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Intervista a Simone Menegoi da apt diary
E’ una delle sezioni più attese di Artissima 2014, ‘Per4m’, progetto dedicato alla performance che prevede azioni e interventi artistici che vanno oltre lo spazio degli stand. L’interesse per il linguaggio della performance si è destato nell’ultimo periodo in musei, gallerie e nelle fiere.
Le reazioni a Frieze per LIVE – sezione dedicata alla performance – ha avuto esiti positivi, soprattutto per gli interventi a cui era stata adibita una “cornice” che, per molti versi, isolata le azioni performative dalla fiera in senso stretto. Da più parti, soprattutto nelle comunicazioni diffuse dalla fiera, di questa nuova sezione è sottolineato l’aspetto “fortemente innovativo, sia per la modalità di presentazione che per l’approccio con il quale la performance viene affrontata”. Staremo a vedere l’esito e la risposta del pubblico, senza contare l’aspetto prettamente commerciale.
Ci auguriamo che la “ricaduta” delle varie azioni non sia l’esposizioni negli stand di semplice documentazione fotografica o video, ma qualcosa di più strutturato e progettuale. La sezione prevede 16 lavori – presentati in quattro tempi per le giornate della fiera – a cui è stato pensato un apposito spazio (vicino alla sezione dedicata editoria CONText), a parte alcune azioni che saranno, invece, presentate in luoghi condivisi del padiglione dell’Oval. Tra le tante application presentate dalle gallerie partecipanti alla fiera, hanno selezionato le 16 performance tre curatori internazionali: Simone Menegoi (curatore indipendente, coordinatore della sezione), Tobi Maier (critico e curatore indipendente) e Natalia Sielewicz (curatrice presso il Museo d’Arte Moderna di Varsavia).
Durante le giornate della fiera, sarà anche consegnato il premio Prix K-Way Per4m – che va ad aggiungersi al Premio illy Present Future, Premio Guido carbone New Entries, Premio Ettore Fico ePremio Ettore Sardi per l’Arte Back to the Future, rivolto alla sezione Back to the future – destinato al lavoro performativo considerato come più significativo tra quelli presentati ad Artissima.
Il premio consiste in 10.000 euro. La giuria è composta da Silvia Fanti (Curatrice Arti Performative, Xing, Bologna), Agustin Pérez Rubio (Direttore Artistico, Malba – Fundación Costantin, Buenos Aires), Stephanie Rosenthal (Capo Curatrice, Hayward Gallery, London e Direttirce Artistica, Biennale di Sydney 2016).
Gli artisti: Leah Capaldi, Marcello Maloberti, Helena Hladilová, Kate StecPrinz Gholam, Kate Steciw & Rachel de Joode, Nico Vascellari, Giovanni Morbin, Tobias Kaspar, Louise Hervé and Chloé Maillet, Cally Spooner, f.marquespenteado, Italo Zuffi, Viola Ye?iltaç in collaborazione con Oliver Input, Tom Johnson, Lili Reynaud-Dewar e Shaun Gladwell.
Per capire meglio questa sezione, abbiamo fatto alcune domande a Simone Menegoi.
Nei prossimi giorni pubblicheremo alcune brevi interviste degli artisti di Per4m.
ATP: L’inserimento della performance all’interno di una fiera d’arte è una novità nel contesto italiano. In che modo hai affrontato questo progetto?
Simone Menegoi: Con il brivido di chi fa un salto nell’ignoto! L’idea di Sarah Cosulich di inserire una sezione dedicata alla performance all’interno di una fiera – una sezione sullo stesso piano delle altre, e come tale aperta al mercato, non un programma collaterale – è una novità assoluta per il panorama italiano; e non solo italiano, mi sembra. Staremo a vedere quale sarà la risposta del pubblico, della critica e dei collezionisti.
ATP: Con quale criterio avete selezionato i 16 progetti per questa nuova sezione?
SM: Al di là di un’ovvia valutazione di qualità, il criterio di selezione del comitato curatoriale – composto, oltre che da me, da Tobi Maier e Natalia Sielewicz – è stato quello di privilegiare artisti che utilizzano la performance come medium abituale. Come ogni buona regola, il criterio ha ammesso qualche eccezione: ne è stata fatta una, per esempio, per il brasiliano f. marquespenteado, che in occasione della Biennale di San Paolo del 2012 aveva accompagnato per la prima volta la presentazione dei suoi assemblaggi e delle sue stoffe ricamate con un recital in cui raccontava storie e cantava delle canzoni. Ad Artissima, l’artista proporrà la sua seconda creazione basata sulla stessa formula.
performance a Frieze Live Franz Erhard Walther
ATP: A Gennaio al Museo Marino Marini di Firenze hai curato la collettiva “Le Statue Calde. Pensiero – Corpo – Azione, 1945-2013”, in cui indagavi i rapporti tra scultura, corpo e azione nell’arte italiana del secondo dopoguerra. C’è una relazione tra i progetti che hai scelto per Per4m e i temi affrontati ne “Le Statue Calde”? Questa edizione di Per4m può essere vista come una prosecuzione del discorso iniziato al Museo Marino Marini?
