DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
Giorgio Meletti per il “Fatto quotidiano”
Marco Bonometti rimane per ora uno dei più accreditati candidati alla presidenza della Confindustria quando scadrà, tra un anno, il mandato del salernitano Vincenzo Boccia. E basta questo a immaginare gli effetti dell' inchiesta sul presunto finanziamento illecito all' eurodeputata di Forza Italia Lara Comi sul mondo confindustriale.
L' associazione degli industriali che fu presieduta da Gianni Agnelli e Guido Carli è devastata da anni da una raffica di scandali. Benito Benedini, ex presidente dell' Assolombarda - che a dispetto del nome è l' associazione di Milano, mentre gli industriali della regione sono rappresentati dalla Confindustria Lombardia di Bonometti - è rinviato a giudizio per falso in bilancio con l' ex amministratore delegato Donatella Treu e l' ex direttore del quotidiano della Confindustria Roberto Napoletano. Ancora più male ha fatto alla reputazione degli industriali la condanna a 14 anni dell' ex delegato per la legalità Antonello Montante, accusato di aver tessuto una rete di attività spionistiche e di potere parallelo con la complicità di personaggi eccellenti delle forze dell' ordine.
EMMA MARCEGAGLIA ANTONELLO MONTANTE
Montante, amico e pupillo di Emma Marcegaglia (presidente di Confindustria dal 2008 al 2012), è stato per dieci anni l' uomo simbolo del potere parallelo della Confindustria, sempre caratterizzato da un tasso etico quantomeno controverso. C' è un sistema di potere autoreferenziale all' interno della Confindustria, fondato da Marcegaglia e perpetuato dai fedeli successori Giorgio Squinzi (20012-2016) e Boccia (dal 2016). Un sistema incardinato sul mondo romano (e meridionale) che ha respinto ogni assalto nordista ed è riuscito a rinviare verso l' eternità la resa dei conti con il caso Sole 24 Ore e l' ancor più inquietante caso Montante.
Nel 2012 ci provò Alberto Bombassei, con oltre un miliardo di fatturato dei freni Brembo di Bergamo, a dare la spallata, ma il "sistema", grazie ai voti decisivi dell' Eni (presenza pesante, pubblica e romana negli equilibri confindustriali) riuscì a portare alla presidenza Squinzi, bergamasco come Bombassei ma di osservanza berlusconiana e marcegagliana. Nel 2016 ci provò il bolognese Alberto Vacchi, industriale da un miliardo di fatturato, ma ancora una volta i voti dell' Eni (con Marcegaglia presidente) fecero pendere la bilancia dalla parte di Boccia, quaranta milioni di fatturato nella sua piccola tipografia salernitana.
In quella campagna si misurò anche Bonometti, e proprio l' incapacità sua e di Vacchi di trovare un accordo fu decisiva perla sconfitta di entrambi. Ma in quell' occasione l' industriale bresciano manifestò chiari segni di incompatibilità con l' opaco mondo confindustriale di Marcegaglia e Boccia. Quando annunciò la decisione di ritirarsi lo fece con parole memorabili per molti industriali del nord: "I vincoli imposti ai candidati hanno favorito il professionismo confindustriale, che ha potuto lavorare indisturbato, tessendo ragnatele e scambiando consensi, come la peggiore politica da noi sempre vituperata. Questo non è nel mio dna".
Dopo che Bombassei è tornato a occuparsi della sua Brembo e anche Vacchi ha detto addio alla militanza confindustriale l' industria del nord, o più precisamente quella parte dell' industria del nord che crede ancora che la Confindustria serva a qualcosa oltre che a servire gli interessi privati di chi la controlla, hanno individuato i possibili uomini della svolta proprio in Bonometti e nel presidente di Assolombarda Carlo Bonomi, che però è penalizzato da un fatturato molto inferiore a quello di Boccia e sembra dunque stagliarsi come campione del "professionismo confindustriale" più che dell' industria più produttiva.
Bonometti invece fattura circa un miliardo e la sua Omr è un' eccellenza nella componentistica auto: ha come primo cliente la Ferrari, di cui è anche pesante sponsor in Formula 1, ed esporta sui principali mercati dell' auto, a cominciare dalla Germania. A prima vista, l' attività delle sue aziende sui mercati internazionali non è mai sembrata bisognosa della consulenza di Lara Comi, e neppure di aiuti politici illeciti. L' incidente giudiziario in cui è incappato sembra più che altro destinato a scatenare le inconfessabili e inconfessate vendette dei"professionisti" della Confindustria.
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