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1.BORSE EUROPA RITRACCIANO SU CRISI FINANZIARIA RUSSIA
(Reuters) - L'azionario europeo stamani ritraccia dopo il timido rimbalzo di ieri, sulla scia dell'ennesimo calo dei prezzi del greggio e della crisi finanziaria russa. Il rublo resta volatile nonostante le vendite di valuta estera da parte del ministero delle Finanze russo. La valuta russa è ancora in calo del 50% contro il dollaro quest'anno, una discesa vertiginosa che richiama alla memoria la crisi del 1998, quando il rublo crollò innescando il sell-off di titoli europei, con il DAX tedesco che perse quasi il 40% in due mesi e mezzo.
"L'attacco al rublo questa settimana è stato piuttosto violento, e il mercato ora sta prezzando una recessione in Russia il prossimo anno", commenta Arnaud Scarpaci, fund manager di Montaigne Capital. Alle 11.20 circa, l'FTSEurofirst 300 perde lo 0,41% a 1.309,76 punti. Il tedesco Dax scende dello 0,59%, il Cac francese dello 0,37%, Londra dello 0,51%.
Tra i titoli in evidenza: Raiffeisen Bank International, che fa grande affidamento sul mercato russo per gli utili, lascia sul terreno oltre il 3,5%. Fino a questo momento dell'anno ha perso il 53% circa. Il birrificio danese Carlsberg e il produttore di pneumatici finlandese Nokian, entrambi molto esposti in Russia, perdono rispettivamente l'1,15% e l'1,38%.
In calo anche i titoli di altre due società esposte in Russia come Metro e Societe Generale, che segnano rispettivamente -0,63 e -2,4%. Nel settore degli energetici, praticamente piatte dopo un calo iniziale Total e BP. L'indice europeo STOXX Oil & gas ha perso il 30% negli ultimi sei mesi.
2.UNICREDIT: PERFEZIONATO ACCORDO CON BNP PARIBAS PER CESSIONE 81,4% DI DAB BANK
Finanza.com – Unicredit Bank e Bnp Paribas hanno perfezionato la cessione della partecipazione di maggioranza pari all’81,4% del capitale di Dab Bank. E' quanto si legge in una nota. Il prezzo concordato è stato pari a 4,78 euro per azione, corrispondente ad una valutazione della partecipazione pari a 354 milioni di euro (435 milioni per il 100% di Dab). A seguito del perfezionamento della cessione, Unicredit registra un impatto positivo di circa 180 milioni di euro sull'utile netto consolidato e un incremento del Common Equity Tier 1 (Basilea 3 a regime) di circa 8 bps.
3.PARTERRE
Da “Il Sole 24 Ore”
QUELLA TELEFONATA DI BAZOLI A DRAGHI
Un incontro, probabilmente a Milano, da mettere in agenda di qui ai prossimi giorni, magari approfittando della calma dei giorni natalizi. È questo l’oggetto di una telefonata che nei giorni scorsi ha visto protagonisti il presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, e il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi.
I due, si apprende, non hanno minimamente affrontato i dossier più caldi che li vedono coinvolti, dalla riforma della governance di Ca’ de Sass alla situazione politica italiana, con una corsa al Quirinale data ormai per imminente che - secondo alcuni - potrebbe vedere coinvolto proprio Draghi nei panni del successore di Giorgio Napolitano. Niente di tutto questo, nella telefonata - dai toni cordiali - di pochi minuti partita da Milano e arrivata a Francoforte, appena pochi giorni prima dell’ottantaduesimo compleanno del Professore. (R.Fi.)
GIOVANNI BAZOLI SI RIPOSA FOTO LAPRESSE
CINESI IN CORSA PER I VINI DI CAMPARI
Tecnologia, treni, meccanica, banche? A far muovere gli investitori cinesi sull’Italia non sono solo settori strategici. Anzi, a farli impazzire più di ogni altra cosa è un settore alquanto old economy: il vino italiano. Non è un caso che diversi gruppi cinesi siano in lizza per comprare i vini che Campari ha messo in vendita, affidando un incarico a Mediobanca.
Per acquisire brand locali come Sella & Mosca, Terruzzi Puthod e Enrico Serafino, secondo quanto indicato da Mergermarket, sarebbero scesi in campo alcuni dei colossi cinesi: Changyu Group Co, uno dei produttori di vino cinesi più noti, ma anche Dinasty Fine Wine, joint venture con Remy Cointreau, fino a Bright Food, noto per aver rilevato in Italia il gruppo oleario Salov, e all’altro colosso Cofco.
Ovviamente i cinesi non sarebbero gli unici interessati ai vini di Campari, visto che in campo ci sarebbero anche Zignago Santa Margherita e Ca' del Bosco. Sella & Mosca resta comunque il più grande dei tre marchi in vendita: con 30 milioni di fatturato, potrebbe essere valutato circa 90 milioni di euro. (C.Fe.)
APPLE VINCE LA CLASS ACTION SUL MONOPOLIO MUSICALE
Apple non ha violato la normativa antitrust sopprimendo la concorrenza nella musica digitale per i vecchi iPod, quelli venditi fra il settembre 2006 e il marzo 2009. È quanto ha stabilito la giuria nell’ambito di una class action da 1 miliardo di dollari che risale ad anni fa e che aveva nel mirino i vecchi iPod, che consentivano di ascoltare solo musica scaricata da iTunes o dai cd.
