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Paolo Tomaselli per “il Corriere della Sera”
La scritta sul pallone della Champions è rimasta quella di «Istanbul 2020», sede della finale che era in programma il 30 maggio. Nei giorni più duri della pandemia questa partita sembrava un miraggio e invece al Da Luz di Lisbona, Paris Saint-Germain e Bayern Monaco promettono gol, spettacolo ed equilibrio come raramente è accaduto negli ultimi anni: le finali a otto squadre con partite secche hanno aumentato il tasso già elevato di imprevedibilità del torneo, ma a sfidarsi stasera sono i migliori, in un'affascinante guerra dei mondi. Senza un favorito.
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Neymar o Lewandowski, Mbappé o Thomas Müller, Di Maria o Gnabry? Non è solo una sfida a colpi di gol, di assist e dribbling, perché il concentrato di talento, fame di vittoria, qualità, esperienza e gioventù è quasi unico. Nel Bayern, oltre ai 55 gol stagionali di Lewandowski che mangia il tonno a colazione e Gnabry che ha una fidanzata che gioca nel Psg femminile, ci sono la velocità del 19enne Davies, la classe di Neuer, la polivalenza di Alaba, definito da Rummenigge «il Beckenbauer nero» e anche quella di Kimmich che potrebbe spostarsi di nuovo in mezzo al campo al posto di Thiago, con il terzino Pavard pronto al rientro.
nasser al khelaifi neymar
Perché i primi 15' con il Lione in semifinale hanno dimostrato che il Bayern è attaccabile: «Sappiamo che con la linea difensiva alta possiamo concedere spazi - ammette l'allenatore Hans Flick -. Ma se diamo tutti il 100% abbiamo buone chance». Tra i parigini può essere la gara d'addio di Thiago Silva, tornato su antichi livelli, mentre l'ex romanista Marquinhos ormai fisso in mediana è l'uomo chiave per gli equilibri di una squadra che è riuscita a diventare gruppo e con Verratti e Paredes dovrà a sua volta resistere all'urto tedesco: gli 8 gol rifilati al Barcellona dal Bayern, sempre vittorioso, fanno paura: nessuno però ha mai alzato la coppa facendo percorso netto e l'unico che ci andò vicino - il Milan nel 1993 - perse contro una francese, il Marsiglia.
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Anche per questo i tedeschi tengono un profilo basso, lasciando a Neymar - mai così carico - le canzoncine via social e i cori in hotel: per il Psg è la prima finale in 50 anni, mentre il Bayern all'undicesima cerca la sesta vittoria e per Neuer «è più forte di quello che trionfò nel 2013».
Merito anche del gregario Flick, che da giocatore ha perso la finale '87 con il Porto e a novembre ha rimpiazzato Kovac dopo 15 anni da vice. Il connazionale Tuchel, erede poco empatico di Klopp, è stato vicino tre volte al Bayern, invece si è ritrovato con Neymar e Mbappé, che dopo il Mondiale a 19 anni punta la Champions a 21: «Voglio scrivere la storia del calcio francese - dice l'attaccante -. Delle porte chiuse e della tragedia del virus ce ne ricorderemo a lungo. Come di questa finale». Comunque vada.
Hans Dieter Flick