DAYERN! DALL’EUFORIA ALLA DISPERAZIONE IN 35 MINUTI: LA CRONACA DA RIDERE DELLA TRAGEDIA GIALLOROSSA DEL TIFOSO PADELLARO: “NÉ IL GOL DI GERVINHO CI DIEDE TREGUA: “MO’ QUESTI S’INCAZZANO DI NUOVO” E INFATTI LA RAPPRESAGLIA RIPRESE CON ALTRI 2 PALLINI”

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Antonio Padellaro per “Il Fatto Quotidiano

 

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Momento tragico è il risveglio. Il guaio delle notturne. Se finiscono male, ti addormenti male e quando riapri gli occhi è peggio. Ma se arriva l’apocalisse, per tutta notte il replay dell’attimo che ti ha ucciso rimbalza nel cervello come un flipper. E quando sono sette? Nel dormiveglia pensavo: c’è stata una partita così di merda lontanamente paragonabile?

 

Lo spaventoso 7 a 1 del 2007 a Manchester. Sì, ma tutto si era svolto lontano, nella tana dell’Old Trafford, e poi una volta nella vita può succedere. O l’assurdo Roma-Slavia Praga del '96 e il maledetto Vavra (icona della nostra sfiga) che mancano pochi secondi e con un tiro sbucato dal nulla ci sbatte fuori dalla Coppa Uefa? Piangemmo allora, ma non di umiliazione.

Gervinho iturbeGervinho iturbe

  

 Allo stadio preferisco andarci a piedi e l’altra sera lo stato di grazia mi accompagnava nell’ultima aria tiepida dell’ottobrata, con la speranza dentro di me e il cielo stellato sopra di me. La legge morale di Kant applicata ai sedicesimi di finale di Champions League, ma forse si esagera. Forse.

   

E non pretendo neppure comprendano i carissimi nemici delle altre squadre. Qui abita un essere umano, direbbe Philip Roth se “La macchia umana” fosse giallorossa. C’è chi ha vinto troppo (e troppo male) e certe vibrazioni non può sentirle: “È dentro di noi un fanciullino che non solo ha brividi (…) ma lagrime ancora e tripudi suoi”. Perfino quelli sull’altra sponda del Tevere mi sono apparsi sempre diversi e più distaccati nel prendere le cose come vengono. Ma essi non sono come noi. Fortunatamente.

 

morgan de sanctismorgan de sanctis

Nell’accalco all’ingresso Distinti Sud, Tessera del Tifoso c’è chi sparge la buona novella: il Cska Mosca ha pareggiato col City, nostro competitore diretto. Seconda legge romanista di Murphy: quando tutto sembra andare bene qualcosa andrà terribilmente storto. Avessimo letto il Fanciullino di Pascoli sapremmo meglio perché siamo fatti così. Wikipedia: “È dunque una voce nascosta nel profondo che si pone in contatto con il mondo attraverso l’immaginazione e la sensibilità”. Beh, la nostra immaginazione galoppa sfrenata.

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Qualche vittoria in campionato, un pareggio nell’Europa che conta ed è subito scudetto e poi la Champions perché no. Siamo devoti della dea Euforia, pronti a convertirci in un baleno al dio dei disperati. La voce nascosta nel profondo esplode come mai avevo ascoltato quando lo speaker grida: “Francesco” e lo stadio risponde. “Toootti”, e sarà l’unico momento nella curva biancorossa dei cinquemila tifosi del Bayern di Monaco che qualcuno avrà temuto per qualcosa.

 

Non parlerò dello straordinario pressing alto studiato dal genio Guardiola che nei primi nove minuti, fino al gol di Robben ha legato e imbavagliato la Roma perché altri che se ne intendono lo hanno già fatto. E non descriverò la paura che paralizzava nella testa e nelle gambe la squadra perché era sotto gli occhi di tutti.

Robben Robben

   

Mi soffermerò invece sul panico che ci ha preso alla gola quando dopo 35 minuti eravamo sotto di cinque gol e ognuno a quel punto avrebbe dato chissà cosa perché, con i nostri in campo attoniti, piegati lì si fermasse il massacro poiché la natura (e la storia) implacabile dei tedeschi, con le loro inutili spietatezze, ci faceva temere che loro fermati non si sarebbero e che sepolta sotto dieci o dodici gol sarebbe sparita la Roma stessa.

Guardiola Guardiola

 

La vastità dell’Olimpico comporta un fenomeno acustico per il quale a ogni gol l’urlo trionfale dei bavaresi nella curva opposta giungeva nella nostra curva un paio di secondi dopo ed era lo stesso dolore che si avverte dopo, ma non subito aver preso un cazzotto sul mento come ben sa chi ne ha esperienza. Né il gol di Gervinho ci diede tregua poiché come mormorò chi mi sedeva accanto: “Mo’ questi s’incazzano di nuovo” e infatti la rappresaglia riprese con altri due pallini. Basta.

   

A quanti adesso sfottono e fanno sette con le dita o m’invitano a passeggiare sui sette colli, rispondo come Cyrano nel famoso monologo: “Questo è tutto? È assai ben poca cosa. Ma ce n’erano a iosa variando di tono”. Sette, per esempio, come i sette nani o come i sette peccati capitali. O come le sette meraviglie di cui una resterà indelebile. La gens romana che chiama i giocatori sconfitti e li applaude e canta : “Vinceremo, vinceremo il tricolor”. Sì. Forse.