lisetta carmi

“HO IMPARATO CHE LA LIBERTÀ SI PUÒ FOTOGRAFARE” – GNOLI INTERVISTA LA GRANDISSIMA LISETTA CARMI, FOTOGRAFA STRAORDINARIA: “PENSO CHE LA SENSIBILITÀ CHE LE MIE MANI AVEVANO PER IL PIANOFORTE SI SIA TRASMESSA ALLO SGUARDO. ANCHE UN PAESAGGIO, UN VOLTO, UNA SITUAZIONE SOMIGLIANO A UNA MUSICA CHE VA INTERPRETATA” – “EBREA, FUI ESPULSA A 14 ANNI DA TUTTE LE SCUOLE D'ITALIA. LE INGIUSTIZIE MI HANNO AVVICINATO AL PARTITO COMUNISTA. MA NEGLI ANNI CHE L'HO FREQUENTATO HO CAPITO QUANTO FORTE FOSSE IL PESO DELL'ORTODOSSIA E DEL CONFORMISMO” - FOTOGALLERY

Antonio Gnoli per “la Repubblica – Robinson”

antonio gnoli foto di bacco (2)

 

Nel febbraio scorso Lisetta Carmi ha compiuto 97 anni. Ci conosciamo da anni con Lisetta e da anni vive a Cisternino, un paese della Val d' Itria in Puglia. Ma con la mente è ovunque. È nei luoghi che ha visitato, in quelli in cui è vissuta; è nelle persone che ha conosciuto, nei libri che ha letto, nella dedizione e compassione che ha, potrei dire da sempre, accompagnato i suoi tanti lavori. 

 

lisetta carmi.

È stata eccellente pianista, viaggiatrice instancabile, fotografa meravigliosa e, infine, ha voluto reinventarsi in una sorta di dialogo religioso, aprendo un ashram in Puglia. Oggi Lisetta vive appartata. La pandemia non ne ha scosso le certezze e tra queste la fiducia innocente verso le cose e il mondo. 

 

«Le parole», dice, «dovrebbero essere stelle cadenti su cui poter esprimere desideri». Le parole di Lisetta sono semplici, vanno dritte al cuore di chi le ascolta. Essenziali e partecipi come le foto. Ho sfogliato con una certa emozione il catalogo della mostra (a cura di Luigi Fassi e Gianni Martini) in corso al museo Man di Nuoro. Sono foto bellissime che Lisetta scattò in Sardegna in diversi momenti tra gli anni Sessanta e Settanta.

 

la sardegna di lisetta carmi

Che ricordo hai di quella terra?

«Il ricordo non è offuscato dagli anni che sono trascorsi. È come se l' isola conservasse ancora vivida la sua presenza originaria: barbarica e leale, sospettosa verso gli intrusi e generosa, una volta che ne fai parte. 

 

La curiosità per quella terra mi venne leggendo il resoconto che una maestra ne aveva fatto, in una serie di articoli per Il Mondo di Pannunzio. Lei si chiamava, ma credo sia ancora viva, Maria Giacobbe. In quegli articoli raccontava la vita dell' isola, i problemi che gli abitanti dovevano affrontare, la bellezza dei luoghi, ma anche i primi tentativi di speculazione. In molte case non c' era acqua, né fogne nei paesi. 

 

travestiti lisetta carmi

Fu soprattutto un articolo a colpirmi. Parlava di un suo alunno, che non aveva neanche le scarpe tanto erano difficili le condizioni familiari. Era un bimbo con otto fratelli. Sul tema, che la maestra aveva dato, scrisse: "Che bella la luna è libera e non ha nove figli". Quel foglio macchiato di unto, rivelava una sensibilità, forse un talento».

 

A quel punto che facesti?

«Sul momento niente, oltretutto da quelle considerazioni erano passati alcuni anni. Ma Giovanni Piras, quel bambino dai capelli rosso fuoco, mi era rimasto impresso. Dov' era, cosa faceva? Riuscii a contattare la maestra e a farmi dare l' indirizzo dove abitava la famiglia Piras.

ezra pound fotografato da lisetta carmi

 

Vivevano a Orgosolo. Spedii dei pacchi dono. Cui seguì uno scambio di lettere. Nel dicembre del 1962 partii per la Sardegna. Volevo conoscere quella terra, il mondo che aveva generato un bambino come Giovanni».

 

Tu già fotografavi?

«Avevo iniziato un paio di anni prima, per curiosità. Accadde che Leo Levi, un amico etnomusicologo, mi invitò ad accompagnarlo in Puglia, a San Nicandro Garganico. Voleva registrare alcuni canti ebraici. La cosa mi incuriosì e a quell' epoca avevo praticamente chiuso con il mio lavoro di concertista. Acquistai una piccola macchina fotografica, nella convinzione che valesse la pena raccogliere qualche "ricordo" da una terra bellissima. Quelle furono le mie prime fotografie, cui sarebbero seguite tutte le altre fatte in Sardegna».

