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Luigi Ferrarella per il Corriere della Sera
«Dissidi sulla linea difensiva». È un piccolo colpo di scena la rinuncia del difensore dell' ex dirigente Eni in Nigeria, Vincenzo Armanna, proprio dopo la richiesta di rinvio a giudizio e alla fine quindi di quelle indagini preliminari della Procura di Milano alle quali il coindagato Armanna ha molto contribuito con le proprie dichiarazioni, poste dai pm De Pasquale e Spadaro alla base (insieme a rogatorie e sms e mail) delle accuse di corruzione internazionale mosse anche all' amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, con il quale Armanna aveva avuto pure un importante confronto in Procura.
A sorpresa, infatti, si viene ora a sapere che giorni fa il professor Luca Santa Maria, cioè uno dei formalmente due difensori di Armanna (con il collega romano Fabrizio Siggìa), ma in realtà l' unico ad aver accompagnato Armanna in tutti gli interrogatori e i confronti sostenuti in Procura in un' ottica di dichiarata collaborazione con l' autorità giudiziaria, ha rinunciato al mandato difensivo. Interpellato sulle ragioni, Santa Maria dice soltanto: «Dissidi sulla linea difensiva».
Può significare che Armanna intenda cambiare atteggiamento rispetto alla Procura, per esempio non confermando le proprie dichiarazioni in un eventuale prossimo incidente probatorio? È prematuro dirlo. Ma è un fatto che le cose, nella sua percezione, siano cambiate dopo il deposito degli atti, quando il 18 gennaio si era risentito con i pm per il fatto che «le attività di indagine si fossero focalizzate prevalentemente» su di lui, «estendendosi in modo penetrante anche alla sfera della vita privata e familiare».
In particolare Armanna, invocando la direttiva 2016/680 del Parlamento europeo sul trattamento dei dati personali da parte delle autorità giudiziarie, chiedeva che i pm negli atti segretassero o coprissero con omissis una serie di dati che prospettava come irrilevanti per le indagini ma lesivi della propria privacy: «Documenti sull' organizzazione del matrimonio, conti bancari intestati alla moglie, anagrafe tributaria, immobili e partecipazioni societarie, intercettazioni di telefoni ed email».
Ma la Procura aveva rigettato la richiesta, perché il deposito di tutti gli atti di indagine è «condizione essenziale per l' esercizio del diritto di difesa» dei vari indagati, e «in assenza di recepimento interno la direttiva non è per sua natura immediatamente applicabile».
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