marcell jacobs vince i 100 metri agli europei di roma

“DOPO L’ORO A TOKYO AVEVO ANCHE PENSATO DI SMETTERE. MA ADESSO VADO A PARIGI PER VINCERE” - MARCELL JACOBS SI CONFESSA A “OGGI”: A ME PIACE VIVERE ANCHE FUORI DALL’ATLETICA. PERÒ MI ERO MISCHIATO TROPPO CON UN AMBIENTE CHE NON ERA IL MIO: SFILATE, FESTE, TV. NON ANDAVA BENE… PER RITROVARE ME STESSO DOVEVO ANDARE DALL’ALTRA PARTE DEL MONDO, IN UN POSTO DOVE NESSUNO MI CONOSCESSE...” – IL MESSAGGIO DI CARL LEWIS A CUI NON HA RISPOSTO

Anticipazione Da Oggi.it

 

JACOBS E ALI A TURKU, IN FINLANDIA

A un mese dall’inizio dei Giochi di Parigi, il campione olimpico Marcell Jacobs si confessa in una lunga intervista esclusiva al settimanale OGGI, in edicola dal 27 giugno.

 

Reduce da un Europeo super (due ori) e dal 9.92 sui 100 metri a Turku, Jacobs tocca diversi temi. A cominciare dal cambio di allenatore: «Con Paolo Camossi c’era un rapporto super. È stato uno dei momenti più difficili della mia vita. Dovermi sedere a quattr’occhi con un uomo che per me ha fatto tantissimo, e dirgli che non avremmo più lavorato insieme: è stato devastante».

 

Jacobs spiega anche perché ha scelto di trasferirsi negli Stati Uniti: «A me piace vivere anche fuori dall’atletica, svagarmi, bere un bicchiere di vino. Però mi ero mischiato troppo con un ambiente che non era il mio: sfilate, feste, tv. Non andava bene… Per ritrovare me stesso dovevo andare dall’altra parte del mondo, in un posto dove nessuno mi conoscesse. Il primo mese mi sono martellato con una domanda: continuavo a correre per dovere o perché volevo?… Ho pensato di smettere. Ma poi ho ritrovato il feeling».

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Marcell parla anche di un messaggio lasciato senza risposta. E il mittente non era uno qualsiasi: «Quando è uscita la notizia che avevo lasciato Paolo, Carl Lewis mi ha scritto: “Vorrei allenarti, per me puoi fare entrambe le specialità: velocità e salto in lungo”. Non gli ho risposto. Non per arroganza, è che mi perdo via. Mi sono detto: “Dopo gli rispondo”, ma è passata un’eternità».

 

Jacobs svela anche qual è l’obiettivo a Parigi: «Essere favorito mi carica: sia di energia sia di responsabilità. Non vado a Parigi per partecipare, ma per vincere». Anche perché c’è una tenera promessa da mantenere: «Ai miei bimbi, che sono rimasti in Florida, ho detto: “Papà promette che correrà forte per vincere le Olimpiadi, così compriamo una casa con la piscina”».

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