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Paolo Berizzi per “La Repubblica”
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Una raffica di domande con al centro la sua vita: in particolare il rapporto con la moglie, Marita Comi. E poi, di nuovo, abitudini, orari, luoghi, contatti. Una raffica di domande per cercare riscontri su alcuni dei 34 reperti sequestrati dai carabinieri nell’ultima perquisizione nella sua casa di Mapello.
Per la quinta volta da quando è in carcere con l’accusa di essere l’assassino di Yara Gambirasio (sono passati 51 giorni), ieri mattina Massimo Bossetti si è trovato faccia a faccia con Letizia Ruggeri, il sostituto procuratore che coordina l’inchiesta.
BOSSETTI PM IN MOTO PER INTERROGARLO
L’interrogatorio nel carcere di via Gleno è durato oltre tre ore: un tempo lungo, che aveva fatto ipotizzare la contestazione di nuove accuse da parte della procura nei confronti dell’indagato. Circostanza che, al momento, al netto del riserbo da parte degli inquirenti, non trova conferma.
«Sulle domande non entriamo nel merito, ma possiamo dire che Bossetti ha risposto a tutti i quesiti cercando di fornire ogni chiarimento possibile: la sua vita è stata scandagliata in ogni suo angolo più recondito», dicono i legali del carpentiere di Mapello, Claudio Salvagni e Silvia Gazzetti.
Per la terza volta Bossetti ha scelto di parlare, e, spiegano i difensori, «ha continuato a proclamarsi innocente. La linea di difesa non cambia di una virgola ».
bossetti arrestato per l omicidio di yara gambirasio
Quali dubbi volevano togliersi il pm Ruggeri e i carabinieri che hanno partecipato al nuovo interrogatorio (il maggiore Riccardo Ponzone, comandante del Nucleo investigativo di Bergamo, e due ufficiali del Ros, il colonnello Michele Lo Russo e il maggiore Amleto Comincino)?
L’attenzione degli inquirenti, alla ricerca di ulteriori prove oltre alla «pistola fumante » del Dna trovato sugli slip di Yara, si è concentrata sulla vita dell’indagato: polizia e carabinieri non hanno mai fatto mistero del fatto che il ritratto di Bossetti casa-lavoro-famiglia, non convince. E così sono tornati a chiedergli se, per esempio, il rapporto con la moglie era solido e lineare come lui ha sempre sostenuto, o se, invece, in questi anni, abbia attraversato momenti difficili.
In casa di Bossetti, oltre a vestiti, fatture, un aspirapolvere e altri documenti tipo fatture e registro dei rifiuti, erano state sequestrate delle lettere. Lettere scritte da Bossetti alla madre dei suoi tre figli. Lettere che forse hanno riacceso la curiosità degli investigatori. Proprio dall’ultimo sequestro è nata la decisione di risentire il muratore. Una scelta che — racconta una fonte che partecipa alle indagini — «era finalizzata, diciamo così, al tentativo di farlo ragionare».
massimo giuseppe bossetti il presunto killer di yara gambirasio
Tradotto in altri termini: se nessuna nuova accusa è stata contestata a Bossetti, è probabile che il pm Ruggeri, con il nuovo faccia a faccia di ieri, sperasse di incassare se non una confessione da parte dell’indagato, almeno qualche evidente contraddizione. Non solo Bossetti non ha fatto neanche mezzo passo indietro continuando a proclamarsi innocente, ma, pare, non ha mai vacillato né smentito le sue ricostruzioni precedenti.
2. BOSSETTI, NEL MIRINO I RAPPORTI CON LA MOGLIE
Da corriere.it
Massimo Giuseppe Bossetti e Marita Comi. Un uomo che si descrive tutto casa e lavoro, e la sua bella moglie che gli ha dato tra figli di 8, 10 e 13 anni. È il quadro della famiglia felice e normale, ora travolta dall’inchiesta sull’omicidio di Yara, su cui il pubblico ministero Letizia Ruggeri e gli ufficiali del Ros e del Nucleo investigativo dei carabinieri insistono molto, nelle oltre tre ore di interrogatorio del carpentiere in cella da 53 giorni. La pm arriva alle 10, alla guida della sua moto Honda blu, ed esce alle 13.30, dietro all’auto dei carabinieri. In mezzo c’è una raffica di domande all’indagato, anche personalissime, anche sulla sfera sessuale.
