UN’ANNATA DI MERDA – LA TROPPA PIOGGIA HA SCATENATO LA MOSCA OLEARIA CHE HA ROVINATO IL 50% DEGLI ULIVETI ITALIANI – E ADESSO OCCHIO ALLE CONTRAFFAZIONI CON L’OLIO ESTERO

Jenner Meletti per “la Repubblica

 

oliveti italianioliveti italiani

Sembra un giardino, l’oliveto della signora Giovanna Rosi. Su un tavolo sotto gli alberi, fette di pane con un filo d’olio. «Buon appetito. E cerchi di ricordare questi sapori». Quest’anno non c’è festa. I raccoglitori sono senza lavoro, i frantoi sono fermi. «Non ci sono olive. No, non le abbiamo già raccolte. Sono cadute a terra, piccole, secche, nere. Uccise dalla mosca olearia. Il mio oliveto è bellissimo ma vuoto ».

 

Nessuno, in queste colline toscane, ricorda un anno così. «La mia frazione, Segromigno in Monte, forse è la più colpita. Se tutto va bene, con gli olivi che stanno nella parte alta della collina, forse riuscirò a recuperare il 10% della produzione. Forse. Ma il 90% è già perduto». In tutta la Toscana i numeri (meno 50 — 70% nelle coltivazioni tradizionali, meno 80% in quelle biologiche) raccontano che questa sarà un’annata amara. Sarà difficile trovare l’olio toscano Dop o Igp e anche quello senza marchio ma garantito dal nome e dalla faccia del piccolo produttore. Raccontano, i numeri, che bisognerà stare attenti alle truffe.

 

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«Certo, una cisterna di olio arrivata da lontano — dice Cristiano Genovali, presidente della Coldiretti di Lucca — risolverebbe tanti problemi. E se la cisterna arriva dall’Italia del Sud, non c’è nessuna truffa, perché si tratta comunque di olio italiano. Ma i nostri coltivatori sanno bene che questa non è la strada giusta. Abbiamo lavorato decenni per produrre un olio di alta qualità, che viene pagato dal consumatore dai 10 euro al litro in su, fino a 15 o 18.

 

In altre regioni si può trovare a tre, quattro euro. Meglio perdere un anno di vendite e centellinare l’olio rimasto dalla scorsa annata, soprattutto per le tavole degli agriturismo e dei ristoranti, che con olio e vino sono riuscite a “fidelizzare” migliaia di turisti stranieri. Mescolando il nostro con altri oli, il gusto cambierebbe. E noi perderemmo il patrimonio che siamo riusciti a costruire con tanto lavoro».

olive dopo il passaggio della mosca oleariaolive dopo il passaggio della mosca olearia

 

Si chiama «Bactrocera Oleae» la mosca che ha devastato gli oliveti toscani. «La femmina adulta — spiega Massimo Gragnani, una laurea in Scienze agrarie — depone un uovo nella drupa, l’oliva. La larva che nasce si nutre della polpa poi si “impupa”, diventa cioè crisalide ed esce dall’oliva ormai devastata. All’università ci insegnavano che una femmina metteva un uovo in ogni oliva. In questo 2014 abbiamo trovato anche 20 — 25 ovodeposizioni in un solo frutto».

 

A causare il flagello è stata la troppa pioggia. «La mosca di solito appare a fine luglio, con un attacco che interessa circa il 10% degli oliveti. In questa estate invece il primo assalto è arrivato già a fine giugno e ha colpito il 50 — 60% delle piante. E poi — altra spiegazione del disastro — a luglio non è arrivato l’anticiclone delle Azzorre che con il suo caldo asciutto ha sempre bloccato il primo attacco della Bactrocera ».

 

Pioggia, tanta pioggia. Più 300% rispetto alla media, con un’altissima umidità che è graditissima alla Bactrocera. I tentativi di contrasto, sia chimico che biologico, sono stati annullati dall’acqua che dilavava continuamente gli olivi.

 

Nei campi convenzionali si usa un larvicida che come principio attivo contiene il «Dimetoato». In quelli biologici si interviene con un insetticida naturale.

mosca oleariamosca olearia

In ambedue le colture si usano «trappole» per i maschi che sono attratti da un feromone sessuale mentre le femmine — sempre affamate — vengono attirate con un «piatto» di sostanze azotate. Gli uni e le altre muoiono dopo avere toccato «cartine» avvelenate. «Ma quest’anno — dice Massimo Gragnani — l’attacco non ha avuto tregua, con quattro o cinque generazioni di mosche sempre più numerose. Hanno vinto loro ».

 

Gianpiero Tartagni, presidente della Cia (Confederazione italiana agricoltori) in Alta Toscana, allarga le braccia. «2014, un anno orribile. Per il vino, con le vigne che hanno perso il 30% del raccolto. E soprattutto per l’olio di oliva. Nella mia azienda, che è biologica, spero di riuscire a raccogliere il 20% del prodotto. I colleghi che fanno agricoltura anche con la chimica non arrivano comunque al 50% e quest’anno hanno dovuto fare non 1 o al massimo 2 trattamenti con il larvicida ma anche quattro, cinque o sei. Spese altissime, risultati bassissimi.

 

A pagare il tutto non siamo solo noi produttori ma anche i consumatori. L’olio toscano sarà merce davvero rara ma gli scaffali dei supermercati saranno comunque pieni di bottiglie e lattine. L’industria se ne frega, se i nostri olivi hanno perso la battaglia con la mosca. Loro possono comprare in Tunisia e pure in quei pezzi d’Italia dove la mosca non ha colpito. Io vendo il mio olio anche in Giappone. Ho già inviato messaggi ai miei clienti. “A dicembre non potrò mandarvi il nuovo olio, se non in minima parte. Speriamo nella prossima annata”».

mosca olearia mosca olearia

 

L’Italia ha un patrimonio di 250 milioni di olivi, su 1 milione e 100.000 ettari di terreno. Un fatturato di 2 miliardi di euro, con esportazioni pari a 1,2 miliardi. Ma è anche un crocevia pericoloso di mercanti e di speculatori internazionali, che vogliono presentare come «italiano » anche l’olio che mai ha visto la Penisola. Con una produzione media di 450.000 tonnellate (quest’anno però in netto calo a 300.000) il nostro Paese è al secondo posto in Europa dopo la Spagna. Ma allo stesso tempo è il primo importatore mondiale di olio, con 460.000 tonnellate. In questo viavai di navi e di cisterne, la ricerca del vero «oro verde» italiano sarà sempre più difficile. E la colpa, stavolta, non è della Bactrocera.