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CHIACCHIERE DA VAR - L'ASSISTENZA VIDEO AGLI ARBITRI HA PORTATO A UNA RIDUZIONE DELL'86% DEGLI ERRORI ARBITRALI IN SERIE A, MA SI PUÒ ANCORA MIGLIORARE E IL PROTOCOLLO DEVE ESSERE AGGIORNATO - ANCHE SE È DIFFICILE ARRIVARE AL 100% DI PRECISIONE, CI SONO DIVERSI STEP CHE SI POSSONO FARE PER ADDESTRARE LA FUTURA GENERAZIONE DI ARBITRI - SERVE UNA FIGURA SPECIALIZZATA CHE SI OCCUPI SOLO DI FARE IL "VARISTA"
Carlos Passerini per il “Corriere della Sera”
Si può e si deve fare meglio. Serve una nuova fase, una versione «pro». Perché così com' è la Var rischia di andare in tilt, se non lo è già. E sarebbe un peccato, visti gli incontrovertibili benefici che la videoassistenza ha portato in queste prime 5 stagioni. «È stata un'annata bellissima ma anche molto complessa» ha ammesso il designatore Gianluca Rocchi. Il dettaglio delle statistiche conferma l'importanza dello strumento: errori ridotti in serie A dell'86%.
C'è poco da girarci intorno: grazie alla Var, il calcio è più giusto. Il problema è che i meccanismi ancora troppo spesso s' inceppano, finendo per creare cortocircuiti inaccettabili. La Var, come ogni tecnologia, è invecchiata presto. Il protocollo appare già superato, troppo rigido, limitativo. Ha ragione Rocchi quando dice che arrivare al 100% di precisione è impossibile, perché l'errore umano è inevitabile, specie se - come sta succedendo ora - la generazione di arbitri è giovane e inesperta, ma proprio per questo serve accelerare il percorso di perfezionamento di chi deve gestire lo strumento.
Il primo passo, già allo studio, è proprio la creazione di una figura specializzata, che si occupi solo di fare il varista, con tanto di ranking. Un orientamento che all'estero e già stato avviato. Siamo stati i pionieri della Var, tutti ci hanno copiato, ora rischiamo di restare indietro. Non va bene.
Va fatto tesoro dei casi più clamorosi di questa stagione.
Varisti che parlano troppo o troppo poco, arbitri troppo sicuri o troppo incerti, immagini poco chiare o troppo chiare per sbagliare. Un episodio iconico è il cortocircuito di Spezia-Lazio alla 35ª: gol vittoria di Acerbi in evidente fuorigioco. Per quell'errore vennero sospesi arbitro, assistenti, quarto uomo, Var. Tutti puniti insomma. E poi? Il problema è che la punizione non corregge l'errore. L'unica soluzione, come sempre, è la prevenzione. Oltre alla specializzazione dei ruoli, la cosiddetta «divisione delle carriere», occorre una linea più condivisa e chiara su rigori e fuorigioco: ancora troppi episodi valutati in maniera diversa.
Il fuorigioco semiautomatico che debutterà al Mondiale in Qatar può essere un grande passo avanti: 12-18 telecamere, 50 fotogrammi al secondo e un software basato sull'intelligenza artificiale che riceve le immagini e le analizza in 20 secondi, spedendole alla sala Var. Una tecnologia che pare infallibile, ma che dovrà comunque fare i conti con l'elemento umano: a decidere fra una posizione attiva o passiva sarà comunque l'arbitro.
Torniamo sempre lì: il problema della Var non è la Var, ma chi la adopera e come. C'è poi anche il tema del challenge: è sempre più diffusa l'idea che concedere la possibilità di «chiamata» alle squadre potrebbe avere un effetto positivo, a patto di non farla diventare «un'arma tattica» spezzare il ritmo e perdere tempo. L'idea è ottima, ma l'Ifab per ora non ci sente. Alla base di tutto, la finalità è la trasparenza: ai tempi della Var tutto si vede, perciò è giusto che tutto si spieghi.
La nuova governance Aia del presidente Trentalange in questo senso ha già fatto molto e bene: la comunicazione è migliorata moltissimo. Ma si può fare di più. Un progetto allo studio riguarda la riproposizione degli episodi sui maxischermi degli stadi, in modo che i tifosi dal vivo possano capire cosa accade. L'altra innovazione è una app con i dialoghi arbitri-Var, scaricabile ogni lunedì dai tifosi. La Var è tecnologia. E come tutte le tecnologie se non s' aggiorna s' impalla. Tutto qui.
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