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Angelo Aquaro per "la Repubblica"
Jerry Yang è il cofondatore di Yahoo!. Jerry Yang siede nel board di Yahoo!. Jerry Yang possiede il 3,6 per cento di Yahoo!. Jerry Yang riveste il titolo di "Chief Yahoo": ma Jerry Yang rappresenta gli azionisti o i suoi propri interessi? Uno dei più importanti azionisti di riferimento, quel Danie Loeb che attraverso la Third Point possiede il 5,2 per cento, ha più di un sospetto.
E con un´azione clamorosa ha chiesto le dimissioni del fondatore. Via dal consiglio: defenestrato dopo 16 anni. Motivo? Conflitto d´interessi. Perché infilando e sfilandosi un cappello dopo l´altro, mister Yang sta trattando personalmente per trovare un compratore: con cui magari dividersi il malloppo.
L´accusa dell´hedge funder è naturalmente smentita negli ambienti del "Chief Yahoo": però i particolari ricostruiti dal Wall Street Journal spingono a pensar male. Insieme alle banche già presenti e al cofondatore David Filo, il buon Yang formerebbe un bel pacchetto forte del 10 per cento del capitale: al quale si andrebbe ad aggiungere un compratore che entra con un altro 20. In vendita verrebbe messa una quota di minoranza: e quindi l´affare non necessiterebbe dell´approvazione degli azionisti. Attraverso la cosiddetta "leveraged capitalization", il nuovo gruppo di potere ricomprerebbe poi la sua quota: incrementando così il controllo sull´azienda.
Sembra un piano perfetto. Anche troppo. Nelle ultime ore i potenziali acquirenti si sarebbero allontanati proprio subodorando il ruolo di Yang. La richiesta di dimissioni adesso scopre le carte. Se è interessato al controllo della compagnia, accusa l´hedge funder, allora deve lasciare immediatamente il board: non può rivestire i panni del venditore e del compratore.
La battaglia apre un nuovo capitolo nella guerra infinita di Yahoo!. Appena due mesi fa era stato dato il benservito a Carol Bartz. La manager era stata ingaggiata due anni prima per sostituire proprio Yang nel ruolo di Ceo al termine di uno degli anni più burrascosi. Ricordate? Dopo un tira e molla da telenovela, il cinese aveva sdegnosamente rifiutato l´offerta di acquisto di Microsoft per 44,6 miliardi di dollari. Motivo? La "sostanziale sottovalutazione". Sostanziale sottovalutazione? Tre anni dopo Yahoo! vale esattamente la metà . E non a caso Microsoft sembra riprovarci.
Proprio l´ostinazione a restare aggrappato alla creatura partorita nell´ormai lontano 1994 spinge gli azionisti a dubitare, adesso, dei suoi movimenti. E in ultima analisi anche della ragione per cui Yahoo! si sarebbe messa in vendita. I dati dell´ultimo trimestre non sono male: 293 milioni di ricavi netti, le azioni che viaggiano sui 23 dollari (che non sono certo i 118 dello sciagurato boom che portò alla bolla del 2000, ma neppure l´elemosina di 4 dollari toccata dopo l´11 settembre).
La verità è che Yahoo! attraversa una pericolosa crisi di identità . Yahoo! ha battagliato con Google dai motori di ricerca alla posta passando per le news. Ma intanto la sfida si è spostata sulla comunicazione mobile e sulle piattaforme sociali: da Facebook a Twitter passando per Groupon che al debutto di venerdì è schizzata dal nulla a una quotazione di 17 miliardi.
Qui il colosso scopre i suoi piedi d´argilla. Occorrono investimenti pesanti. Occorrono nuovi capitali. Jerry Yang sta tentando l´impossibile moltiplicando i suoi pani e pesci virtuali. Ma chissà se riuscirà a ripetere davvero la magia che la sua creatura porta già nell´espressione di sorpresa che ne diventò il marchio: "Yahoo!".
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