 

india, 1977 lisetta carmi

Non sembrano neanche foto scattate da una che è all' inizio.

«Penso che la sensibilità che le mie mani avevano per il pianoforte si sia trasmessa allo sguardo. Anche un paesaggio, un volto, una situazione somigliano a una musica che va interpretata».

 

E dalla Sardegna che suoni ricavasti?

«Alcuni belli, altri stridenti e duri. Pochi giorni dopo che giunsi a Orgosolo ci fu, nelle campagne circostanti, un conflitto a fuoco dove un carabiniere restò ucciso. Fino ad allora mi ero limitata a fotografare il paesaggio con le sue bellissime montagne, qualche volto e il paese, una specie di cratere lunare irto di sassi e rocce. Pochi giorni dopo ci fu il funerale a Nuoro del militare.

israele, anni '60 lisetta carmi

Fotografai l' esterno della chiesa, qualche funzionario infreddolito e in primo piano, ricordo, un bambino che scendeva dal sagrato. Sembrava uscito da un film di Rossellini o di De Sica. E fu tutto».

 

Che percezione avevi di quel mondo?

«Che fosse restato, come lo vedevo, lo stesso da millenni. Le donne vestivano di nero e gli uomini calzavano stivali, indossando la giacca da caccia e la coppola in testa. Erano le uniformi della tradizione.

Ricordo, e la cosa mi colpì, che nella piazza caduti in guerra, accanto a un istituto professionale femminile, fotografai un murales di Antonio Gramsci».

 

Hai anche fotografato la rottura con la tradizione.

«A cosa ti riferisci?».

il porto di genova 1964 65 lisetta carmi

 

Alle tue foto al nuovo insediamenti edilizio di Porto Cervo.

«Mi dissero che sulla Costa Smeralda stavano nascendo nuove case. Qualcuno aggiunse per ricchi.

Effettivamente trovai costruzioni volute dall' Aga Khan tutte in uno stile pseudo antico. Mi pare fosse il 1964. Ma poi tornai nel 1976 per vedere gli effetti di quella speculazione».

 

E cosa trovasti?

«L' insediamento era stato quasi del tutto completato.

i travestiti fotografati da lisetta carmi

Mi domandai se la ricchezza avesse il diritto di impossessarsi di un paesaggio così bello e innocente.

Mi dispiaceva che i sardi avessero venduto le loro terre vicino al mare perché qualcuno vi realizzasse villaggi vacanza. Pensai alle tante famiglie di pastori, di contadini e di piccoli artigiani tenute a un livello di mera sopravvivenza. Non è che la cosa mi andasse a genio».

 

E la visita alla famiglia Piras?

«Fu un' esperienza straordinaria che si è protratta nel tempo. Sia Giovanni che la madre vennero a trovarmi in seguito a Genova. E io accolsi per alcuni anni una delle sorelle di Giovanni, la Peppa. Durante il viaggio in nave incontrai Umberto Eco, che conoscevo bene perché era amico di mio fratello Eugenio. E Umberto restò colpito dalla bellezza di questa giovane, la cui treccia nera divideva perfettamente a metà la schiena».

ezra pound fotografato da lisetta carmi

 

A proposito di Eco, fu lui a farti avere un premio importante.

«Sì, il premio Niépce che andai a ritirare in Olanda. Mi emozionò la motivazione che scrisse Umberto. Diceva che il riconoscimento era per il mio lavoro e in particolare per una serie di foto che avevo fatto a Ezra Pound. Precisò che quei "ritratti" raccontavano molto più Pound che i centinaia di articoli che erano stati scritti su di lui».

 

Effettivamente erano foto che rivelavano qualcosa di segreto.

«Di rarefatto e unico. Andai a fotografarlo nella sua casa di Sant' Ambrogio, vicino a Rapallo. Non avevo appuntamento. Seppi solo che lì abitava un vecchio e importante poeta. Bussai più volte alla porta e, quando stavo per andarmene, lui aprì. 

orgosolo ph lisetta carli 1962

Vidi una figura spettrale, lunga e asciutta, con i capelli irti, la barba e il volto corrucciato. Scattai varie foto. Sembrò ignorare tutti i miei movimenti. Lo sguardo fisso, altrove. In quegli istanti di presenza restò in silenzio. Poi rientrò in casa e accostò lentamente la porta. Ebbi la sensazione che fosse rimasto lì dietro. Ne sentivo il respiro. Fu tutto. Pochi interminabili minuti che equivalsero a una piccola eternità».

 

A che anno risalgono quelle foto?

«Era il 1966. L' anno prima avevo cominciato la serie sui "travestiti" di Genova».

ezra pound, 1966 lisetta carmi

 

Anche quelle sono foto straordinarie. Come ti venne in mente di fotografarli?