Bossetti risponde a tutte e descrive un rapporto saldo con la moglie: «Sento il suo amore, è reciproco. Ho fiducia in lei e pieno rispetto». Gli attriti vengono inquadrati nella perfetta normalità: «Gli screzi capitano, ma sono legati più che altro a motivi economici». La crisi, un lavoro da carpentiere per tirare avanti con tre figli da crescere e senza potersi permettere troppi grilli per la testa, uscite e lussi. Così anche i 5 euro per le lampade diventano un piccolo segreto che fa minimizzare il numero di sedute al centro estetico Oltreoceano, di Brembate Sopra.
Quello che Bossetti dice è la fotocopia della versione data dalla moglie, nell’interrogatorio del 23 giugno. Domanda dei carabinieri: «Vi è mai capitato di avere discussioni reciproche inerenti a gelosie?». Risposta: «Abbiamo avuto litigi come tutte le coppie, legati alla routine quotidiana e non alla gelosia».
Al carpentiere chiedono conto anche del bigliettino che Marita gli aveva scritto per San Valentino e che gli è stato sequestrato in casa, insieme al dvd con le foto del matrimonio e altri oggetti. Un biglietto di riconciliazione dopo una lite, oppure d’amore per la ricorrenza? Normalità potrebbe essere la parola d’ordine che riassume le risposte del carpentiere. Eppure gli inquirenti sono convinti che sia stato lui a uccidere Yara e che il movente sia sessuale. Non è dato sapere se abbiano qualche elemento che si tengono come asso nella manica.
Certo è, alla luce delle domande, che stanno scrutando profondamente in quegli occhi azzurri, per capire che uomo è Bossetti. Quello che dice di essere, cioè un padre di famiglia vittima della giustizia che non si spiega come il suo Dna sia finito sugli indumenti intimi di una bambina uccisa, oppure uno che, a 43 anni, con moglie e figli a casa che lo aspettavano, ha caricato la tredicenne sulla sua Volvo o sul suo furgone e l’ha fatta morire in un campo alla periferia di Chignolo d’Isola?
Il magistrato insiste anche sul tragitto dal lavoro a casa. All’epoca dell’omicidio, Bossetti stava costruendo alcune villette a Palazzago. Già nell’interrogatorio di convalida del fermo aveva spiegato che, per tornare a Mapello, passava per Brembate Sopra. Una strada più lunga che, però, evitava il traffico: via Locatelli, qualche volta tappa all’edicola fuori dal centro sportivo per comprare le figurine ai figli, al benzinaio lì davanti, o in birreria. In questo ultimo caso, le poche volte, il tragitto veniva deviato per via Rampinelli (in una traversa c’è la casa di Yara) per evitare i controlli dei vigili. Bossetti l’ha ribadito: «Il 26 novembre del 2010 sono tornato a casa». Non fornisce nuovi dettagli. Lo dà per scontato, perché dice che faceva sempre così: lavoro, casa, doccia, cena e poi sul divano, salvo rare uscite «ma sempre con la famiglia». Il pm glielo dice: «Ci pensi bene, perché per lei questa potrebbe essere una strada senza uscita», la sostanza del discorso. Ma lui non cede: «Non devo confessare qualcosa che non ho fatto».
I suoi avvocati, Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni, gli fanno eco all’esterno del mondo-carcere: «La difesa continua ad essere convinta dell’innocenza del proprio assistito. Nell’interrogatorio è stata scandagliata la sua vita privata, ma questo non ha cambiato il quadro probatorio. Lui ha risposto a tutto. Stiamo lavorando per scagionarlo».
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