"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON……
Ugo Bertone per “Libero Quotidiano”
fabio gallia claudio costamagna piercarlo padoan
Ma quant' è lunga la fila agli sportelli delle Poste Italiane, diventata una sorta di jolly del Tesoro che, prima sorpresa, sembra aver rinunciato alla vendita del 30% della società in Borsa. In compenso, le Poste potrebbero acquistare da Unicredit il controllo di Pioneer, rafforzando la presenza nel risparmio gestito e, di riflesso, vigilando su quello che potrebbe diventare il più importante magazzino del debito pubblico italiano.
Intanto l' ad Francesco Caio sta trattando con la Cassa Depositi e Prestiti, sua azionista al 35%, l' acquisto della Sia, la società dei sistemi di pagamento che opera per le banche italiane e non, che dovrebbe concretizzarsi nel giro di poche settimane, garantendo un' iniezione di liquidità nelle casse della Cdp, spremuta dall' intervento nel fondo Atlante. Insomma, c' è tanta carne al fuoco nella borsa del postino.
Ma la sensazione è che, al solito, si proceda a vista. Pochi mesi fa il ministro dell' Economia Pier Carlo Padoan annunciò il collocamento, entro il 2016, del 30% della società. Ma ieri il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Antonello Giacomelli, ha dichiarato che «mi pare che sia prevalsa l' idea che non ci sia una necessità di un' operazione di questo tipo».
E per l' occasione ha confessato di nutrire più di un dubbio sulla vendita. «Non ero entusiasta della prima tranche e della seconda per niente». Per giunta «le condizioni di mercato non consigliano di procedere con la privatizzazione». Il capo della segreteria tecnica del ministero, Fabrizio Pagani, si è limitato a rifarsi ai tempi del decreto parlamentare, necessario per concludere l' operazione che, se si farà, non potrà avvenire prima dell' anno nuovo. Inoltre, come ha sottolineato Giacomelli, «ogni decisione strategica sulle Poste non può prescindere da Palazzo Chigi».
Il gioco, insomma, è nelle mani di Matteo Renzi, che non intende sprecare il suo jolly, ovvero una delle poche carte del Tesoro ricche di cash. E se fino a pochi mesi fa l' obiettivo era di far cassa per rientrare nei parametri fissati dall' Eurogruppo, ora si profila un' altra, più impellente necessità: aiutare il riequilibrio patrimoniale delle banche italiane, prima fra tutte Unicredit, la più importante sul piano dei rapporti internazionali.
Di qui l' interesse di Poste per Pioneer, il colosso del risparmio gestito che l' ad dell' istituto Jean Pierre Mustier ha messo in vendita per abbassare l' importo dell' aumento di capitale.
I pretendenti per Pioneer non mancano: Amundi ed Allianz tra gli altri. Ma al Tesoro non va a genio che uno dei grandi magazzini di Bot e Btp finisca in mani straniere. Meglio le Poste che, assieme alla controllata Anima, può permettersi un' operazione tra i 2 i 3 miliardi di euro, in parte a debito.
Si verrebbe a creare una situazione quasi giapponese: lo Stato emette titoli di debito, poi li ricompra tramite la Banca d'Italia (vedi Qe) e l' asse Poste e Pioneer-Anima. Un buon affare, seppur in conflitto d' interesse, potrebbero dire i guastafeste. Ma i broker, che non vanno per il sottile quando corre il quattrino, si sono già dichiarati entusiasti.
Insomma, il postino è pronto a cambiare pelle. Con molte ambizioni e grandi speranze.
Ma pure, novità poco rassicurante, qualche debito. E Dio salvi i buoni postali.
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