
DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA…
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Eccoli là i signorotti dei Poteri marci (o marciti) e i loro direttori di riferimento ad invocare a piè sospinto l’abolizione dell’art.18 (ribattezzato eufemisticamente Jobs Act) per licenziare senza ragione i propri dipendenti-pezzenti, ma quando si tratta dei supermanager con stipendi ultra-milionari ad invocare la “giusta causa” – oibò - sono proprio i vari (e avariati) Luchino Montezemolo e Flebuccio de Bortoli.
Già, “licenziare i padroni” evocato polemicamente (e paradossalmente) a suo tempo nel titolo di un saggio scritto dall’ex editorialista del Corriere e oggi senatore Pd, Massimo Mucchetti, non appare un’impresa facile per gli azionisti della Fiat che fu degli Agnelli. E non soltanto per i torinesi d’America.
Per schiodare dalle loro poltrone di lusso i gran capi aziendali che spesso hanno portato le imprese affidategli sull’orlo del fallimento, i padroni-azionisti hanno dovuto svuotare quel che restava nelle casse in bonus, liquidazioni, stock option e gratifiche fasulle di non concorrenzialità.
Da Alessandro Profumo (UniCredit) ad Andrea Guerra (Luxotica); da Corrado Passera (Banca Intesa) ad Antonello Perricone (Rcs), che dopo il crac in via Solferino è stato subito sistemato dal suo sodale Montezemolo alla presidenza dei treni Italo (Ntv), ora a rischio default.
Eppure stiamo parlando di manager-resistenziali cui non si applica quell’art.18 dello Statuto dei lavoratori tanto inviso a politici, Confindustria e giuslavoristi che ne reclamano la cassazione. Prendiamo il “caso” di Flebuccio de Bortoli, da mesi asserragliato nelle stanze del Corrierone e intenzionato a restarci fino alla prossima primavera dopo aver concordato l’uscita milionaria con i vertici (divisi e invisi) dell’Rcs.
Corrado Passera
ANTONELLO PERRICONE AD RCS
Tra le figure licenziabili previste dal contratto nazionale di lavoro giornalistico c’è, appunto, quella del direttore e dei suoi vice. Eppure Flebuccio resta incollato alla propria poltrona (si annuncia un suo nuovo piano editoriale appena sottoposto all’assemblea dei giornalisti) e ha potuto negoziare con gli avvocati della Fiat (primo azionista del gruppo) la sua liquidazione milionaria alla faccia di ogni normativa in vigore per questa categoria.
Per De Bortoli e Luchino Montezemolo, insomma, vale l’articolo quinto: chi ha i soldi in tasca (e potere di ricatto) in mano ha sempre vinto. Un comma ben più potente dell’odioso art.18.
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