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Gigi Garanzini per “la Stampa”
MARCO GIAMPAOLO - MASSIMILIANO ALLEGRI - GIOVANNI GALEONE
Il diversamente giovane maestro Galeone, oltre a spaziare sul calcio a trecentosessanta gradi, continua ad avere un debole per i suoi allievi prediletti, in ordine alfabetico Allegri, Gasperini e Giampaolo.
Invece che par amigos, ne parliamo per una volta official? Dandoci correttamente del lei?
«Ci mancava anche il lei, dopo 'sto lockdown che mi ha steso. Ma lo sai, anzi lo sa che non sono ancora uscito in barca? Che è pronta da un mese ma non sono ancora uscito dal porto? Non mi riconosco più».
Non sarà stato anche il mese e mezzo intensivo di pallone, con partite a tutte le ore?
«Più i commenti che ne seguivano. Con tutti 'sti numeri, e tutta 'sta gente che arriva davanti al microfono e dice il mio calcio. Io mi diverto come un matto a vedere le smorfie di Fabio, intendo Capello, che quando le sente troppo grosse fa una strana smorfia col naso, forse per impedirsi di aprire la bocca. Ma quale mio calcio? Si è mai sentito un maestro vero come Liedholm dire il mio calcio? E poi i numeri, le percentuali di possesso palla. Ho sentito una sera Sarri rivendicare il 72 per cento. Ma il problema mi sembra il restante 28 in cui la palla l'hanno gli altri: che è poco, ma è bastato alla Juve per subire 43 gol come non succedeva dalle guerre puniche»
giovanni galeone massimiliano allegri
Ricominciamo dai suoi cavallini, come un tempo li chiamava. Torna in pista Giampaolo, come se lo immagina al Torino?
«Me lo immagino preoccupato, perché il Toro si è salvato per miracolo giocando un calcio peggiore del Lecce e del Brescia finchè c'è stato Corini. Dunque del lavoro da fare ce n'è, e tanto. E lui lo può fare perché è un ottimo allenatore, che tecnicamente e tatticamente non si discute. Caratterialmente forse sì, perché quella sua freddezza naturale non si sposa con l'ambiente. Lo chiamerò presto, per un consiglio affettuoso che viene di lontano».
Di lontano?
«Da Giorgio Ferrini, nientemeno. Sono cresciuto con lui al Ponziana ed eravamo grandi amici. Lui è stato uno dei simboli del Torino, il prototipo di un vero capitano. Era granata dentro, e sapeva trasmetterlo ai compagni e ai ragazzi più giovani: per un temperamento freddo, certamente non sanguigno come Giampaolo credo sia importante un ripasso di quel tempo e di quella storia, che pose le basi anche per gli anni d'oro di Pulici e lo scudetto di Radice».
Sarà un problema in più lo smaltimento della delusione al Milan?
giovanni galeone massimiliano allegri
«Questo credo di no. È vero che si è un po' chiuso in se stesso, ma ripartire dal Toro è uno stimolo che saprà cogliere».
Chi non ha bisogno di altri stimoli è certamente Gasperini. A proposito di mio calcio, mi corregga se sbaglio. Gasperini non ha inventato un calcio nuovo: ha riciclato, rispolverato, rimodernato quello antico.
«La risposta, anzi in questo caso la domanda, è esatta. Potrei citare Klopp, che ha compiuto la stessa operazione in Germania e poi meglio in Inghilterra. Ma Gasperini l'ha fatta rivisitando il calcio all'italiana, riveduto e corretto in senso offensivo. Sempre in avanti, sempre in velocità, astenersi titic-titoc: o usarlo al momento di rifiatare, con la palla nei piedi del Papu o di Ilicic. L'Atalanta ha segnato 98 gol: e solo in due partite su 38 è andata in bianco. Questi sono i numeri che contano, che pesano nel calcio. Non le pugnette del possesso-palla».
Com' era il Gasperini calciatore?
«Tatticamente il più bravo che ho avuto, alla pari con Allegri. E poi ha un carattere, qualcuno dice caratteraccio, che se s' incazza lo fa per davvero. E questo i giocatori lo percepiscono, capiscono se uno recita o se è vero: e gli danno di più. Anche con me qualche scontro c'è stato, ma sempre costruttivo. La partita la sapeva leggere già in campo, come adesso in panchina».
Come Allegri.
«Certo. Difatti tutti e due avevano facoltà di cambiare in campo. E io ero quasi sempre d'accordo, perché avevo e ho un debole per i giocatori di personalità e con la vista lunga».
Certo che un Allegri sabbatico non è male come spreco.
(Sghignazza. A lungo.) «Guardi che io lo sento spesso. E lui con me ha confidenza. Proprio per questo non le sto a fare l'elenco delle squadre che ha rifiutato: per correttezza innanzitutto, ma anche per risparmiarmi un'emicrania. Adesso mi par di capire che…"(altra sghignazzata)
Che quando Conte sbrocca del tutto, arriva l'Allegri 2, la vendetta.
«Questo l'ha detto lei, anche se io ne sento parlare da un po'. Diciamo che se Allegri riuscisse a vincere con l'Inter sarebbe il primo a completare il trittico con Juventus e Milan. E diciamo anche che io una sparata come quella di Conte contro la società non l'ho mai sentita nella vita. Dopo 200 milioni di roba, o giù di lì».
antonio conte foto mezzelani gmt02
Duecento milioni tra cui per esempio Sensi e Barella.
«Che con Mancini mi risultano essere due perni della Nazionale. Ecco, mi faccia ancora dire che Roberto Mancini è l'unico che può dare all'Italia un'identità duratura. Quando ha cominciato ad allenare era ancora un po' ex-grande giocatore. Adesso, e da tempo, è un grande selezionatore e allenatore a tutto tondo».
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