Un sollievo per Apple, alle prese anche con un’altra causa: l’appello presentato contro la sentenza che la giudica colpevole di un cartello dei prezzi per gli ebook. Si vedrà come andrà a finire. Per ora il verdetto sul caso della musica digitale è che «Apple non ha usato un software per bloccare la musica venduta da altri negozi sull’iPod e per assicurarsi il monopolio del mercato musicale digitale». La decisione, se confermata, mette fine a una class action avviata anni fa e approdata nella corte federale agli inizi di dicembre. (R.Fi.)
GOOGLE SFIDA AMAZON POTENZIANDO IL SERVIZIO DI SHOPPING
Google affila le armi e sfida Amazon con le sue stesse armi. Il colosso di Mountain View ha deciso di potenziare il servizio Google Shopping, aggiungendo elementi simili a quelli proposti da Amazon. Come riporta il Wall Street Journal, Google sta per esempio pensando di aggiungere un pulsante «buy», compra, con caratteristiche simili al «one-click ordering», acquisto in un clic, della rivale.
Finora Google Shopping si è limitato a indirizzare gli acquirenti ai siti dei rivenditori tramite i risultati della ricerca, ma Google ora vorrebbe tenere i clienti sulle proprie pagine, piuttosto che mandarli altrove. Il colosso tecnologico non venderà direttamente né spedirà i prodotti. Separatamente Google sta valutando un’iniziativa di marketing che permetterà ai negozianti di promuovere consegne in due giorni per merci acquistate attraverso Google Shopping.
4.I BIG INGLESI PROMOSSI AGLI STRESS TEST
Leonardo Maisano per “Il Sole 24 Ore”
Sottoposte a uno stress test più severo di quello immaginato dall’European banking authority nel mese di ottobre, sette delle otto maggiori banche britanniche danno segni di rafforzamento e buona tenuta. Sono promosse Hsbc, Barclays, Santander, Nationwide, Standard Chartered e passano per un'incollatura anche Lloyds e Royal Bank of Scotland i due istituti salvati dalla crisi del 2008 grazie all’iniezione di fondi pubblici. Cade solo Co-op, la banca delle cooperative gestita fino a qualche mese fa con criteri tanto libertini da aver sfondato il bilancio e messo in forte pregiudizio la tenuta stessa dell’istituto. Come nel caso degli stress test dell’Eba, la fotografia della patrimonializzazione delle banche si ferma a fine 2013.
Su quel quadro la Banca d’Inghilterra ha immaginato una catastrofe economico-finanziaria capace di contrarre del 3,5% il pil britannico, portare la disoccupazione al 12%, di far balzare i tassi d’interesse del 4% e innescare la caduta dei valori immobiliari del 35%. Aspetto, quest’ultimo, molto importante per valutare la tenuta di un sistema bancario che da sempre ha nel credito immobiliare il caposaldo. «È un test molto impegnativo – ha precisato il governatore Mark Carney – che non si può certo considerare scenario di previsione.
E neppure una riedizione della recente crisi finanziaria. È un esercizio molto simile alla recessione dei primi anni Novanta... e dimostra che il sistema bancario è molto più solido del passato, capace di garantire erogazione del credito anche in caso di grave schock. Alle banche infatti non era consentito di rispondere alle condizioni di stress tagliando i finanziamenti a privati e imprese».
Escono sugli scudi Hsbc, Barclays e Santander capaci di mantenere in caso di crisi un core capital 1 ratio che oscilla da un minimo di 7% a un massimo di 8,7% messo a segno da Hong Kong and Shanghai Bank.
L’istituto con sede a Londra e cuore in Cina il prossimo anno sarà, però, nel mirino dei regolatori: gli stress test 2015 infatti terranno conto in modo più significativo di quanto avvenuto quest’anno degli asset fuori Europa che per Hsbc sono la metà circa del totale. Tengono Lloyd e Rbs (5% e 4,6%) anche se si avvicinano pericolosamente alla soglia del 4,5% considerata patrimonializzazione minima nell’esercizio della Banca d’Inghilterra. A salvare gli istituti da un giudizio più severo è la consapevolezza - considerata dai regolatori inglesi – che le azioni del management in caso di shock potrebbero fa lievitare marginalmente i ratio.
Rbs si conferma la più debole tanto è vero che nel 2014 ha deliberato misure (non calcolate nel test) capaci di aggiungere altri 2 miliardi di sterline al capitale. Il cammino per la banca che si vantò d’essere primo istituto d’Europa resta lungo. Ancor più travagliato, ma con meno implicazioni sistemiche, quello che attende Co-op. In caso di crisi acuta si ritroverebbe con con un core tier 1 ratio a -2,6%, pur partendo dal 7,2% di fine 2013. L’istituto ha già presentato un piano alla Banca centrale che annuncia la cessione di crediti (mutui subprime) per 5,5 miliardi. Una mossa che, in aggiunta a quanto fatto nel 2014, dovrebbe bastare a evitare un aumento di capitale nella consapevolezza che l’utile non potrà tornare prima del 2018.
Nell’illustrare gli stress test nel contesto del Financial stability report della Banca centrale, Mark Carney ha indugiato anche sulla caduta del prezzo del petrolio: «Uno sviluppo positivo capace di sostenere la crescita globale nonostante sia possibile l’intensificazione del rischio geopolitico». Le conseguenze sull’inflazione sono inevitabili ed è di ieri la notizia che l’indice dei prezzi al dettaglio anche nel Regno Unito è caduto ai minimi da 12 anni.
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