarcabile fenomeno, eppure per la stampa brasiliana è lui il vice Neymar, «il nuovo Amarildo», scrivono rievocando il 1962 e l’uomo che sostituì Pelè dopo l’infortunio e guidò il Brasile al titolo.
MONDIALE IN BRASILE - INFORTUNIO A NEYMAR 7
Con Willian la squadra non cambierebbe assetto nè sistema di gioco. Nè lo farebbe con Bernard, alternativa che piace al ct ma che pare troppo leggerina. Il dilemma dunque è tra Willian e il cambiamento tattico che Scolari forse non osa adottare perché la gente non lo capirebbe: sostituire Neymar con un terzo mediano per rinforzare il centrocampo dove i tedeschi ottengono la supremazia, spostando avanti Oscar. Tatticamente non sarebbe disprezzabile anche se contrasterebbe contro l’idea del Brasile «ballato». Che in questo Mondiale non esiste più.
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