«All' inizio fu molto complicato, perché è difficilissimo entrare nel loro mondo, nelle case dove vivono, stabilendo dei rapporti veri. C' era molta diffidenza, soprattutto perché non volevano essere trattati come un fenomeno da baraccone».

 

Come riuscisti a vincerne le resistenze?

«Una persona che conosceva bene quel mondo mi invitò a una loro festa. Andai, con una piccola macchina fotografica. Trascorsi la serata in casa di uno di loro. Non ricordo se era un compleanno, ma c' erano dolci, del vino e un grammofono che suonava canzoni strazianti. Qualcuna ballava con il rispettivo fidanzato, qualcun' altra era mollemente distesa sui divani.

carmelo bene fotografato da lisetta carmi

 

Chiesi il permesso di scattare qualche foto. Cominciò così un lungo rapporto che andò avanti per anni. Mi affezionai ad alcuni di loro. Così libere e così indifese.

Portavano nomi esotici. La "Gitana" era stata l' amante di De Pisis, la "Morena" aveva ispirato De André per Bocca di Rosa, un giorno mi confessò che avrebbe desiderato farsi suora. Ma questo te l' ho già raccontato. E poi c' era la Nevia, conturbante e ambigua come un androgino. Credo che sia l' unica ancora in vita».

 

Perché hai lasciato la musica per la fotografia?

«Non ho una risposta convincente. Potrei dirti che nel cambio non c' ho rimesso. Potrei aggiungere che forse ero stanca di girare l' Europa a fare concerti. Alla fine credo sia stata una questione di libertà. Una pianista deve rispondere a molte persone, seguire un programma, esercitarsi tutti i giorni, deve accarezzare quel demone che ha dentro come fosse il gatto di casa.

sardegna, 1964 lisetta carmi

Ho preferito la fotografia perché rispondevo solo a me stessa e alla mia coscienza».

 

Una coscienza politica?

«Anche politica. Ho girato il mondo. Sono stata nelle favelas venezuelane, in Messico, in Irlanda, a Belfast durante il conflitto con gli inglesi, in Afghanistan, tra i provos di Amsterdam e nei sotterranei di Parigi. Ho sempre cercato la stessa cosa: testimoniare il bello e il brutto della vita».

 

Ci sei riuscita?

«C' ho provato, ma non sta a me dire quanto mi sia avvicinata alla verità. So però che la verità nasce da un bisogno di giustizia».

 

Lo sai perché?

«Perché molte ingiustizie le ho vissute sulla mia pelle.

renee con un'amica i travestiti di lisetta carmi

Le mie origini sono ebree e so bene cosa è stato sopravvivere alla guerra, alle persecuzioni abbattutesi sulla mia famiglia, alla fuga. Fui espulsa a 14 anni da tutte le scuole d' Italia. Le ingiustizie mi hanno avvicinato al partito comunista. Ma negli anni che l' ho frequentato ho capito quanto forte fosse il peso dell' ortodossia e del conformismo».

 

Quando te ne sei liberata?

aspettando godot al teatro duse di genova 1965 lisetta carmi

«Furono rivelatori alcuni giorni che passai alle Frattocchie, dove il Pci organizzava degli incontri ideologici. Nel mio caso si trattava di corsi di aggiornamento per giovani comuniste. Fui istruita a dovere insieme ad altre compagne. Alla fine il partito ci regalò il libretto Stalin e le donne. Fu l' assurda ciliegina su una torta indigeribile. Credo siano stati i sei giorni più noiosi e deprimenti della mia vita. Alla fine restituii la tessera del partito».

 

sicilia, 1977 lisetta carmi

L' ultimo capitolo della tua vita è stato aprire un ashram in Puglia.

«Non vorrei darti l' impressione di una donna che sbanda a ogni curva che incontra. Ma questa esperienza religiosa, per me fondamentale, è nata dopo un viaggio in India nel 1976. Fu lì che incontrai il mio maestro spirituale».

 

Come lo conoscesti?

«I fedeli lo chiamavano Babaji. Ero a Delhi e sentii l' impulso di andare a trovarlo. Partii in autobus per Jaipur. Restai con lui quasi un mese, diceva: sii felice, se sei felice anche il mondo lo è. Ecco, l' ashram in Puglia è stato aperto con questo spirito».

 

In questo periodo come vivi?

porto di genova by lisetta carmi

«Ho avuto qualche problema di salute. Un pacemaker da riattivare. Ora va meglio. Esco di rado. Oltretutto sto ancora aspettando che mi facciano il vaccino. Non è giusto che a 97 anni sia ancora in lista di attesa. Sono vecchia, amico mio. Ma anche felice di poter tornare con la memoria agli anni in cui mi sembra di aver fatto qualcosa per me e per gli altri».

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