DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Claudio De Carli per il Giornale
I detenuti ne parlavano da tempo e la davano per certa, già tutto organizzato. Nei primi giorni di ottobre iniziano ad arrivare sulla scrivania dell' ufficio del direttore del penitenziario messicano di massima sicurezza e reinserimento sociale di Cieneguillas nello Stato di Zacatecas, decine di lettere accorate di famigliari che chiedono il lasciapassare per poter assistere all' evento, una innocua partita di calcio per celebrare l' arrivo dell' anno nuovo, una festa per stare vicino ai cari detenuti e alleviare loro la pena. Una pretesa quasi lodevole in occasione delle feste natalizie gettata lì per spezzare il cuore anche al più duro dei direttori carcerari.
A Cieneguillas la situazione è più che delicata, carcere sovraffollato, quindici detenuti per cella con la presenza di numerosi condannati a pene definitive dei due cartelli rivali più potenti del Paese che regolano la quotidianità nel carcere.
Da una parte i narcos del Golfo del sanguinario Osiel Cardenas Guillen, cocaina, anfetamine, traffico delle armi verso gli Stati Uniti, dall' altra i Los Zetas, ex membri delle forze armate speciali messicane, narcotici, sicari assoldati per regolare i sospesi con chi alza la cresta. Un' amichevole fra gente di malaffare e il pallone nel percorso di redenzione della malavita organizzata. In altre carceri messicane hanno organizzato partite con la partecipazione di Higuita e Maradona e non è successo niente. Qual è il problema?
Il direttore s' informa, la sfida è proprio fra le formazioni dei narcos del Golfo e quelli dei Los Zetas, solo un' opportunità per alleggerire le tensioni nel penitenziario, e prende le sue precauzioni. Chiama il responsabile dell' SSP, il ministero della Pubblica Sicurezza e chiede direttive.
Ismael Camberos Hernández risponde che nessuno meglio di lui può gestire un simile evento, conosce le criticità del carcere e i suoi angoli più cimiciosi, è responsabile delle relazioni con l' esterno e con gli operatori preposti, gli raccomanda solo di muoversi nella massima sicurezza e in definitiva se ne lava le mani.
La prima mossa è una accurata perquisizione delle celle dove vengono rinvenute pistole, coltelli, droga e cellulari. Poi fissa un numero preciso di famigliari che vi potranno assistere. Sembra tutto in ordine, dispone una quantità massiccia di guardie attorno al campo di calcio, chiede un piccolo contingente di agenti antisommossa che non gli viene assegnato e si prende qualche giorno per riordinare le idee.
La data fissata è la vigilia dell' anno nuovo, ci sono le squadre, l' arbitro, le porte, il campo di calcio con le righe tracciate col trabiccolo e la doppia rete che separa i famigliari mischiati ad agenti in borghese pronti a ogni evenienza. E poi dai, è un' amichevole! Il direttore realizza che sarebbe più pericoloso e controproducente negarla, rischia una rivolta con conseguenze inimmaginabili e con mano quasi sconosciuta firma l' autorizzazione. Il mattino della partita iniziano ad arrivare i parenti che si piazzano a ridosso della doppia rete di protezione, nell' altro lato i detenuti che non partecipano alla sfida, una moltitudine rabbrividente.
Quanto accade è riportato sui quotidiani de La Jornada, La Republica e El Proceso, ognuno con il proprio inviato a bordo campo in zona protetta. La partita inizia ufficialmente alle due pomeridiane, cielo coperto, ventilazione accettabile, annunciate al megafono le formazioni dei detenuti, vietate le scarpe con i tacchetti per ragioni di comprensibile sicurezza, c' è il pallone.
Tensione come in ogni più stracciata partita di calcio, tutto fila liscio fino al quarto d' ora di gioco, più o meno, quando un duro contrasto al limite dell' area di rigore, o forse dentro, scatena una rissa esagerata. Come per magia saltano fuori coltelli e pistole. La rissa si trasforma subito in un conflitto a fuoco, fra urla in campo, dalla zona degli altri detenuti e dal recinto dei famigliari. Tutti sparano e tutti hanno un coltello in mano, un detenuto imbraccia perfino un fucile automatico, leoni e gladiatori dei dilettanti, mai vista una cosa del genere su un campo di calcio, anche se ormai è tutto tranne un campo di calcio.
Uno sterminio di due ore e mezza, dalle 14,30 alle 17, non registrato dagli inviati che riparano dietro a protezioni di fortuna per schivare le pallottole, elicotteri della Guardia Nacional che sorvolano la zona e 150 agenti antisommossa sdoganati d' urgenza che manganellano e sparano con un occhio al recinto dei parenti che stanno brigando per far evadere i congiunti. Nessun regolamento di conti, tutto è stato organizzato per un' evasione col sacrificio di ventidue sottoposti vestiti da calciatori destinati a lasciarci la pelle pur di creare il caos necessario per la fuga dei loro boss con la complicità dei parenti. Il pallone solo un pretesto. Vergogna.
Scattano le indagini, innanzitutto come siano entrate pistole e coltelli nel penitenziario perquisito solo il giorno prima, il direttore del carcere sospetta la complicità di diverse guardie carcerarie e del personale in servizio, tutti sotto inchiesta. La Voceria de Seguiridad Publica del Gobierno informa che in quel pomeriggio del 31 dicembre del 2019 restano sul campo del penitenziario di Cieneguillas 16 detenuti fra sparati e pugnalati, praticamente una squadra e mezzo, e sei feriti gravi. Il pallone si vendica sempre da chi lo ammorba.
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