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Filippo Maria Ricci per www.gazzetta.it
Andare a giocare a calcetto con i colleghi e con i propri clienti fa parte a tutti gli effetti dell’orario di lavoro. Questo dice una sentenza della sezione di Vigo, Galizia, del Tribunale Supremo spagnolo. Sentenza che tra l’altro conferma e rafforza quanto già espresso dall’Audiencia Nacional, sempre sulla stessa questione.
Il caso è stato sollevato dai sindacati dell’Altadis, società leader nella produzione di tabacco. Da anni quelli dell’Altadis organizzano un torneo di calcetto con i tabaccai della zona, i loro primi clienti. La questione è talmente seria che nel contratto di lavoro firmato da Altadis e sindacati si era già stabilito che la partecipazione al torneo fosse si su base volontaria, ma chi gioca avesse poi diritto a recuperare il tempo “investito” nel calcetto con ore libere o giorni di ponte.
STOP DI 12 ORE— I sindacati però volevano di più, e l’hanno ottenuto. Considerando le partite come “attività sociale da svolgere in comunione con i clienti”, si chiedeva che il calcetto fosse considerato come orario d’ufficio vero e proprio e che quindi la successiva giornata lavorativa non potesse iniziare se non trascorse almeno 12 ore dal fischio finale. E che qualsiasi problema fisico occorso nel tragitto per e dal campo e durante le partite fosse considerato incidente sul lavoro.
LAVORO A TUTTI GLI EFFETTI— I due gradi di giudizio, Audiencia Nacional e Tribunal Supremo, hanno dato ragione al sindacato considerando che avendo l’azienda già inserito nel contratto firmato il torneo nell’ambito dell’orario di lavoro debba essere considerato tale a tutti gli effetti. In Galizia il calcio è importante quasi quanto il tabacco.
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