DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera - Estratti
Appunti sparsi, scarabocchi randomici, presi tra sensazioni sublimi e stupore crudele. Chiaro che la partita gira quando l’arbitro butta fuori Pellegrini.
È un fallo da rosso? Sì, molto probabilmente sì. Un fallaccio da dietro per rimediare a un passaggio corto di Bastoni: Pellegrini si butta in scivolata con i tacchetti sulla caviglia dell’avversario, piede — come si dice in gergo — a martello. L’arbitro non è lontano, però non fischia d’istinto: dalla Var gli dicono di andarsi a rivedere l’azione sullo schermo, e lui va.
Pellegrini china la testa, lo sguardo diventa quello di un martire. È il peggior periodo della sua carriera.
I tifosi della Roma, di cui è capitano, lo fischiano da settimane, quasi lo bullizzano, e qui in azzurro — dove pure il cittì continua a dargli una maglia da titolare, e per giunta quella con il numero 10, sebbene lui un 10 classico non sia — combina questo pasticcio.
L’arbitro ci mette pochi secondi. Torna in mezzo al campo e tira fuori il cartellino rosso.
Fino a questo momento, c’è scritto sulla Moleskine, l’Italia è stata deliziosa, dentro un’armonia tattica importante, compiuta.
(...)
Certo quello che fa giocate pazzesche è Dimarco. Davvero, è come s’è già scritto: giocasse nel Manchester City sarebbe considerato il miglior terzino sinistro in circolazione. Terzino, poi. Lo trovi che fa l’ala: ma, di botto, è lì che diventa il terzo regista della squadra, un regista largo, sulla linea laterale. Ha un piede magnifico.
E, attualmente, è un calciatore magnifico. Si guarda tutto questo ottimo calcio, e abbiamo pure segnato due gol molto belli, pieni di una rara simmetria tattica, con dosi, con lampi di classe pura. Il primo, dopo pochissimi secondi, arriva con Cambiaso, alla fine di una manovra da play-station, entusiasmante.
Il secondo nasce invece da un numero di Dimarco, che apre — è un lancio strepitoso — ancora per Cambiaso. Lo juventino si fa trovare e parte bene, arriva in corsa, ha una gran corsa, e tira, il portiere belga si stende, respinge, ma qui sotto, a sinistra, piomba Retegui. Freddo, preciso: la colpisce come si deve, forte, riuscendo a tenerla bassa, e segna un gol non facile. Poi però la sfiga si ricorda di Pellegrini. Gli salta addosso. È una scimmia invisibile.
Pellegrini non ne azzecca più una e ora, mentre esce, lo sa perfettamente, se lo sta già immaginando ciò che potrebbe accadere. E che accade. Il Belgio, ovviamente, accorcia (con un gol notevole, per altro) e poi, dopo 17 minuti dall’inizio della ripresa, pareggia. Iniziamo a soffrire. Spalletti gesticola, incassa la testa, ha la brace negli occhi. L’arbitro non vede un fallo da rigore commesso da Bastoni.
Gli azzurri non vedono più la luce. Escono in successione Dimarco, Ricci, Retegui, Tonali, Frattesi: entrano Udogie, Raspadori, Fagioli, Bellanova e Pisilli, vent’anni, all’esordio. Il cittì prova a dare un po’ di corsa, di freschezza. Poi sono quei cambi che fai anche per dare un po’ di animo alla squadra, per mettergli un po’ di cortisone in vena. Barcolliamo, arranchiamo. Donnarumma non deve fare grandi parate, ma restiamo in bilico: un pareggio d’oro potrebbe diventare una stupida sconfitta.
nazionale di lorenzo pellegrini retegui cantano l'inno fratelli d'italia
La gente capisce e un po’ l’Olimpico si scuote. Anche se non c’è tanto cuore, non c’è certo lo stadio di quelle Notti Magiche, inseguendo un gol, quando eravamo più giovani e felici (all’inizio questi non si sono scaldati, non dico emozionati, nemmeno per il ricordo di Totò Schillaci, il grande, grandissimo Totò: però poi qualche imbecille ha trovato la forza per fischiare l’inno del Belgio, perché ancora fischiano gli inni nazionali, questi cretini, ma come si fa?). Vabbé: quanto manca? Niente, è finita. Allora adesso qualcuno vada subito da Pellegrini. State vicini a Pellegrini.
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