DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
Giampiero Mughini per Dagospia
giampiero mughini con la moglie michela e bibi
Caro Dago, mai e poi mai ho pensato che un ottimo giornalista come Paolo Ziliani fosse “una testa di cazzo” in fatto di antijuventinità. Di quelle ce sono tante, non lui. Lui è afflitto da un morbo, tutto qui, e non esiste penicillina che lo curi quel morbo. Mi spiace invece la ripetuta volgarità della sua lettera.
Dubito che se lo avessi avuto di fronte avrebbe usato il termine “trombonaggini”, anzi sono sicuro che non lo avrebbe fatto. Quanto alla bottiglia di Brandy che mi invita a bere, se non fossi dannato dalla mia eleganza lo inviterei a ficcarsela in un certo posto. Cosa che ovviamente non gli dico neppure a bassa voce, mi limito a pensarla.
MUGHINI CON LA MAGLIA DELLA JUVENTUS
Ognuno può avere le idee che vuole, ci mancherebbe altro. Liberi tutti di fondare dei club intitolati “Juve merda”. Libero ciascuno di addormentarsi sereno al pensiero che la storia del calcio italiano degli ultimi vent’anni sia scandito da scudetti della Juve che sono stati vinti a mezzo di telefonate tra Luciano Moggi e non so quante centinaia di arbitri e guardalinee.
Libero ciascuno di omettere che nella Juve di questi ultimi vent’anni giocassero Zidane, Vialli, Del Piero, Deschamps, Buffon, Nedved, Montero, Inzaghi, Camoranesi, Trézéguet, Ibrahimovic, Thuram, Zambrotta, Davids, Cannavaro senior, e ne sto dimenticando, e che invece quei 91 punti in un solo campionato fossero dovuti a un armeggiare di schede telefoniche da parte di un Demonio Assoluto contro il quale si erge il prode Ziliani.
Libero ciascuno di dimenticare che la finale di Coppa del Mondo del 2006 (vinta dall’Italia) schierò in campo l’intera storia calcistica della Juve moggio-giraudiana a cominciare dal mister Marcello Lippi, di cui voglio sperare che Ziliani non fosse tra i mentecatti che volevano gli fosse tolta la guida della nazionale perché sorpreso a telefonare a quel Moggi che lo aveva assunto alla Juve.
Libero ciascuno di cassare dalla memoria quella sentenza della giustizia sportiva che riconosce che in fatto di telefonate ad arbitri e compagnia cantante l’Inter non era da meno dei dirigenti della Juve, quell’Inter che aveva avuto in dono uno scudetto da quanto era superiore “moralmente”, solo che la colpa dell’Inter era prescritta (e quello scudetto grottesco sta ancora a puzzare nella bacheca di una grande squadra e di una grande società: sto ancora aspettando dal presidente Moratti che lui dica altrettali parole della Juve e della sua storia).
Non c’è dubbio, le sentenze finora emesse indicano l’esistenza di una “organizzazione a delinquere” timbrata dal direttore tecnico della Juve. Tenendo presente che gli arbitri condannati sono uno o due, non so bene come funzionasse questa organizzazione a delinquere. Partite del nostro campionato il cui risultato sia stato modificato da decisioni arbitrali illegali? Sbaglierò, ma non mi pare ne sia stata indicata con nome e cognome una sola. E con tutto questo, senza tema di sprofondare nel grottesco, Ziliani vorrebbe che alla Juve ne fossero tolti altri quattro o cinque di scudetti.
Eppure il fondo di quella mia letterina a Dago era un altro. Dico letterina a Dago perché io non sono un giornalista (sono stato anche cancellato dal’Ordine), a differenza di Ziliani non ho uno straccio di giornale su cui scrivere, non parlo mai di sport se non con qualche amico in televisione e quando mi pagano molto. Amo il calcio, questo sì. E penso che le storie di calcio siano tra le più belle a raccontare una società e un Paese come l’Italia.
Mi sembrava che la storia della Juve post-Calciopoli, la storia di una società che era stata distrutta oltre che rapinata da due sonanti vittorie conquistate sul campo, una società che non per portare i libri in tribunale aveva dovuto svendere i suoi campioni, a cominciare dal Pallone d’Oro Fabio Cannavaro _ quello che avevamo preso dall’Inter in cambio di un portiere di riserva, ecco che cosa sapeva fareMoggi _, una società che era stata amputata della sua famiglia stemma in un momento di grande debolezza politica della Fiat, una squadra che era precipitata nelle mediocrità di due settimi posti consecutivi, ebbene mi sembrava una bellissima storia che questa società ritrovasse “capitani” degni della sua leggenda (Andrea Agnelli, Antonio Conte, Beppe Marotta), ripartisse da zero, comprasse gratis alcuni inauditi campioni, inanellasse sul campo quattro scudetti di seguito e adesso due finali di Coppa, a Roma e a Berlino.
STRETTA DI MANO TRA MASSIMO MORATTI E LUCIANO MOGGI
Al punto che sono adesso unanimi in Italia quelli che dicono che da una parte c’è la Juve, e dall’altra tutto il resto del calcio italiano (persino un “antijuventino” come Giancarlo Dotto lo ha elegantemente riconosciuto su questo sito). A me che a differenza di Ziliani non sono un giornalista e non scrivo di sport, a me sembra una storia bellissima. Bellissima da raccontare e esaltare e peccato per chi, annebbiato com’è dal furore anti-bianconero, questa storia non la intende. Trattandosi di sport, sarebbe un atto di una lealtà elementare. Quanto a Ziliani e alle espressioni che ha usato nei miei confronti, Brandy e altro spero di averlo davanti prima o poi. E quella volta non sarò elegante.
GIANNELLI SU LUCIANO MOGGI CANDIDATO CON IL PDLMASSIMO DE SANTIS E MOGGI
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