DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Gigi Garanzini per la Stampa
Una domenica un po' così, spolpata dei tre anticipi di lusso e da altrettanti, più resistibili, posticipi. Il clou nella serata di Udine, da cui anziché la fuga della Roma ne è uscito il tracollo: e insieme l'aggancio dei friulani alla seconda, temporanea posizione dietro Napoli e Milan.
Classifica corta, che più corta non si può, come da tempo non accadeva. Può allungarla stasera l'Atalanta, sul campo del Monza: al momento sette squadre in tre punti fanno una discreta sensazione. E sempre al momento l'Udinese di Sottil ci sta davvero a pieno titolo. Fatale alla Roma, in avvio, un passaggio di petto di Karsdorp al portiere. In teoria una finezza, sul genere costruzione dal basso, in pratica un rischio se appena l'avversario intuisce la mossa e parte prima: come ha fatto Udogie intuendo l'involontario assist. Poi il portiere ha regalato il raddoppio su un sinistro da fuori.
La Roma di tanto in tanto ci ha provato, soprattutto con Dybala, ha preso un palo con Mancini ma decisamente non era serata. E alla fine ne ha presi quattro, disintegrata da un'Udinese superiore sul piano fisico, ma non solo. Che dopo i due primi gol regalati gli altri due se li è costruiti da par suo. Segnali di burrasca nel Bologna, dove non è bastata la doppietta di Arnautovic, neo-capocannoniere, a riportare una serenità ambientale messa a repentaglio, si dice, proprio dai rapporti tra Arnautovic e l'allenatore Mihajlovic, la cui posizione non è più così salda.
E a proposito di tecnici, è arrivato con il Sassuolo il primo punto della Cremonese di Alvini, uno che in campo si scalmana e poi, davanti alle telecamere, non solo si ricompone ma arrossisce addirittura, come da tempo non capitava di vedere, muovendo simpatia e un pizzico di tenerezza. L'esatto contrario di Sarri, che in panchina si limita a mordere il mozzicone, ovviamente spento. Per poi scatenarsi, a proposito di arbitri, in un'intemerata imbarazzante: per grevità di accuse alla classe arbitrale e uso, anzi abuso, di turpiloquio.
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