SM: Credo che sarebbe stato fuori luogo cercare di sviluppare all’interno della sezione ufficiale di una fiera un programma coerente e compatto da un punto di vista curatoriale come il progetto che hai citato. Al contrario, Per4m si propone di riflettere la varietà caleidoscopica della performance attuale. Ciò detto, non è certo un caso che tre degli artisti presenti nella mostra di Firenze (Marcello Maloberti, Giovanni Morbin e Italo Zuffi) siano anche nel programma di Per4m. ll nostro gusto individuale – il mio, e quello dei miei due colleghi – ha ovviamente avuto un peso nelle scelte di Per4m.
ATP: Gina Pane in un’intervista della seconda metà degli anni ’70 sostenne che “la parola ‘performance’ è ormai diventata come la parola ‘arte’. Il suo significato è molto generale, troppo vasto, significa troppe cose”. Pensi che sia ancora così? Potresti darmi la tua definizione di “performance”?
SM: Di recente, Marie De Brugerolle, che di performance si occupa come curatrice e come teorica, mi ha detto di non voler nemmeno più usare la parola “performance”, tanto le sembra svuotata di senso. E Silvia Fanti, che è una delle persone più competenti nel nostro Paese in fatto di performance (e in quanto tale sarà uno dei giurati del premio che K-Way mette in palio per l’opera più significativa presentata a Per4m) preferisce usare la più ampia definizione di “live arts”. Io continuo a pensare che, per quanto logora, la parola possa ancora servire a indicare un certo ambito delle arti che si svolgono nel tempo, che fa della mancanza di regole la propria regola; un ambito in cui quasi niente può essere dato per scontato, nemmeno la presenza fisica di un attore di fronte allo spettatore. (Italo Zuffi, ad esempio, proporrà ad Artissima una performance che si svolge in aperta campagna, e che gli spettatori della fiera vedranno solo attraverso la mediazione di un’immagine in tempo reale). È un’area che si nutre dei linguaggi del teatro, della danza, del concerto, del reading, della gara sportiva, della sfilata di moda e di molte altre forme di evento pubblico, senza poter essere assimilata completamente ad alcuna di esse – e in cui ogni opera si pone anzi come primo problema quello di ritagliare, ogni volta, il perimetro del proprio spazio linguistico. Come l’arte contemporanea in generale, certo. Ma con in più il fattore del tempo, o meglio, della “liveness”, che rimane, mi sembra, l’unico elemento davvero imprescindibile di ciò che chiamiamo (ancora) “performance”.
ATP: Da sempre le azioni performative in arte, nel loro sviluppo come linguaggio espressivo, sono state influenzate dai mezzi tecnologici utilizzati per documentarle (fotografia, apparecchi audio, telecamere, ecc). Oggi, grazie allo sviluppo tecnologico, questa relazione è notevolmente mutata, la tecnologia non è più solo un supporto per la documentazione, ma è diventata fondamentale anche per un discorso semantico e simbolico. Mi dai un tuo punto di vista su questa relazione?
SM: Anche nella performance degli anni Settanta le nuove tecnologie avevano un ruolo attivo, e non di semplice documentazione: penso alle telecamere a circuito chiuso di Bruce Nauman e ai video feedback di Dan Graham. Ma è vero che oggi, con la diffusione universale delle tecnologie digitali che permettono di fotografare, filmare, diffondere immagini in tempo reale, la questione ha fatto un salto qualitativo. Ho già fatto l’esempio di Zuffi, con la sua performance in diretta; aggiungo quello della coppia di artiste Kate Steciw e Rachel De Joode, che in “Open for Business” – una delle performance che apriranno Per4m – stampano, ritagliano e manipolano in tempo reale di fronte agli spettatori immagini scattate da loro stesse o scaricate da Internet, realizzando e allestendo un’intera mostra nell’arco di un pomeriggio. Ha collaborato Matteo Mottin
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