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“IO E MARCELL JACOBS SPIATI? PENSI SIA IMPOSSIBILE, POI REALIZZI CHE PER UN ANNO E MEZZO QUALCUNO HA GUARDATO DENTRO LA TUA VITA ED È UN FILM” – PAOLO CAMOSSI, L’EX ALLENATORE DEL VELOCISTA, PARLA DELLA SPY STORY CHE HA PORTATO ALL’APERTURA DI UN INDAGINE SU GIACOMO TORTU, FRATELLO DI FILIPPO, ACCUSATO DI AVER PAGATO UN HACKER PER SPIARE JACOBS E IL TECNICO: “NON È SEMPLICE ACCETTARE CHE ARRIVI QUALCUNO DI NETTAMENTE PIÙ FORTE E TI BATTA. JACOBS HA RIMOSSO QUASI TUTTO QUEL CHE C'È STATO PRIMA DI LUI, TRANNE MENNEA. IL DOPING? QUALCUNO HA CAVALCATO I TENTATIVI DI DIFFAMAZIONE, MA È STATO MALDESTRO…”
Estratto del’articolo di Giulia Zonca per “La Stampa”
Rientro in azzurro dorato: Paolo Camossi ha lasciato il giro della nazionale dopo il divorzio da Marcell Jacobs e ci è tornato da responsabile dei salti. Cinque medaglie dal settore agli Euroindoor sulle sei totali, con vista sui Mondiali indoor al via venerdì, a Nanchino. […] C'è un'inchiesta aperta sul fratello di Filippo Tortu, Giacomo, accusato di aver pagato un hacker per spiare Jacobs, per spiare anche lui.
Che effetto fa sapere di essere stato sotto controllo?
«Pensi sia impossibile, poi realizzi che per un anno e mezzo qualcuno ha guardato dentro la tua vita ed è un film. Al di là di quello che poi stabilirà la magistratura, mi resta il senso della totale assurdità: non pensi di poter essere intercettato perché alleni un ragazzo che vince».
Perché dava così fastidio che quel ragazzo vincesse?
«Jacobs ha fatto qualcosa di straordinario, ha cancellato certe gerarchie sportive e sociali, ha annullato anche qualche programma altrui. […] ha rimosso quasi tutto quel che c'è stato prima di lui, tranne Mennea».
Compreso il record di Filippo Tortu.
«Noi, la sconfitta l'abbiamo sempre accettata e trasformata in motivazione. Sia da atleta sia da allenatore ho sempre trovato stimoli negli avversari».
Ripensando ad allora, percepiva del malanimo da parte della famiglia Tortu?
«Non è semplice accettare che arrivi qualcuno di nettamente più forte e ti batta e non è scontato che l'intero movimento circostante apprezzi il progresso. In pista ci si giocava tanto ed è normale che i rapporti non potessero restare stabili. La rivalità funziona così: io in pedana, nei Novanta e Duemila, me la vedevo con Fabrizio Donato e l'agonismo era tremendo. A volte a fine gara ci si salutava, a volte ci si girava dall'altra parte. È lo sport».
Qui si è usciti dallo sport.
«Aspettiamo l'inchiesta, ma spiare è inaccettabile, è violenza».
Pensa di fare causa?
«Ho dato a un legale il mandato di capire come muoversi».
Perché era così normale sospettare Jacobs di doping? Vede un nesso tra quanto si sa oggi e i cattivi pensieri circolati subito dopo l'oro olimpico?
«Quello che è successo a Tokyo ha fatto saltare tanti per aria. I Giochi li vincono gli americani e i giamaicani, si è inserito un italiano e ha dimostrato che con il lavoro giusto si raggiungono i sogni più impossibili. Non è andato giù. Ho sentito tante cose e ci sono rimasto male: qualcuno dell'ambiente ha cavalcato le diffamazioni. Tentativo maldestro».
[…]
Era finito un ciclo con Jacobs o si poteva andare avanti?
«L'atleta è giustamente un animale egoista, se perde la fiducia è corretto che cambi aria, pur di mantenere rispetto e riconoscenza da entrambe le parti. Devo tanto a Marcell: ho avuto la fortuna di trovare un talento che si è affidato e fino a che è andata così ha funzionato».
[…]
paolo camossi marcell jacobs
PAOLO CAMOSSI E MARCELL JACOBS
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