SCU-CITI GROUP - CITIGROUP TAGLIERÀ 11 MILA POSTI DI LAVORO E CHIUDERÀ CIRCA 100 FILIALI IN TUTTO IL MONDO PER RISPARMIARE QUASI 2 MLD $ - APPENA COMUNICATA LA NOTIZIA LE AZIONI DEL GRUPPO A WALL STREET SONO SCHIZZATE DEL 7,5% - IL PARADOSSO CHE TI AFFOSSA: LE BANCHE USA PROSPERANO COME AI TEMPI DELLA BOLLA DEL CREDITO DEL 2006, QUELLE ITALIANE E SPAGNOLE SONO SEMPRE SULL’ORLO DEL BARATRO…

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1 - CITIGROUP TAGLIERÀ 11 MILA POSTI PER RISPARMIARE 2 MILIARDI...
Francesco Semprini per "la Stampa"

La scure dei tagli si abbatte su Citigroup alle prese con un piano di riordino che prevede undicimila licenziamenti, pari al 4% della forza lavoro, e la chiusura di circa cento filiali in tutto il mondo. La manovra, che si traduce sui conti del quarto trimestre come un onere straordinario lordo di un miliardo di dollari, permetterà di risparmiare 900 milioni nel 2013 e oltre 1,1 miliardi l'anno dal 2014. Una purga occupazionale che piace a Wall Street dove il titolo ha messo a segno un rialzo del 7,5%, anche perché si inquadra nel cambio di rotta inaugurato dalla nuova gestione per risolvere i problemi strutturali che lo scorso ottobre avevano portato alle repentine dimissioni dell'ex amministratore delegato Vikram Pandit.

«Queste azioni sono il successivo passo logico da compiere nella trasformazione di Citigroup», dice Michael Corbat, il nuovo Ceo che si trova in perfetta linea con lo stile gestionale del presidente Michael O'Neill, un veterano di Wall Street noto per somministrare ai propri «pazienti» medicine amare. Oltre la metà dei tagli, avverrà nella divisione «consumer banking», le attività bancarie al dettaglio, con la chiusura di 84 filiali, 44 solo negli Stati Uniti, altre nel resto del mondo: Pakistan, Paraguay, Turchia e Romania.

Nel settore saranno 6.200 i posti soppressi da Citigroup che taglierà 1.900 posizioni nel comparto titoli e banking e 2.300 nelle divisioni servizi alle imprese, mercato immobiliare e nelle attività in cui la banca sta cercando di ridimensionare o cessare le operazioni. «Abbiamo individuato settori e prodotti in cui la nostra dimensione non offre significativi ritorni», prosegue il 52enne Corbat. Con questa manovra Citigroup, la più grande realtà finanziaria americana per forza lavoro prima della crisi, è destinata a retrocedere alla quarta posizione tra le banche commerciali, dopo Jp Morgan Chase, Bank of America e Wells Fargo.

Una cura dimagrante necessaria viste le difficoltà economiche e occupazionali in cui versa l'economia. La conferma giunge dall'ultimo rapporto Adp pubblicato ieri secondo cui i posti di lavoro creati a novembre nel settore privato sono stati 118 mila, a fronte dei 125 mila attesi. A dimostrazione che la spinta della locomotiva economica Usa è ancora insufficiente a sostenere la ripresa dell'occupazione.

Nonostante questo, però, nel terzo trimestre il sistema bancario americano ha registrato un incremento degli utili del 6,6% su base annuale. Come se non bastasse, stipendi, benefit e altri compensi dei 32 principali gruppi di Wall Street sono avviati a toccare la quota record di 207 miliardi di dollari nel 2012. Al contrario i ricavi sono destinati a registrare il secondo calo annuale consecutivo, a 561 miliardi, il 7,2% in meno dello scorso anno. Dinamiche contrastanti in cui Citigroup è forse tra le realtà di Wall Street, con tanti sforzi ancora da compiere.


2 - LE BANCHE USA SONO TORNATE AI TEMPI DELLA BOLLA DEL 2006...
Walter Riolfi per il "Sole 24 Ore"

Appartengono a due mondi diversi le banche americane e le banche dell'area euro, specie se si guarda alle italiane e spagnole. Negli Stati Uniti i 7.181 istituti hanno guadagnato nel terzo trimestre 37,6 miliardi di dollari, il 6,6% più di un anno fa. Quest'anno gli utili di Wells Fargo, Us Bancorp, Jpm sono di gran lunga migliori di quelli degli anni d'oro (2006), al tempo della bolla sul credito. Persino Citi guadagnerà 13 miliardi, 7 meno di sei anni fa: niente male per una banca che nel 2008 era data quasi per fallita.

Invece le banche del Vecchio continente arrancano e quelle del Sud Europa stanno a mala pena a galla (le italiane) o devono essere salvate con i soldi pubblici (le spagnole). La borsa fotografa abbastanza bene questi due mondi: il settore bancario dell'S&P è cresciuto del 160% dai minimi del marzo 2009, quello dello Stoxx del 78% (grazie ai titoli inglesi), quello dell'Eurozona del 27% (grazie ai tedeschi). Ma in Spagna e Italia il bilancio è pesantemente negativo e i minimi dai primi anni '90 sono stati toccati 4 mesi fa.

A separare questi due mondi è stata in parte la diversa struttura industriale degli Usa, ma ha giocato soprattutto la diversa politica monetaria della Fed e gli stimoli economici promossi dalla Casa Bianca. Ben Bernanke ha acquistato mille miliardi di titoli tossici in pancia alle banche Usa, sta comprando altri mutui cartolarizzati e continua a farsi consegnare titoli di Stato dai primary dealer per svariate centinaia di miliardi. Da un lato ha ridotto gli attivi delle banche, che pertanto hanno tagliato di due o tre volte la leva finanziaria; dall'altro sta monetizzando la quasi totalità del debito emesso dal Tesoro, con la conseguenza, come nota Jpm, che fra tre anni la Fed finirà per detenere il 60% dei Treasury.

In Eurozona, la Bce ha fatto quel che ha potuto: sempre poco e sempre troppo tardi, a causa soprattutto delle resistenze tedesche. Quando sono arrivati i finanziamenti del Ltro, il costo del funding era già alle stelle, perché alle stelle erano i rendimenti dei titoli di di Stato dei Paesi periferici e nessuno prestava o chiedeva denaro perché era iniziata la recessione.

Le banche erano paralizzate, trovandosi attivi gonfiati (e svalutati) da Btp e Bonos. Quando finalmente è arrivato l'Omt, la recessione s'era acuita a causa delle politiche restrittive dei governi. Il processo di riduzione della leva finanziaria, che negli Usa era iniziato nel 2009, con ricapitalizzazioni e acquisto di titoli, grazie all'intervento del governo e della Fed, non è ancora partito in Eurozona.

Intanto le banche Usa sono tornate a prestare denaro come ai tempi della bolla del credito, finanziando studenti, imprese, consumi e case delle famiglie, al punto che già si riparla di euforia. Intanto la medicina della Fed ha funzionato. Le controindicazioni possono farsi sentire in futuro.

 

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