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ON THE ROAD - VOSTRO FIGLIO VUOLE PARTIRE PER UN VIAGGIO IN SOLITARIA? LASCIATELO ANDARE! - NEI PAESI NORDICI È UNA BUONA ABITUDINE DA METTERE NEL CURRICULUM E UNA RICERCA AUSTRALIANA NE HA MISURATO I (NUMEROSI) BENEFICI PSICOLOGICI - ECCO QUALI

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Marco Moretti per “la Stampa”

 

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«Viaggiare da soli contribuisce alla formazione del carattere dell' individuo. Rafforza l'autostima e la capacità di apprendimento. Apre la mente e rende la persona più flessibile. L'assenza di vincoli con altre persone o gruppi dilata la percezione di avere maggiore controllo sulla propria vita e sulle proprie azioni. Stimola la riflessione e aiuta a scoprire se stessi. Crea numerosi vantaggi psicologici.

 

È il modo migliore per lavorare sulla propria persona» afferma la professoressa Constanza Bianchi della Queensland University of Technology (Australia), autrice di una ricerca sui benefici e sugli effetti psicologici del viaggio in solitario.

 

ON THE ROAD

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Non stupisce che questo studio sia frutto del lavoro di un ateneo dell' Australia. Il Paese degli antipodi dove per i giovani è considerato - da almeno due generazioni - normale partire per un anno sabbatico dopo la fine degli studi, o meglio ancora tra il termine della scuola superiore e l'inizio dei corsi universitari. Una meritata vacanza? Una ludica perdita di tempo? No, tutt' altro.

 

Piuttosto un diverso e più pragmatico percorso didattico per implementare la formazione psicologica e culturale dei giovani. Perché a Sydney - come in Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Canada, Olanda e Paesi scandinavi - si pensa che un lungo viaggio in solitario sia un banco di prova esistenziale, una sorta di rito di passaggio dalla spensierata giovinezza all'assunzione di responsabilità che comporta la vita adulta.

 

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In fondo anche On the road di Jack Kerouac, bibbia della Beat generation, racconta di un viaggio iniziatico da fare in gran parte per conto proprio. E Kerouac tornò sul tema anni dopo con la raccolta di racconti Lonesome Traveler. Per un giovane, che ancora vive con i genitori, intraprendere un viaggio da solo significa imparare a scegliere, a decidere, ad affrontare le difficoltà e a superare gli ostacoli in prima persona.

 

Vuole dire cimentarsi a gestire le finanze che il proprio budget impone: non si può restare senza soldi a migliaia di chilometri da casa. Il viaggio è un lavoro, a volte anche duro, con momenti di vacanza. La strada è un'infinita scuola di vita: ogni giorno bisogna cavarsela senza l'aiuto di genitori, partner e amici.

 

Non si è protetti dal gruppo o dal clan, se si sbaglia si paga immediatamente per i propri errori: è il modo migliore per non ripeterli. La componente divertente del viaggio - l'incontro con ambienti e culture nuove, l'acquisizione di nuovi amici, i flirt - non la si può ottenere senza sviluppare la capacità di organizzarsi. Così il viaggio recide il cordone ombelicale, E seguire i propri ritmi senza doversi adattare alle esigenze altrui dà una immensa sensazione di libertà, mostra i vantaggi dell' indipendenza: tutto appare possibile.

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Sull'onda di questa percezione, tra il Regno Unito e l' Australia, negli ultimi quarant' anni, milioni di giovani hanno tracciato la cosiddetta «London Melbourne Highway», un lungo itinerario di viaggio che attraverso l'Europa, l' India e il Sud-Est Asiatico collega i due Paesi anglosassoni. Una esperienza - frutto anche della sprovincializzante eredità coloniale di questi Paesi - incoraggiata da norme come il «work holiday visa» (da alcuni anni esteso anche agli italiani), che permette ai giovani fino a trent' anni di lavorare per un anno in Europa o in Australia e Nuova Zelanda.

 

DA CURRICULUM

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I popoli nordici, con un' indole più riservata e solitaria, appaiono più portati a questo tipo di esperienza rispetto a noi mediterranei. È però proprio il nostro bisogno e istinto latino a comunicare ad aggiungere una plusvalenza didattica al viaggio in solitario: volenti o nolenti, bisogna superare la pigrizia e cimentarsi con una lingua straniera per cavarsela ma anche per trovare nuovi amici e fidanzati.

 

E poi sapere stare da soli migliora i rapporti con gli altri. «La solitudine non è certo una follia, è indispensabile per stare meglio in compagnia» cantava quarant' anni fa Giorgio Gaber nell' album «Libertà obbligatoria». L'importante è il viaggio, non la meta. Perché, come scriveva Marcel Proust «L'unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell'avere nuovi occhi».

 

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L'immersione in solitario in ambienti, culture, valori e sapori diversi. Il confronto obbligato con altri mondi, con modi diversi di vivere e pensare, è la via più rapida per spezzare le catene del provincialismo, per uscire dal guscio nazionale.

 

Per acquisire conoscenze e linguaggi cosmopoliti, oggi così importanti per entrare con successo in un mondo del lavoro sempre più globalizzato, dove le occasioni di carriera sono più frequenti a Los Angeles o a Hong Kong rispetto a Torino o a Milano. Così il lungo viaggio in solitario si trasforma in un movimentato percorso didattico per diventare cittadini del mondo. Un'esperienza da inserire nel curriculum perché denota spirito d'iniziativa, una qualità considerata importante da molte aziende nella selezione del personale.

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