LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO-…
Flavio Vanetti per il "Corriere della Sera"
È il controcanto, inatteso e spiacevole, nella giornata della raccolta dell'oro: la scherma è rimasta senza titoli olimpici per la prima volta da Mosca 1980. Tanto tuonò, che piovve. E che volarono gli stracci. L'eliminazione dei fiorettisti nei quarti a opera del Giappone - avversario da tempo indigesto che dopo essere stato sotto per 8 match su 9 s' è preso l'ultimo, chiudendo sul 45-43 e infilzando Daniele Garozzo, campione olimpico 2016 e vicecampione qui a Tokyo -, consegna le nostre lame, di solito eccellenti, a un bilancio sì di quantità (cinque medaglie: solo la Russia, numericamente, ha fatto meglio) ma privo di quella qualità che solo l'oro dona.
giovanni malagò foto mezzelani gmt010
Quindi la fotografia di Tokyo 2020 non può non legarsi allo «zero» che torna dopo 41 anni. Quando la storia fa capolino in questi termini, non va bene. Lo pensa pure Giovanni Malagò: la tradizionale «miniera» olimpica italiana s' è impoverita e adesso il presidente del Coni parla di «un ambiente da ricostruire». Ne riparleremo.
Prima viene il volo degli stracci, che coinvolge il c.t. del fioretto, Andrea Cipressa. Dopo il bronzo a squadre delle ex colleghe, Elisa Di Francisca l'ha attaccato giudicandolo «privo di personalità e inadeguato al ruolo». Per questo ha subìto il biasimo di un illustre commentatore: Julio Velasco. A Giochi per lui finiti, Cipressa ha deciso di dare una stoccata all'olimpionica: «Non mi nascondo mai dietro a un dito, ma mal digerisco la cattiveria gratuita e la maleducazione.
Chi vince festeggia, chi perde impara: non censuro le critiche, purché siano costruttive e non si limitino a una violenza verbale inaudita e a insulti gratuiti che scaturiscono da odi, antipatie e faide di fazioni opposte. Sono pronto al confronto e a un "mea culpa", se necessario. Ma non accetto voltafaccia disgustosi da chi, fino a poco tempo fa, mi osannava con messaggi di stima e di affetto. Il riferimento è all'ex fiorettista jesina che, dall'alto del ruolo di opinionista, sputa veleno nel piatto in cui ha mangiato sminuendo pure il valore di atlete che hanno ottenuto un risultato di rispetto, pur senza essere quello sperato».
Per Velasco, invece, c'è gratitudine: «Lo ringrazio per aver espresso in maniera chiara un pensiero che molti condividono. Si impara a costruire sia dalle vittorie sia dalle sconfitte. A volte, però, tacere è di una raffinatezza indiscussa. Se un uomo fa del suo meglio, che cosa si può volere di più? Chi gareggia per vincere sa che la sconfitta fa parte del gioco».
È comprensibile la reazione di Cipressa, ma adesso è tempo di andare oltre l'emotività delle polemiche. Serve una fredda analisi complessiva, anche se sul fioretto, storica arma di traino e di medaglie, ne andrà fatta una specifica. Oltre a dare fiducia ai giovani, bisognerà valutare l'organizzazione del settore e la figura di Cipressa non può non rientrare nell'agenda delle discussioni, pur avendo l'attuale c.t. il diritto di elaborare un progetto per riproporsi.
Elisa Di Francisca ha suggerito di riprendere Stefano Cerioni, uomo dei trionfi di Londra e poi efficace in Russia: è un'opzione da valutare. Ma c'è anche chi chiede di richiamare Andrea Magro, che ha vinto 16 medaglie (prima di lavorare a sua volta bene all'estero) e che, come si ricordava in una chat, «in 14 anni di mandato ha saputo far coesistere 4 prime-donne, facendole remare nella stessa direzione». Discutere senza preconcetti per crescere è un segnale di buon senso. Il nuovo presidente, Paolo Azzi, ribadisce la fiducia al modello Italia, impostato sui club, ma non esclude cambiamenti: «Nessun tecnico è inchiodato alla sedia».
La nostra scherma deve avere il coraggio di fare un'analisi a tutto tondo perché il buco di ori dopo 41 anni non nasce solo dal fioretto. La «quantità» di Tokyo non è da disprezzare, ma nemmeno soddisfa. Se poi nel giudizio si inseriscono i flop e i quasi gol (tre quarti posti), potrebbe addirittura contenere dei messaggi di allarme. Decifrarli sarà prioritario. Nell'attesa, ecco il voto per le lame d'Italia: il 6 ci starebbe, ma diamo un 5, come le medaglie. Lo studente può applicarsi meglio e fare molto, molto di più.
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