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Giuseppe Bottero per “La Stampa”
Un ribaltone totale, proprio all'ultima curva. La cordata composta da Aruba e Fastweb si aggiudica la gara per realizzare il cloud strategico della pubblica amministrazione, battendo l'alleanza tra Sogei, Leonardo, Cdp Equity e Tim che aveva vinto il «primo tempo», presentando un'offerta considerata migliore dal punto di vista tecnico.
La seconda parte della sfida - legata alla proposta economica - ha invece visto prevalere il gruppo controllato dalla svizzera Swisscom, che dopo aver alzato la qualità della proposta ha messo sul piatto attorno ai 2,8 miliardi di euro, un ribasso del 39% rispetto alla base d'asta di 4,4 miliardi.
Ora, in base alle regole, gli sconfitti hanno quindici giorni di tempo per rilanciare e intestarsi una infrastruttura considerata strategica per la digitalizzazione del Paese. Fonti finanziarie fanno sapere che le aziende stanno lavorando, per ritoccare lo sconto del 23,6 per cento. Lo scenario è aperto: nel caso pareggiasse quella rivale, allora passerebbe la proposta targata Tim-Cdp. Dal punto di vista del governo, l'operazione è stata un successo.
Questo meccanismo ha funzionato, spiegano dal ministero dell'Innovazione Tecnologica guidato da Vittorio Colao. L'ex manager di Vodafone vuole chiudere la partita in fretta, facendo partire entro il 31 dicembre l'infrastruttura che dovrà custodire tutti i dati della Pubblica Amministrazione del Paese, una delle cosiddette «milestones» del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Entro febbraio, poi, i dipartimenti pubblici dovranno presentare dei piani di migrazione. In ogni caso, dopo il bando sul 5G nelle aree a fallimento di mercato, è un altro tassello che va al suo posto.
In attesa che si concluda la procedura per il Cloud Pa sembra invece profilarsi un possibile aumento dei prezzi per gli utenti telefonici privati. «Nessuno di noi prevedeva la spinta inflazionistica, ha colto di sorpresa tutti, abbiamo un conto economico che dobbiamo chiudere alla fine dell'anno, dobbiamo garantire i livelli occupazionali ma non possiamo adeguare i costi all'inflazione, dobbiamo cominciare a comprendere che alcune cose vanno cambiate», ha detto ieri l'ad di Tim Labriola, sottolineando quindi che «non possiamo non tener conto e non immaginare un adeguamento dei prezzi wholesale all'inflazione».
Per il manager, che ha l'obiettivo di creare una rete unica assieme ad Open Fiber e con la benedizione del governo, la sfida del futuro «non è solo definire un nuovo quadro di regole» ma «comprendere come garantire la sostenibilità economica di un settore in crisi». Infatti Labriola fa notare che in Italia ci sono «quattro operatori mobili» e «nessuno» di questi «è profittevole» per cui esiste un «problema di sistema» che va affrontato ed è arrivato il momento di «prendere decisioni coraggiose».
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