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Goffredo De Marchis per “la Repubblica”
«Sulle Olimpiadi di Roma non esiste un piano B. Finirebbe per diventare un regalo ai 5 stelle ». Matteo Renzi e il presidente del Coni Giovanni Malagò continuano a condividere la strategia per strappare il sì ai Giochi da parte della Raggi. Ma se alla fine arrivasse il no, le strade del governo e dei vertici sportivi potrebbero dividersi. Perché, come ha detto in Cina il premier, «non ci inventeremo un marchingegno, non bypasseremo la scelta di Roma».
La linea del dialogo e dell’attesa è concordata con Malagò ma per Palazzo Chigi il punto fermo rimane la scelta del sindaco. «Nessun’altra strada è percorribile. Non esiste l’ipotesi del commissario speciale, l’esecutivo non darà, da solo, le garanzie per sfidare le altre città candidate — spiega da giorni Renzi ai suoi collaboratori — Io farò di tutto per conquistare l’appoggio dei grillini. Se la Raggi vuole incontrarmi per parlarne, la porta è aperta. Ma se dice di no, a malincuore visto che è un’occasione unica, ci facciamo da parte».
Per il momento si confrontano due “meline”. Quella dei 5 stelle che ritardano la risposta definitiva, sebbene sia quasi scontato lo stop. Anche ieri Luigi Di Maio ha preso tempo: «Sul sì o sul no decidiamo noi, non ci facciamo dettare i tempi da Caltagirone », è stata la sua risposta con un riferimento al costruttore romano proprietario del Messaggero. Malagò è altrettanto prudente: «Rispetto la tregua paralimpica, a Rio le gare finiscono il 17. Dopo di che verrà fissato l’appuntamento con la Raggi e ci incontreremo », ha spiegato agli amici.
La data del 7 ottobre, giorno in cui andrebbe spedito al Cio il secondo dossier su Roma 2024. serve solo a mettere un po’ di fretta al Campidoglio. In verità il problema tempo è molto relativo. Va bene anche un rinvio di un paio di mesi, i membri del comitato internazionale chiuderanno un’occhio. Basta che si lavori a una soluzione positiva.
DI BATTISTA MALAGO' MONTEZEMOLO
Il Coni resta ottimista. Pensa che non sia facile per i grillini dire di no a un’opportunità di sviluppo, a un intervento che porterebbe subito dei soldi per migliorare i 150 impianti sportivi della Capitale di cui ha parlato la stessa Raggi. Malagò conta anche sul confronto interno ai 5 stelle, dove non mancano i favorevoli come l’assessore all’Urbanistica Berdini e il neonominato al Bilancio De Dominicis.
Sottotraccia si continua a lavorare con chi può garantire una sponda: il vicesindaco Daniele Frongia per esempio, uomo chiave della giunta. A Palazzo Chigi invece sono più pessimisti: «Alla fine decideranno Di Maio e Di Battista...», e il veto sarà quasi certo.
Questo non significa uno smarcamento di Renzi. Il premier ci prova con tutte le sue forze, concordando la linea con Malagò: «Non dobbiamo irrigidirli, semmai lanciamo dei ponti». Quindi, è utile dichiarare che pure il no sarebbe accettato, che si rispetta il voto dei romani , salvo esercitare una forma di pressing che fa leva sul campanilismo della Capitale. «Se salta Roma, nel 2028 candideremo Firenze o Milano », ripete Renzi. Come dire: l’occasione (denaro fresco) è adesso, poi non ripassa più.
L’avvertimento spiega il rinvio dei vertici grillini, non è uno scherzo rinunciare a risorse in una città disastrata. Anche durante il G20 Renzi ha lavorato per Roma 2024 cercando di garantirsi i 3 voti dei membri Cio cinesi. Lo ha fatto ricordando alle gerarchie di Pechino che i 3 italiani hanno votato a favore dei Giochi invernali in Cina nel 2022. Voti che hanno permesso di battere la città kazaka di Almaty 44 a 40.
Ma il presidente del Coni non si rassegna a un eventuale bocciatura. E studia comunque la sfida a Los Angeles, Parigi e Budapest - le altre città in lizza - a prescindere dalla decisione della Raggi. È già successo che una candidata si sia presentata senza il sostegno della giunta municipale e arrivò a giocarsi l’assegnazione delle Olimpiadi al rush finale (ma ha perso).
È capitato persino che la Francia abbia presentato, nel 2005, la candidatura di Parigi senza una legge anti- doping adeguata agli standard internazionali. Un handicap non da poco nello sport, paragonabile alla mancata firma di sostegno di un sindaco. Eppure Parigi prosegui la sua corsa fino alla fine e perse le Olimpiadi del 2012 contro Londra per soli 3 voti.
In quel caso l’impegno del governo nazionale fu totale. L’allora presidente della Repubblica Jacques Chirac si presentò alla riunione decisiva del Cio a Singapore. Chiese la parola e tirò fuori dalla 24 ore un foglio di carta: «Questo è il decreto che presenterò domani all’assemblea nazionale.
Istituisce una durissima legge antidoping nel Paese. Se date le Olimpiadi a Parigi non avrò alcun problema a farlo passare ». Chirac si mosse contando sull’unità della Francia. Nel caso di Roma la situazione è diversa. E il voto dei cittadini ha detto che tocca ai 5 stelle decidere. Anche sulle Olimpiadi.
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