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Paolo Tomaselli per il "Corriere della Sera"
Prima il probabile stiramento del crociato nel durissimo contrasto con il romanista Smalling, poi due minuti di cure, una leggera corsetta per riprendere posto in campo e quindi il crac, solitario, al primo cambio di direzione per smarcarsi da un avversario.
Quella sofferta domenica sera da Federico Chiesa all'Olimpico sembra «una lesione in due tempi» come viene chiamata tecnicamente. E anche se all'inizio si è presentata come una distorsione, purtroppo per il giocatore non è meno grave della lesione «classica», quella per intenderci che due anni fa interessò sullo stesso prato e sempre durante Roma-Juve, sia Merih Demiral che Nicolò Zaniolo.
Chiesa è arrivato ieri mattina al JMedical di Torino accompagnato da papà Enrico con la consueta discrezione, presente e attento, ma sempre a qualche metro di distanza rispetto al figlio, come in tutto lo sviluppo della sua carriera.
All'uscita, l'attaccante della Juventus e della Nazionale campione d'Europa aveva l'aria provata, ma allo stesso tempo consapevole che il problema poteva essere grave e lungo da risolvere.
La diagnosi è quella della lacerazione del «legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro» e la prognosi verrà chiaramente stabilita solo dopo l'operazione, prevista nei prossimi giorni, ma Chiesa dovrà stare fuori almeno sei mesi e salterà quindi tutta la fase cruciale della stagione juventina e i delicatissimi spareggi per il Mondiale dell'Italia a fine marzo: sia Allegri che Mancini perdono uno dei pochi giocatori capaci di spaccare le partite con i suoi sprint e i suoi gol.
Il ragazzo che a Wembley ha fatto ammattire Austria, Spagna e Inghilterra, segnando due gol fondamentali per il cammino europeo, ha unito il calcio italiano anche nelle reazioni al suo infortunio e nei tweet di incoraggiamento, arrivati da Inter, Milan, Napoli e in serata anche dalla Roma: «Grazie di cuore a tutti per i messaggi di supporto. Ci vediamo presto, in campo!» ha scritto Fede sui social.
«A fare la differenza è la voglia di rialzarsi - gli ha scritto il commissario tecnico Mancini - e tu ne hai da vendere. Ti aspettiamo». Significative, fra le altre, anche le parole di Leonardo Bonucci al compagno più giovane, ma già trascinatore della Juve (tre gol agli ottavi di Champions) e appunto dell'Italia: «Ora tutti ti diranno che sono con Te, che tornerai più forte di prima. Io ti dico solo che ora dipende da Te. Hai due strade, una non te la dico neanche, l'altra è già cominciata e prevede un lavoro duro ogni giorno, come dicevamo quest'estate, un centimetro alla volta per diventare un uomo migliore e un giocatore migliore. Lo sai già dove ti porterà questo percorso. Ti aspetto».
L'unico aspetto accettabile per la Juventus, priva anche di De Ligt e Cuadrado nella sfida di domani contro l'Inter che vale la Supercoppa e con il presidente Andrea Agnelli positivo al Covid (oltre a Ramsey), è il fatto che l'infortunio sia arrivato con il mercato di gennaio appena iniziato.
La carenza di gol va risolta, tenendo conto del bilancio: difficilmente uscirà un giocatore che ha mercato come Kulusevski e oltre alla pista Icardi, riprende quota quella che conduce al francese Martial del Manchester United, in eventuale prestito.
L'infortunio di Chiesa non farà invece cambiare idea a Madama sul diritto di riscatto a 40 milioni dalla Fiorentina previsto al termine di questa stagione dopo il prestito biennale a 2 e 8 milioni, anche se l'unico parametro vincolante ancora realizzabile, quello della qualificazione in Champions, non dovesse essere raggiunto. È la forza di Fede e dei giocatori come lui, con una marcia in più: fanno sempre pensare al futuro, anche nei giorni più duri.
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