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Giuseppe Scarpa per “la Repubblica - Roma”
L’ex fidanzato, pennarello alla mano, aveva descritto sui muri e i pali della luce, del quartiere Cinecittà, le performance sessuali della ragazza. Aveva aggiunto anche la via, il numero civico e le generalità dell’ex, invitando i lettori del messaggio a citofonare a casa della giovanissima, appena 21enne. Diverse persone avevano accettato il suggerimento ed era iniziato così l’assalto, a partire dall’aprile dell’anno scorso, a casa della ragazza.
I genitori sconcertati avevano mandato via in malo modo gli sconosciuti che chiedevano di poter incontrare la loro figlia. Un incubo che parzialmente si è concluso con la condanna a due anni e sette mesi di carcere, per stalking, di Ettore Squillace, l’autore del terribile gesto. Una pena in linea con quanto richiesto da parte del pubblico ministero Mario Pesci.
Una sentenza che solo in parte è servita ad attenuare l’angoscia che ha rischiato di travolgere la vita della ragazza e dei suoi genitori.
La famiglia ha comunque dovuto rivoluzionare le proprie abitudini. Troppe le persone che avevano iniziato a bussare al loro portone, ed è anche per questo motivo che i genitori e la figlia hanno deciso di fuggire da Roma.
Via in un’altra città perché, oltre agli sconosciuti, a citofonare con insistenza era anche lo stesso ex. Squillace sempre più minaccioso e sempre più spregiudicato, incurante di un divieto di avvicinamento firmato dal questore, si appollaiava di fronte all’ingresso del palazzo, quartiere Cinecittà, con l’obbiettivo di incrociare l’ex per dirle chissà che cosa.
Tanto che per riprendersi da un “perdurante stato di ansia” la giovane ha dovuto ricorrere all’aiuto di uno psicologo di un centro antiviolenza. Mesi difficili, quelli tra aprile e agosto del 2014, dal momento che la ragazza era barricata in casa, come se fosse lei agli arresti domiciliari, mentre Squillace girava spavaldo per il quartiere. E a nulla sono serviti gli ammonimenti del padre della 21enne a cui l’uomo, tra le altre cose, ha risposto con una lettera in cui scriveva che avrebbe «fatto a pezzi lei (l’ex ndr) e tutta la famiglia».
Ovviamente non sono mancate le decine di chiamate al cellulare della giovane. Così come gli sms volgari e le richieste di incontro sempre cestinate dalla ragazza che, dopo una breve relazione con l’uomo, aveva deciso di chiudere il rapporto. Un rifiuto che a Squillace non è mai andato giù fino a spingerlo alla sua personalissima vendetta che alla fine gli è valsa una condanna a 31 mesi di reclusione.
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