
DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È…
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L'ultimo dubbio del torneo si risolve in coda. Il Parma va in Europa, il Torino di Alessio Cerci che piange con la testa tra le mani dopo aver sbagliato un rigore al minuto novantaquattro si ferma a un passo da un'impresa storica. Il campionato del record juventino si chiude con un successo strameritato e con la squadra di Conte circondata da 100.000 persone per un titolo che attraversa la città della Fiat.
A bordo, un gruppo capace di mettere in fila 102 punti. Il 3-0 al Cagliari certifica un record che rischia di resistere per molti anni. Vincono partite inutili e balneari Lazio, Napoli, Catania, Genoa, Milan (fuori dalla coppe dopo 16 anni) e Chievo. A Verona l'Inter cade per mano di un ex, Obinna e promette di ripartire da zero senza argentini. Si chiude un ciclo.
Di fronte a quarantamila persone unite dalla sola voce del gemellaggio tra le tifoserie, a Firenze, va in scena lo psicodramma granata. Il 2-2 finale tra Fiorentina e Torino riempie di lacrime la notte di chi sognava di tornare a viaggiare nelle coppe dopo vent'anni di assenza. Ora, proprio da Firenze (leggi Coverciano) parte l'avventura mondiale di Prandelli e dei suoi. Segue pagellone ragionato di un anno di serie A.
Juventus 10
Diciannove vittorie su 19 in casa, 33 complessive, muro dei 100 punti abbattuto, un dominio incontrastato sul quale ora grava un dubbio di nome Antonio Conte. Un intero stadio chiede al tecnico capace di prendersi tre titoli consecutivi di rimanere. Lui vorrebbe vincere anche in Europa, chiede rivoluzioni per un organico ritenuto largamente insufficiente e tituba: "Il futuro è ancora da decidere". Oggi a Torino l'incontro decisivo. Comunque vada (al netto degli isterismi stagionali) applausi convinti.
Roma 9
Un bellissimo torneo sporcato dal finale in calando (tre sconfitte consecutive) e reso zoppo dal comprensibile sgomento dato dal ritmo juventino. Rimangono le tante cose belle. I primi mesi di un super Totti, il formidabile lavoro di Garcia, il colpo di spugna su due stagioni da incubo firmate Luis Enrique e Zeman, il lavoro della rosa, il recupero di Destro e De Rossi, gli ottantacinque punti che in altre annate sarebbero bastate per sorridere. AL di là di tutto, mesi esaltanti e il ritorno (inatteso e dalla porta principale) nei gironi di Champions. Tanti soldi per continuare a programmare.
Parma 8
Si torna in Europa all'ultimo soffio con una guida sicura (Donadoni), le lacrime di Amauri e la fantasia di Cassano. A dicembre voleva andare via, è rimasto, ha illuminato. L'epoca di Tanzi è un ricordo, ma senza gigantismi il lavoro ragionato di Ghirardi e Leonardi ha pagato.
Torino e Verona 7,5
Peccato per il finale, ma con Immobile sul trono dei gol, Cerci comunque a quota 13 e l'enorme lavoro di valorizzazione della rosa firmato da Ventura, il campionato dei granata di Cairo è andato molto al di là di qualunque più rosea aspettativa. Applausi che vanno di diritto anche alla squadra di Mandorlini e dell'eterno Luca Toni. Il Verona chiude male a Napoli (1-5) e forse, con meno errori nelle ultime gare, avrebbe potuto persino firmare una storica qualificazione in Europa League. I 54 punti ottenuti da neopromossa valgono comunque un inchino.
Napoli, Fiorentina e Atalanta 7+
Toccherebbero applausi anche a Benitez e a Montella se non altro per qualche sprazzo di calcio bellissimo offerto tra Italia ed Europa. Il Napoli chiude al terzo posto e forse avrebbe potuto fare di più. La Fiorentina al quarto e anche qui, i dubbi sono simili. Rimane la Champions a portata di mano e un lavoro di costruzione che l'anno prossimo potrebbe far progredire anche la classifica. Menzione anche per l'Atalanta di Colantuono. Sbraca a Catania e manca il record di punti in serie A, ma Colantuono, visto il materiale umano si toglie grandi soddisfazioni e conquista una salvezza così anticipata da porre una domanda: un allenatore così bravo non meriterebbe una possibilità in un grande club?
Sassuolo e Chievo 7--
Nel delirio dei cambi in panchina, la sfangano anche Chievo e Sassuolo. Per i veronesi di Corini è un'impresa. Per il neopromosso Sassuolo che sembrava spacciatissimo, un miracolo ottenuto allontanando Malesani e richiamando Di Francesco. Missione compiuta.
Genoa, Cagliari, Sampdoria 6
Salvezza tranquilla e non scontata per le due genovesi e per i sardi. Anche qui cambi di panchina e tecnici recuperati alla causa. Menzione per Mihailovic atteso da novità sul suo futuro a strettissimo giro.
Lazio 5,5
Reja non fa male, ma ancora aspetta certezze e il torneo della Lazio, pesantemente condizionato dai primi mesi di Pektovic e dalla frattura tra Lotito e il pubblico, non è comunque un granché. Male il portiere Marchetti, attacco eccessivamente Klose dipendente, difesa anziana. Qualcosa bisognerà cambiare.
Udinese e Inter 5
Guidolin non ripete le stagioni precedenti ma assicura comunque alla causa la scoperta di quello che dicono sia l'erede di Buffon (il diciassettenne Scuffet), il solito sacco pieno di gol del meraviglioso Di Natale e la salvezza. Cambiando ogni anno dodici giocatori non sempre l'alchimia riesce. Fa il minimo e forse anche qualcosa in meno l'Inter di Mazzarri. Delusione totale, ciclo argentino ben oltre la frutta ed Europa minore come parziale consolazione a un'annata deludente.
Catania 4,5
Dalla possibile Europa allo sprofondo, nell'anno in cui il Palermo risale in serie A con cinque turni di anticipo. Finisce tra gli insulti tra allenatori cambiati e attacchi inadeguati al palcoscenico. Rifondazione obbligata.
Bologna e Livorno 4
Sui toscani, sulla povertà del loro organico sulla retrocessione in anticipo del gruppo di Spinelli poco si può dire. La fine era nota fin dalla scorsa estate. Malissimo anche il Bologna. Senza Diamanti e Pioli, Ballardini e il presidente Guaraldi hanno fatto flop. Brividi-dicono i bene informati-per i conti societari che ora, senza i soldi della A e in mancanza di mecenati, rischiano di precipitare.
Milan 4-
A un solo punto dall'Europa minore, dopo tre lustri, il Milan resta a guardare. Allucinanti balletti societari, tecnici cambiati, attaccanti bizzosi, condottieri messi sul piedistallo e poi abbattuti. L'ultimo, Clarence Seedorf, ha fatto 35 punti. Forse, quasi sicuramente, andrà via. Non aveva colpe e ha fatto anche qualcosa di buono. Così è la vita nel Milan che vinse tutto, ora confuso e tramortito dal passaggio generazional-economico tra Berlusconi padre e gli eredi invisibili.
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