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Gianni Barbacetto per il “Fatto Quotidiano”
ASSOCIAZIONE LIBERA CONTRO LE MAFIE
Franco La Torre protesta: “Sono stato cacciato da Libera. Nemmeno una telefonata, è bastato un sms di don Luigi Ciotti. Penso di meritare più rispetto e buona educazione”. Il figlio di Pio La Torre, il politico del Pci ucciso nel 1982 da Cosa nostra a Palermo, su l’Huffington Post rincara la dose e attacca frontalmente il movimento e il suo fondatore, don Luigi Ciotti.
“Gli riconosco grandi capacità e un enorme carisma, ma è un personaggio paternalistico, a tratti autoritario. Questa cacciata ha il sapore della rabbia di un padre contro il figlio, ma io un padre ce l’ho e me lo tengo stretto”.
Un conflitto doloroso, che sta dilaniando un movimento che fa grandi cose nel contrasto alle organizzazioni criminali e nella promozione della legalità, ma che, inevitabilmente, in qualche caso ha strutture e persone non all’altezza degli obiettivi. Tutto è nato all’assemblea nazionale di Libera del 7 novembre ad Assisi. Dal palco, La Torre fa un intervento lunghissimo, quasi una controrelazione a quella di don Ciotti.
ASSOCIAZIONE LIBERA CONTRO LE MAFIE
Parla della situazione a Palermo, dove un simbolo dell’antimafia come il presidente di Confindustria Sicilia è stato arrestato per rapporti con Cosa nostra e dove la giudice Silvana Saguto è indagata per la gestione dei beni confiscati alla mafia. Dice che Libera non ha saputo vedere quello che stava succedendo.
Riprende la vicenda che aveva coinvolto Enrico Fontana, il direttore di Libera, dunque il più alto dirigente operativo dell’associazione, che si è dimesso prima dell’estate perché accusato di aver ricevuto nella sede di Libera personaggi del mondo ambientalista poi finiti nell’inchiesta su Mafia Capitale.
Anche in questo caso, La Torre accusa Libera di non aver saputo vedere che cosa stava accadendo a Roma. “Si è dovuto dimettere un galantuomo”, aveva commentato don Ciotti quando Fontana aveva rinunciato all’incarico, per non mettere in imbarazzo l’organizzazione. Quelle dimissioni avevano molto addolorato il fondatore, convinto della assoluta buona fede di Fontana. Rabbia e dolore, don Ciotti le aveva provate anche sentendo l’intervento di La Torre.
È dura, la vita di un leader carismatico: girare per l’Italia e dover ascoltare tutte le critiche, dover subire tutti i personalismi, dover fare i conti con tutte le contese e gli scontri locali, dover farsi carico di conflitti spesso riducibili a invidie o maldicenze. I problemi, comunque, ci sono. È vero che quello che è successo a Palermo dentro Confindustria Sicilia è ancora per molti aspetti indecifrabile. È vero che forse Mafia Capitale non è stata capita prima delle inchieste giudiziarie.
“Ma don Ciotti prova rabbia e dolore”, dice chi gli è vicino, “perché si continuano ad attaccare le persone, invece di privilegiare le attività straordinarie che vengono realizzate e che coinvolgono migliaia di giovani entusiasti”. Dopo il suo intervento del 7 novembre, La Torre ha visto don Ciotti raffreddare il rapporto con lui. Ha chiesto un incontro che non gli è stato concesso. Fino al messaggio che gli comunicava che il rapporto di fiducia si era incrinato e dunque veniva rimosso dalla segreteria di Libera.
Per tutta risposta, La Torre scrive una lettera in cui annuncia le sue dimissioni anche dagli incarichi operativi, da quello di responsabile di Libera internazionale, a cui si era dedicato con buoni risultati, a quello di referente del Premio Pio La Torre. Provo un grande dolore per questa vicenda”, ha detto ieri La Torre al l’Huffington Post.
“Poiché non sono ancora riuscito a parlare direttamente con don Luigi, posso supporre che la ragione del mio brusco allontanamento sia dovuta proprio alle mie parole all’assemblea di Libera. Ma ho 60 anni e pretendo un minimo di educazione. Se don Luigi non la pensa come me, allora dobbiamo confrontarci, anche litigando se necessario, ma il confronto diretto è fondamentale per la democrazia.
E invece nonostante i miei numerosi tentativi, per il momento ho saputo che non desidera parlare con me, o forse lo farà prossimamente... Libera è cresciuta in maniera straordinaria grazie a don Ciotti e alle migliaia di volontari che lavorano a livello locale. Ma anche la mafia è cambiata negli ultimi anni. Le classi dominanti che noi chiamiamo mafia hanno assunto caratteristiche differenti, basti guardare all’inchiesta Mafia Capitale.
Ecco, all’interno di Libera eravamo molto concentrati su Ostia, dove avevamo fatto un ottimo lavoro, ma abbiamo perso la visuale d’insieme che invece è stata compresa perfettamente dal procuratore Giuseppe Pignatone. Purtroppo avevamo sottovalutato il fenomeno, così come abbiamo sottovalutato i casi della giudice Segato a Palermo. Da quel palco ad Assisi ho detto che dovevamo alzare l’asticella”. Ora Libera resta scossa e frastornata da un conflitto che provoca smarrimento tra gli associati che vogliono bene a don Ciotti ma non amano le rotture dolorose.
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