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IN NINO VERITAS! “SONO SEMPRE STATO PIÙ BRAVO SUL RING CHE NELLA VITA…” - EMANUELA AUDISIO RICORDA SU “REPUBBLICA” NINO BENVENUTI, IL PUGILE GENTILUOMO CHE CONQUISTÒ L’AMERICA: “È STATO IL NOSTRO PRIMO DIVO DELLO SPORT. AVEVA TUTTO: BELLEZZA, TECNICA, CARATTERE. PER IL SUO MATCH CONTRO GRIFFITH AL MADISON SQUARE GARDEN IN 18 MILIONI NELL’APRILE ’67 SI MISERO IN ASCOLTO DAVANTI ALLA RADIO" - DI MUHAMMAD ALI DICEVA CHE "PER L’ISLAM AVEVA FATTO QUANTO GESÙ PER IL CRISTIANESIMO" – LE DUE DONNE CHE HA AMATO, NINO CONVOCÒ UNA CONFERENZA STAMPA PER ANNUNCIARE CHE AVREBBE LASCIATO LA MOGLIE, INVECE CAMBIÒ IDEA E DISSE CHE… – VIDEO

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NINO BENVENUTI

Emanuela Audisio per repubblica.it-Estratti

È stato il nostro primo divo dello sport. Nino aveva tutto: bellezza, tecnica, carattere. E una grande umanità, capace di sostituire i pugni con le carezze.

 

Odiava lo stereotipo del pugile violento e disgraziato, non gli piacevano i vigliacchi e quelli che picchiano i gay, quando entrò in crisi sparì per tre mesi in India a curare i lebbrosi. Sapeva sentire, parlare, condividere.

 

Ha vinto tutto, quando la boxe era vera e grande. Grazie a lui 58 anni fa l’Italia salì sul ring del mondo. E alzò le braccia. Non in un posto qualsiasi, ma nel tempio dell’America: al Madison Square Garden. Nessun azzurro aveva mai vinto lì, era difficile persino sperarlo. Nino fu il primo.

 

E anche l’ultimo. A prendersi il titolo mondiale dei medi. Quella sera Little Italy fece chiasso attorno al quadrato con il tricolore e i fiaschi di Chianti. E dall’Italia partirono quattro voli charter.

NINO BENVENUTI

 

Tanto che il suo avversario Emile Griffith si lamentò: «Dovrebbe essere casa mia, invece ha più tifo lui».

 

Da quest’altra parte dell’oceano l’Italia rimase sveglia, anzi si buttò giù dal letto alle quattro di mattina. Se vi sembrano tanti i 6 milioni (tra Rai e Sky) per Sinner a Roma, in 18 milioni in quell’aprile ’67 si misero in ascolto davanti alla radio.

 

La voce era quella di Paolo Valenti, il governo aveva vietato la diretta tv, ma in tante città quella mattina i panettieri non aprirono, avevano altro da fare e soprattutto orgoglio da sfornare.

 

Nino, 87 anni, è morto a Roma, dove abitava, nel quartiere Trieste, lui che a Trieste era arrivato nel ’54 a 16 anni, profugo da Isola d’Istria, un piccolo paese di seimila abitanti dove suo papà Fernando faceva il commerciante di pesce.

 

«Era un uomo bellissimo, il fisico lo devo a lui mentre l’istruzione, il saper parlare, lo devo a mamma Dora, che aveva fatto il liceo classico, una donna intelligente che si era sposata a 20 anni e che con cinque figli aveva poco tempo per la cultura».

 

NINO BENVENUTI

(...) Benvenuti già nel ’56 potrebbe andare alle Olimpiadi ma Steve Klaus, il ct azzurro, non vuole bruciarlo.

 

Da dilettante nel ’60 a Roma vince l’oro (e la medaglia non la mangia, come fanno oggi, ma l’accarezza) grazie al diretto sinistro, da professionista si fa avanti con un perfetto uppercurt destro e poi diventa specialista del gancio sinistro che nel ’68 gli permette all’undicesima ripresa di mandare ko il cubano (esule) Luis Manuel Rodriguez.

 

Per Rino Tommasi, grande commentatore di boxe, «il gancio sinistro e il montante destro erano le armi con cui poteva risolvere un incontro con un colpo solo, una qualità rara».

 

Sul ring la trilogia di pugni con Griffith diventa una favola mondiale. Nino vince, perde, rivince. «Il secondo incontro, quello dove sono stato sconfitto, è stato il più drammatico della mia vita. Al secondo round mi ha rotto una costola, mi fossi fermato sarei caduto subito a terra dal dolore, invece ho resistito, perché da testardo volevo arrivare fino alla fine». A vedere la terza sfida nel ’68 davanti alla tv c’è anche Eugenio Montale che però tifa per l’americano.

