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DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - SI TORNA A POLVERIZZARE, BRUCIARE, TAGLIARE, SCHIACCIARE, PERFORARE E MENARE OGNI SORTA DI DEMONI IN “DOOM THE DARK AGES”, NUOVO EPISODIO DELLA SEMINALE E STORICA SERIE DI SPARATUTTO. MA QUESTA VOLTA C’È ANCHE PIÙ AVVENTURA ED ESPLORAZIONE, IN UN VIAGGIO FANTA-MEDIEVALE VERSO L’INFERNO CHE PERMETTE INOLTRE DI CAVALCARE DRAGHI E PILOTARE COLOSSALI ROBOTTONI… - VIDEO
Federico Ercole per Dagospia
“L’inferno non è male in fin dei conti, è pieno di giovani come noi e non ci sono lamenti ma rock & roll. Satana suona la chitarra, Jimi Hendrix lo accompagna e Jim Morrison canta con Belzebu”. L’inferno di Doom, diffuso e fuori dall’inferno stesso inteso come luogo confinato, sparso per gli spazi elettronici diversi e per il tempo della sua lunghissima storia. Un inferno dove non ci sono in effetti tutti questi allegri giovani e neppure un redivivo cantante dei Doors, anzi, ma senza dubbio c’è tanto rock nella sua forma più estrema, ovvero quella del metal.
Una musica metallara che soprattutto nell’ultimo Doom The Dark Ages risulta un poco trasandata e riciclata dai classici del metallo pesante ma solo se la si ascolta estrapolata dal videogioco, perché suona invece al fine di essere funzionale per contrappuntare spari di ogni tipo, violente collisioni metalliche e bestiali urla demoniache.
Ecco, così invece la colonna sonora della nuova opera di Id Software per XBox (anche su Game Pass), PlayStation e PC trascorre giusta, suggestiva e potente anche perché abbinata ad un immaginario visivo questa volta medievale e fantasy più che sci-fi.
Più avventuroso e meno frenetico del precedente episodio, uno “sparatutto” puro che induceva per lo più ad un moto perpetuo il giocatore, Doom The Dark Ages non manca invece di momenti più dilatatati e riflessivi, dove non conta solo sparare ma resistere grazie ad un prezioso scudo a lame rotanti che permette di parare i colpi o di essere lanciato per segmentare i corpi diabolici. Una notevole introduzione.
UN’ARMA RIBELLE
Nell’oscura cornice di un medioevo impossibile e assai prima degli eventi narrati negli altri sette Doom, torniamo a guardare e uccidere attraverso la soggettiva letale dello Slayer, arma umana definitiva creata per massacrare i demoni alla ricerca di un potente artefatto detto il cuore d’argento. La cosa più interessante in questa narrativa altrimenti elementare ma comunque suggestiva, è che lo Slayer è controllato tramite un meccanismo ed è usato come arma oltre la sua volontà (insomma, la stessa cosa che fa il videogiocatore).
Ma egli si libererà riacquistando la sua coscienza e alimentando così alcuni validi colpi di scena, nonché qualche sempre utile riflessione sulla diserzione e il processo di condizionamento a cui sono sottoposti tanti giovani militari.
Ci si muove per aree complesse e vaste, meritevoli di essere esplorate per distendere la ritmica dello “sparatutto”, sebbene l’azione non cessi quasi mai. Tuttavia questa maggiore tensione all’esplorazione è un grande pregio del nuovo Doom, garantendo scoperte e visioni impreviste, oltre che consentendo un occasionale rilassamento per occhi e dita. Per questo Doom The Dark Ages mi è parso più assimilabile ad un Metroid Prime che agli altri sparatutto della serie.
C’è una solennità disumana nelle architetture infernali e non, in questi spazi di strutture titaniche nere, opache o talvolta troppo bianche, che alimenta una volontà di distruzione confinata in un fantasia diabolica che non nega l’ambiguità. Ma l’iperbole di questa azione “demonicida” violentissima rende più che tollerabile sparare a tutto in un’epoca di guerre vere, terribili e vicine in cui giocare a videogame militari e realistici alla Call of Duty risulta persino osceno. Infine Doom The Dark Ages glorifica il guerriero fuori da un contesto di ordine militare, come attore solitario e incontrollato, un’arma “etica” se mai un’arma può essere considerata tale al di fuori dei videogame.
DRAGHI & ROBOTTONI
Favolosa novità di Doom The Dark Ages, anche perché con una dissolvenza impercettibile muta la visione dalla prima alla terza persona, è quella di cavalcare draghi in vertiginosi segmenti di gioco, trasformandolo in una sorta di Panzer Dragoon. Ma non solo! Questa volta si pilota pure un gigantesco “robottone” che rimanda a quelli di ispirazione comunque nipponica del film mai troppo lodato Pacific Rim di Del Toro. Sembra davvero di combattere dei demoni-kaiju quando si è a bordo di quel gigante d’acciaio e si tratta di momenti più che spettacolari, addirittura entusiasmanti, sia come gioco che visione.
Da giocare se siete fan storici della saga, se amate lo sparatutto non inteso come propedeutica alla leva, l’iconografia metallara o siete solo desiderosi di una avventura tenebrosa, violenta e diabolica, Doom The Dark Ages vi diletterà con la sua potenza per svariate e avvincenti ore in base a quanto vi concederete ad una gratificante esplorazione. L’episodio più nuovo e fresco di una saga che è stata rivoluzionaria prima di diventare (troppo?) canonica. Un nemmeno troppo dissennato, esaltante delirio di distruzione del male, un esorcismo totale a base di proiettili e acciaio.
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