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Foto di Enzo Russo
Francesco Persili per Dagospia
L’urlo di Tardelli unisce ciò che la politica divide. Mentre si litiga sui migranti, Capalbio si aggrappa all’eroe del Mundial ’82 per riscoprire un sentimento di unità e condivisione.
Il calcio, le donne, le famiglie allargate, la fede. E un pezzo di storia d’Italia che inizia da quell’urlo, in quella notte magica e lontana del 1982, a Madrid. Il gol del due a zero alla Germania, nella finale Mundial. “Una scossa elettrica che ha cancellato la mia vita. Tutti mi ricordano per quei sette secondi, un attimo di estasi racchiuso in un gesto irrepetibile”, annota Marco Tardelli nel libro “Tutto o niente” (Mondadori) scritto insieme alla figlia giornalista Sara e presentato a “Capalbio Libri” nell’appuntamento conclusivo del festival dedicato al piacere della lettura in piazza.
“Un libro senza foto? Lavoro da anni alla radio e per me è più bello immaginare che vedere”, spiega il campione del mondo ‘82 che affronta il palco di piazza Magenta in giacca blu, camicia bianca e mocassino gagliardo. “Il pallone è marcio? Il calcio mi piace sempre, non quello che gli gira intorno – attacca l’ex ct della nazionale Under 21 - Gli scandali, le scommesse, le violenze dei tifosi. In Inghilterra la Thatcher ha cancellato gli hooligan in una notte. In Italia, invece, la politica è debole e troppe società sono conniventi con le frange più violente della tifoseria”.
Tardelli ripercorre le tappe della sua carriera: dall’oratorio con padre Bianchi alla famiglia Juventus con Boniperti che quando lo vide con i capelli lunghi, i braccialetti e le collanine gli disse: “Va’ a vestirti adeguatamente, tagliati i capelli e torna da me”. La serenità di Scirea (“Un uomo riflessivo, profondo, ordinato in campo e nella vita”), la curiosità di Fabio Capello, che chiacchierava d’arte col fisioterapista bianconero Luciano De Maria, collezionista di quadri, i consigli di Furino (“Abbassa la cresta, quando si sgonfia il pallone non sei più nessuno”). Lo stile Juventus e la forza di una squadra composta da uomini straordinari. “Il calcio può dettare ancora i veri valori dello sport – spiega Tardelli – ma non credo possa riuscirci. Oggi viene guidato non da chi lo ama ma da chi lo usa per raggiungere i propri scopi. Ormai il calcio è soprattutto business”.
“Mentre da noi i ricchi imprenditori vendono le società di calcio, in Cina hanno capito che il football è diventato un grande veicolo di espansione commerciale, riflette il neodirettore dell’Espresso, Tommaso Cerno, che va in punta di metafora: “Il calcio è politica, mentre la politica si riduce sempre più spesso a una rissa fra hooligan”.
Nel racconto di Tardelli, grande appassionato di musica e di Bruce Springsteen, ci si imbatte in Luisa Bergoglio, parente del futuro papa Francesco, che gli fece conoscere la moglie Alessandra, viene citato Borges per dire che “in amore ho commesso degli errori e li ho pagati”, si finisce sotto le coperte con Moana Pozzi (“Negli anni ’80 le sue trasgressioni non erano solo pornografia. Ha rappresentato una sorta di rivoluzione sessuale”) e poi si torna sempre lì. Ai ragazzi di Bearzot e a quella notte.
Gli italiani in piazza per condividere una gioia dopo tanti anni di scontri e lotte politiche. “Come Vasco Rossi, la Nazionale di Bearzot è una delle poche cose che tiene ancora unito tutto il Paese”, certifica Tommaso Cerno. “Quella del 1982 ha rappresentato molto più di una vittoria sportiva: è stata, insieme alla notte di Sigonella, l’ultima volta che ci siamo sentiti una nazione”, gli fa eco l’ad di Invitalia Domenico Arcuri. Si ricordano imprese collettive e lo spirito allegro e vitale dell’Italia degli anni ’80 mentre la cronaca racconta della rivolta dell’intellighenzia di sinistra contro i 50 profughi che nessuno vuole nella “piccola Atene”.
i due direttori cerno manfellotto
“L’arrivo dei migranti non è un problema, non si discute l’accoglienza, chiediamo solo una dislocazione diversa dei rifugiati destinati a una lussuosa area residenziale”, spiega il sindaco piddino Luigi Bellumori in trincea per tutelare “il brand” di Capalbio: “A giorni ci sarà un incontro con il ministro Alfano”, annuncia il primo cittadino che chiarisce: “Un sindaco non porta la bandiera del proprio partito ma dei propri cittadini”.
Cerno lo invita a non aver paura di 50 persone e a trasformare il problema in opportunità: “Capalbio ha la possibilità di diventare un esempio di integrazione”, magari mettendo a disposizione abitazione sfitte. La piazza ribolle, qualcuno invita il direttore dell’Espresso a portarsi i profughi a casa propria. In attesa di una soluzione, l’unica convinzione a cui aggrapparsi è quella che abbiamo imparato dalla Nazionale del 1982. “In mezzo alle difficoltà noi italiani sappiamo tirar fuori il meglio e ne veniamo sempre fuori bene”. L’urlo di ottimismo di Marco Tardelli. Campione del mondo, non a caso.
le villette per i migranti
una cinese in piazza
andrea romano
mariolina sattanino
tardelli con il generale francesco dei cc
bellumori sindaco
capalbio libri0001
capalbio libri0002
cerno e la pardo
la merlino
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