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La partita di Vincent Bolloré per il pieno controllo di Telecom Italia si mette in salita, almeno se si guarda all’assemblea del prossimo 15 dicembre. Ma il finanziere bretone ha un “piano B” che potrebbe portare a un vero colpo di scena. Un piano che renderebbe inutile la prova di forza con i fondi d’investimento in assemblea.
L’assemblea è stata convocata per portare il numero dei consiglieri di amministrazione da 13 a 17, in modo da permettere la “calata” in massa dalla Francia all’Italia di quattro manager di assoluta fiducia di Vivendi, che ha il 20% di Telecom. Soltanto che più passano i giorni e più risulta evidente che i grandi fondi, che alla scorsa assemblea del 2014 mandarono i minoranza Telco ma esprimono sono 3 consiglieri su 10, sono contrari alla mossa di Bollorè perché non vogliono vedere diluito il peso dei loro rappresentanti.
E qui, prima di spiegare il piano “B” di Bollorè, occorre fare chiarezza su come è nato il piano “A”. Bollorè, inizialmente, non voleva andare alla prova di forza perché Alberto Nagel, ad di Mediobanca, e il presidente Giuseppe Recchi gli avevano garantito che avrebbe potuto guidare Telecom senza esporsi troppo. Ma nelle scorse settimane Bollorè si è reso conto che non riusciva a comandare come voleva.
marco patuano ad telecom italia
Nagel gli aveva anche promesso che sarebbe riuscito a far fuori Marco Patuano, ma l’ad è stato blindato dai fondi e dal soccorso di Claudio Costamagna, che oltre alla Cassa depositi e prestiti vuol dire Renzi Matteo. E ora Patuano è più forte di prima, mentre Bollorè è indispettito con Recchi, Nagel e con lo studio Chiomenti per “non aver saputo gestire il cda” secondo i suoi comodi. E da qui è nata la strada dell’assemblea per l’aumento dei consiglieri.
ALBERTO NAGEL E SALVATORE LIGRESTI
costamagna
Adesso però è pronta una seconda via, ben più semplice e diretta. L’ha pensata la società di consulenza Blue Bell, vicina a Vivendi, e ne ha accennato due giorni fa “Repubblica”. Il sistema per evitare l’assemblea è questo: far dimettere nei prossimi giorni 6 consiglieri su 13 (con 7 decadrebbe tutto il cda) e poi procedere per cooptazione alla nomina solo di 4 sostituti, tutti uomini di Vivendi. Il cda passerebbe così a 11 e Bollorè lo blinderebbe con i quattro nuovi più Recchi e Cattaneo. Sei a cinque e tanti saluti ai fondi.
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