 

NINO BENVENUTI

La Paramount offre 100mila dollari a Benvenuti per dare il nome a una catena di ristoranti che si chiameranno Nino’s. La rivista Life gli dedica la copertina. Ma a Nino importa il fattore umano, tra lui e Emile nasce un rapporto, Griffith sarà il padrino di cresima di suo figlio: «Ci ha sempre chiamato per sapere come cresceva il ragazzo, il suo affetto non ci è mai mancato. C’è ancora chi mi chiede: ma come, vuoi bene a uno che ti picchiava? Io rispondo che non puoi non diventare amico di un pugile con cui hai diviso la bellezza di 45 round».

 

E quando Griffith a New York in un agguato notturno viene pestato con delle mazze da baseball per la sua omosessualità, Nino s’infuria e vuole prendere il primo volo per andare a vendicarlo. Non solo, ma si darà da fare con una tournée italiana per aiutare economicamente il suo avversario, malato di Alzheimer, che campa con un sussidio di 300 dollari al mese. «Uno come lui, in grado di segnare un’epoca nei pesi medi, non è giusto sia trattato così. Io gli voglio bene ».

sandro mazzinghi e nino benvenuti

 

Benvenuti non guardava alle convenienze. Di Muhammad Ali, che lui aveva conosciuto nel ’60 come Cassius Clay, diceva che per l’Islam aveva fatto quanto Gesù per il cristianesimo.

 

Era ai suoi funerali a Louisville: «Fossi mancato non me lo sarei mai perdonato». È generoso anche con il pugile Carlos Monzón, quello che lo ha distrutto due volte con delle botte spaventose, anzi che lo ha costretto alla resa (lancio dell’asciugamano alla terza ripresa a Montecarlo nel ’71) e a terminare la carriera. Monzón è in carcere per aver ucciso la moglie, lui corre a trovarlo in cella in Argentina. «Carlos era un personaggio molto strano, non c’era possibilità di colloquio, di intesa.

 

Ma aveva molta stima di me, è stato un grande campione».

 

nino benvenuti

(...) Anche se aveva vinto i due incontri, Benvenuti aveva tentato di ricucire e di smorzare le asprezze del ring e della loro diversità, ma Sandro niente, rifiutava, si sentiva derubato da quell’avversario bello che faceva innamorare tutti. Tanto che Giuliano Gemma nel ’69 lo volle attore nel film western Vivi o preferibilmente morti.

 

L’amore e gli amori. Prime nozze con Giuliana Fonzari da cui ha avuto quattro figli e con cui ha adottato una bambina tunisina. Nel 1998, dopo il divorzio, il secondo matrimonio con Nadia Bertorello (a celebrare le nozze Gianfranco Fini) da cui aveva avuto già una figlia. Nel ’67 si erano amati e lasciati: lei era Miss Emilia, lui era sposato, era padre, scelse la famiglia.

 

«Era un’Italia bigotta, piena di moralismo, essere un campione significava anche essere un marito esemplare, pena perdere il mio pubblico. Ero su tutti i giornali, si era scatenato l’inferno, Paolo VI annullò la mia prevista visita in Vaticano, ero un pubblico peccatore. Il mio sbaglio è stato quello di sposarmi troppo giovane, con l’arrivo del successo io e mia moglie Giuliana ci scoprimmo diversi.

nino benvenuti

 

A lei piaceva spendere, a me il lusso sembrava una mancanza di rispetto verso i tifosi. Litigavamo così tanto che una notte a Roma sono uscito dall’hotel, ho dormito nei giardini di Villa Glori, anche se la sera stessa dovevo salire sul ring». Il resto della storia sembra un film da commedia all’italiana. Nino convoca una conferenza stampa per annunciare che lascia la moglie, invece cambia idea e dice che resta con lei. «Sono sempre stato più bravo sul ring che nella vita.

 

sandro mazzinghi e nino benvenuti

Tutti i contratti, i soldi, le cose erano sotto il controllo di mia moglie. Ebbi paura, lei minacciava di non farmi vedere più i figli. Ma non ho scuse, ho sbagliato e basta». Nadia è incinta, parte per la Francia, partorisce Nathalie, che Nino vede solo nell’88, anche perché nel frattempo si è legato sentimentalmente a una diplomatica argentina. Diceva: «Il pugile è un bambino forte che pensa di avere il mondo sempre in pugno». Lui è stato anche capace di aprire il pugno e di scoprirsi uomo.

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