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LUOGO COMUNE, MEZZO GAUDIO – NELLE SALE DEL MUSEO DI ANTROPOLOGIA CRIMINALE CESARE LOMBROSO, A TORINO, C’È UN PEZZO DELLA STORIA DEL RISORGIMENTO. E UNA GALLERIA DI LUOGHI COMUNI CHE CI RIGUARDANO ANCORA OGGI, TRA “DELINQUENTI NAPOLETANI” E “MASCHIO PEDERASTA TEDESCO” – LO SGARGIANTE OUTFIT DEL FUORILEGGE ANTONIO GASPARONE, CLASSIFICATO COME "DELINQUENTE NATO" E L’ABITO DEL SIGNOR VERSINO, CHE HA PASSATO LA VITA IN UN MANICOMIO, A RACCOGLIERE FILI, STRACCI, RIMASUGLI DI CARTA PER REALIZZARE ABITI INCREDIBILI: REPORTAGE BY ANTONIO RIELLO
Antonio Riello per Dagospia
Il Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso, dopo aver avuto varie sedi temporanee, ha felicemente trovato, nell'area di San Salvario, la sua collocazione stabile in un edificio dell'Università di Torino, la Palazzina di Medicina Legale.
Cesare Lombroso (1835-1909) è stato un medico, un antropologo, un grafologo e soprattutto il fondatore della Criminologia in Italia.
Era nato a Verona, dopo studi ed esperienze a Pavia, Padova e Vienna approdò definitivamente in Piemonte.
Si occupò a lungo di carceri e manicomi e fondò nel capoluogo sabaudo il Museo di Antropologia Criminale (1876).
Le sue ricerche godettero di grande considerazione sia in Italia che all'estero e il suo libro "L'uomo delinquente" (1876) fu un best seller del suo tempo.
Fu tra i primi in Italia ad applicare la Statistica alle ricerche mediche. Ad un certo punto della sua vita fu anche affascinato dallo spiritismo. Oggi il suo nome ricorre spesso (in genere con accezione negativa) quando ci si confronta con pregiudizi legati a comportamenti criminosi.
cesare lombroso l uomo delinquente
Era attivo in una atmosfera culturale positivista ed incline ad immaginare un possibile "controllo scientifico" delle azioni umane. In effetti la sua tesi era che ogni essere umano si porta sulla faccia il proprio destino: certe conformazioni antropologiche sarebbero portatrici di specifiche devianze (almeno entro certi limiti).
In altre parole, secondo Lombroso, il delinquente poteva essere riconosciuto da alcune caratteristiche fisiche che lo distinguevano. Se eri brutto, molto probabilmente eri anche cattivo. Pregiudizi sull'aspetto delle persone che potevano diventare delle aggravanti processuali.
Non è assolutamente corretto, oggi lo sappiamo bene. E' scientificamente accertato che non funziona così. Ma in nella sua epoca a molti poteva suonare un concetto plausibile (e anche utile, per certi aspetti).
Lombroso operava nel giovane Regno d'Italia dove il brigantaggio nel Centro-Sud era una emergenza nazionale.
Una specie di sanguinosa guerra civile che mobilitava alla grande l'apparto statale (in gran parte ancora piemontese): reparti militari, tribunali, carceri, manicomi. Anche le università.
Un complicato lavoro di catalogazione accompagnò e seguì la repressione: bisognava razionalizzare e cercare di comprendere una rivolta che sembrava altrimenti pericolosamente inspiegabile.
Nella Storia la differenza tra "liberatori" e "nuovi padroni" è sempre stata assai labile, e la nazione italica aveva allora una impellente necessità di costruire una narrazione rassicurante a proprio vantaggio (quando possibile anche grazie alla scienza medica).
uxoricida maschera mortuaria in cera
Non era concepibile che degli italiani "normali" si opponessero alla sacrosanta Unità d'Italia, i ribelli potevano appunto essere solo dei soggetti abbietti e nettamente "anormali".
Non mancavano certo le attitudini sessiste: le brigantesse oltre che avere lo stigma di "assassine naturali" spesso venivano pure bollate come "prostitute naturali".
Sicuramente il banditismo post-unitario è stato un fenomeno complesso dove elementi criminali e predatori convivevano confusamente con sentimenti popolari anti-piemontesi.
La miseria, l'emarginazione e l'analfabetismo venivano considerati come degli aspetti comunque marginali nelle analisi politiche di quegli anni. E ovviamente non esisteva ancora il concetto, così contemporaneo e trendy, di "attivista armato".
Nel museo è raccolta una quantità enorme di reperti (giunti anche da collezioni private e non direttamente legate alle ricerche personali di Lombroso).
crocefissi pugnali museo lombroso
Un primo settore riguarda le prove processuali, le armi sequestrate (fantastici i pugnali celati nei crocefissi), le misure antropometriche, la collezione dei crani (non si potrebbero fotografare per regolamento, ma sono i più ricercati dai visitatori), le maschere funerarie in cera dei condannati a morte, le foto che accompagnavano l'incarcerazione, gli abiti indossati al momento dell'arresto.
