LA CINA SUONA IL DA-GONG PER I PADRINI DEL RATING MONDIALE

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F. Sp. per "la Stampa"

«Vogliamo rompere l'oligopolio delle tre agenzie di rating americane. I loro errori nei giudizi hanno creato la base della crisi del debito, di cui in Europa pagate le conseguenze maggiori». Guan Jianzhong, presidente e azionista di maggioranza della cinese Dagong Global Credit Rating, piomba a Milano e dichiara guerra alle «tre sorelle» del settore: S&P, Moody's e Fitch.

In partnership con Mandarin Capital (il fondo di private equity ha il 40%) ha ottenuto il via libera dall'Esma per partire, sede a Milano, con Dagong Europe. Una nuova agenzia che conta «in 4-5 anni di arrivare a una quota dei mercato del 5-10% a livello europeo», dice Mauro Alfonso, direttore generale dell'agenzia.

«Noi siamo diversi», giura Jianzhong. Il punto, incalza, «è che i rating finora non hanno creato un sistema di allarme, ma hanno continuato a svolgere una funzione prociclica» che ha favorito «un'espansione smisurata del credito». Finché non sono giunte le retromarce, con gli abbassamenti dei giudizi, con downgrade rovinosi che sono «la dimostrazione che le valutazioni date in precedenza erano sbagliate». Per la fine della crisi, prevede tempi lunghi.

«Ma dopo sarà urgente costruire un nuovo sistema che preveda un controllo sui rating». Lui, per ora, vuole esportare «un modello nuovo, più affidabile» di valutazione «che tuteli il creditore e non il debitore». Anche perché «dobbiamo soddisfare le esigenze di chi, dalla Cina - maggior esportatore di capitale al mondo -, ha bisogno di informazioni veritiere e certe sui soggetti in cui vuole investire».

Dagli uffici di Milano, Dagong Europe conta di mettere sotto esame le prime cento istituzioni finanziarie e le prime cento imprese. I primi report? Dopo l'estate. Quelli sull'Italia come tutti i giudizi sui debiti sovrani - continueranno a scriverli da Pechino. «Il rating del vostro debito sovrano non ci sembra rilevare possibilità di miglioramento - gela Jianzhong -, perché l'economia è stagnante, non ci sono le riforme e le condizioni per una svolta strutturale».

 

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