DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Lorenzo Salvia per il “Corriere della Sera”
D' accordo, il made in Italy. Il fascino del nostro design che, pescando dalla storia e dalla cultura di un Paese unico al mondo, si è fatto industria. E ha prodotto oggetti di gusto, lavoro e ricchezza. Ma dov' è che il made in Italy tira di più?
Dove può andare a colpo sicuro invece che sparare nel mucchio e vedere l' effetto che fa?
Aprendo sul tavolo la cartina del mondo, viene fuori che è Londra la città straniera dove l' industria italiana del design farebbe bene a concentrare gli sforzi.
Perché qui il mercato è più fertile per quei prodotti di arredo e design che raccontano lo spirito del nostro Paese.
In graduatoria, Londra è seguita da Parigi e New York. Ma ci sono anche sorprese, almeno a prima vista.
Come il 4° posto di Toronto, l' 11° di Giacarta, il 12° di Istanbul. E pure i buoni piazzamenti di Vancouver, Dublino e Houston, tutte nei primi 25 posti di una ricerca che di città ne ha prese in considerazione 150. Si potrebbe andare avanti, sottolineando il 13° posto di Seul oppure il 15° di Dubai, negli Emirati Arabi.
Ma, come per tutte le classifiche, molto dipende da come è stata costruita, dai criteri usati per decidere chi viene prima e chi viene dopo. Ed è proprio qui che arriva il bello. Perché la ricerca commissionata dalla Camera di commercio di Monza e Brianza non è «nasometrica» o basata su un campione piccolo così, che chissà quanto vale. Ma seriamente scientifica. E ha il pregio di mischiare alto e basso: da una parte dati statistici, analisi delle politiche nazionali e flussi migratori.
Dall' altra una valanga di post su Facebook o Twitter e commenti sul web, divisi per città di provenienza. Una formidabile banca dati in formato social che, studiata in controluce, ci aiuta a pesare il gradimento del design italiano nel mondo. La sua reputazione, insomma. Nel dettaglio, e per capire meglio.
Grazie al lavoro di Voices of the blog, start up dell' Università Statale di Milano, sono stati analizzati 4 milioni di messaggi social postati nell' arco di tredici mesi che avevano come oggetto il made in Italy , il design e in particolare il settore del mobile. Per mettere giù la classifica si è tenuto conto sia del numero delle citazioni per l' Italia, sia del contenuto dei messaggi per valutarne il cosiddetto sentiment , il giudizio più o meno positivo che c' è dietro le parole.
L' andamento sui social ha issato Londra al primo posto della graduatoria generale. Ma è stato lo stesso che ha tagliato fuori dallo studio sia la Cina, dove Twitter e Facebook non sono utilizzabili, sia il continente africano, dove la diffusione di Internet è troppo bassa per essere affidabile. Questo, però, è solo un pezzo del lavoro che c' è dietro la classifica. Gli esperti del Centro studi industria leggera (Csil) si sono concentrati sui margini di crescita del mercato del mobile e del design, da qui al 2020.
Hanno messo insieme varie voci: trend demografico (perché fare figli vuol dire anche costruire nuove case), benessere economico, propensione alla spesa, incentivi al settore e altro ancora. In questa speciale classifica è andata forte Tokyo.
Poi sono entrati in campo i ricercatori del Centro AltreItalie, specializzato in demografia. E hanno messo sul piatto la presenza di italiani nel mondo, con migrazioni recenti e lontane, che hanno spinto in classifica San Paolo. In fondo è a questo che punta la ricerca.
Piero Bassetti - presidente di Globus et locus, associazione che ha collaborato alla ricerca - li chiama gli «italici»: sono gli italiani che vivono nel nostro Paese e all' estero, ma anche gli oriundi, gli stranieri che parlano la nostra lingua o semplicemente amano l' Italia per il design, la cucina o l' arte: «Una comunità di 250 milioni di persone - spiega Bassetti - che può rappresentare un mercato più fidelizzato per le nostre imprese». Per questo la classifica delle «città italiche» non è un giochino di inizio estate.
Ma una bussola per le aziende italiane che nel mare della competizione internazionale non vogliono navigare a vista. Carlo Edoardo Valli è il presidente della Camera di commercio di Monza e Brianza, che ha commissionato la ricerca e sul proprio territorio conta 3 mila imprese del mobile e del design: «Ormai - dice - bisogna esplorare nuove strategie di internazionalizzazione delle aziende, che vadano oltre le categorie tradizionali». La caccia agli «influencer italici» è aperta. A partire da Londra.
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