Sono visibili anche i ceppi e gli altri strumenti - eufemisticamente - definiti di "contenimento".
La ricca collezione dei coltelli delle brigantesse è uno dei momenti topici: sono degli oggetti bellissimi, ognuno racconta una storia.
Pugnali finemente decorati che sono in realtà dei teneri pegni d'amore: più che per un uso pratico servivano da porta fortuna oppure da monito. Molto interessante anche la documentazione fotografica sui tatuaggi.
A differenza di adesso, in quell'epoca erano il segno tipico di una lunga permanenza nelle patrie galere, e dalla tipologia si poteva ricostruire in quali prigioni si era stati confinati: mappe geografiche cutanee.
Notevolissimo lo sgargiante outfit del fuorilegge Antonio Gasparone (attivo nel Lazio meridionale) e classificato - tanto per cambiare - come "delinquente nato".
Prima o poi la sua elaboratissima giacca finirà per ispirare i deliri sartoriali di qualche stilista di grido (pronti per il "Brigante look"?).
"Delinquenti Napoletani" è il nome dell'album fotografico di Abele De Blasio: vi sono classificati secondo le varie "specialità" uomini e donne. De Blasio era un medico che raccoglieva a Napoli i ritratti segnaletici della questura.
Forse per bilanciare il latente pregiudizio sull'ex Regno delle Due Sicilie, nelle raccolte esiste anche un "Album Criminale Germanico" realizzato da dei seguaci teutonici del Lombroso.
In quest'ultima raccolta la devianza prevalente sembra quella di carattere sessuale: l'immagine del "Maschio Pederasta Tedesco" (vestito in abiti femminili) riporta ad un contesto di questioni di genere.
La seconda parte riguarda quella che oggi viene definita come "Prison Art", ovvero la produzione creativa degli internati di case di cura psichiatriche e delle prigioni. In apparenza materiale meno impressionante del precedente, ma per molti aspetti più interessante.
Oggi queste raccolte potrebbero generare innumerevoli mostre di Arte Contemporanea (perfettamente in linea con la deriva antropologica che domina le correnti pratiche curatoriali).
Si inizia con gli orci che erano in dotazione ai detenuti del carcere "Le Nuove" di Torino. Su queste ceramiche, graffiandole, venivano incisi (non senza un certo talento) disegni e parole. Era intanto un modo pratico per personalizzarli.
Questi orci finivano comunque per raccogliere fantasie, confessioni, desideri, confidenze, disperazioni. Un autentico dizionario enciclopedico della vita carceraria. Straordinario e commovente diario di pena. In particolare l'orcio con la scritta "W LA LIBERTA'" rimane impresso (da solo meriterebbe la visita).
calco mortuario museo lombroso
L'abito di un paziente dell'ospedale psichiatrico di Collegno, Giuseppe Versino, è una vera sorpresa. Il povero Signor Versino - passò quasi tutta la sua vita dietro le sbarre - raccoglieva per terra nei corridoi del manicomio fili, stracci, rimasugli di carta (tutto quello che poteva trovare insomma).
E poi, dopo lungo lavoro, li utilizzava per crearsi, intrecciandoli, degli abiti incredibili che di primo acchito ricordano un po' quelli degli esquimesi. Un vero campione della rigenerazione delle fibre (con una secolo abbondante di anticipo).
Poi ci sono quei manufatti che potrebbero rientrare appieno nell'Art Brut. Soprattutto disegni e piccole sculture.
Al brigante Pasquale La Porta piaceva creare con l'argilla scenette di combattimento tra "ribelli" e carabinieri. Faceva minuziose ricostruzioni di agguati e omicidi: in confronto i modellini forensi delle popolari trasmissioni televisive appaiono robetta da dilettanti.
Lombroso in fondo, a modo suo, è l'antenato dei tanti esperti forensi (o sedicenti tali) che di sera popolano gli schermi degli italiani.
Bisogna ammetterlo, in questo bel museo c'è un pezzo (abbastanza oscuro in verità) della Storia del Risorgimento.
E queste sale non sono abitate solo dalle folkloristiche (e forse anche un po' morbose) curiosità di un mondo ormai lontano. Possiamo trovare in abbondanza le ombre lunghe di discutibili luoghi comuni che continuano a riguardare tutti noi che frequentiamo il 2025.
Questo articolo è 100% NAI (Not generated by AI)
BRUTTI & CATTIVI
Museo di Antropologia Criminale CESARE LOMBROSO
Università di Torino
Via Pietro Giuria 15, 10126 Torino
abiti realizzati da versino
orci museo cesare lombroso a
abito di versino b
abito di versino a
outfit bandito gasparone
coltelli brigantesse
cesare lombroso teschi c
orci museo cesare lombroso f
cesare lombroso teschi b
cesare lombroso teschi a
modus operandi
abiti di versino d
orci museo cesare lombroso b
orci museo cesare lombroso d
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