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M.Ev. per “il Messaggero”
«Ci sono ospedali in Italia in cui fatichi a ricoverare una persona dopo 24-36 ore di attesa in pronto soccorso» raccontano da Simeu (Società italiana di medicina di emergenza e urgenza). Aumentano i letti occupati da pazienti Covid, diminuiscono quelli a disposizione per le altre patologie: la quarta ondata rischia di fare saltare il sistema dell'emergenza in tutta Italia.
Detta in modo brutale: a causa dei no vax che stanno ingolfando gli ospedali (in percentuale alla fetta di popolazione che rappresentano), non ricevono un'assistenza di buon livello gli altri malati. E saltano interventi programmati, si rinviano visite e prevenzione. Il Covid è una doppia emergenza: per contagiati e non contagiati.
LA FUGA
Ma c'è di più. Se la pandemia prima o poi ridurrà la sua forza d'urto, resterà un problema strutturale. Di recente nel Lazio c'è stato un concorso per trovare 150 medici di pronto soccorso. Si sono presentati solo in 61. A livello nazionale ci sono 300 borse di studio per la medicina d'urgenza, ma nessun giovane laureato si è fatto avanti. Sintesi: in Italia in pochi vogliono fare il medico del pronto soccorso.
Per questo in tutte le Regioni, anche quelle un tempo prese ad esempio come Emilia-Romagna o Lombardia, si stanno creando lunghe code. Il dottor Adolfo Pagnanelli, primario del Pronto soccorso del Policlinico Casilino di Roma, sintetizza: «I giovani preferiscono puntare su altre specialistiche. Se vieni a lavorare in pronto soccorso ti devi accontentare di uno stipendio più basso, sei sempre a rischio di aggressioni e di denunce immotivate».
Ecco allora che il laureato in medicina preferisce ad esempio Oculistica, puntando anche alle visite private che un medico di pronto soccorso non potrà mai fare. Alessio D'Amato, assessore alla Sanità del Lazio: «Questa è un'emergenza nazionale che si sta sottovalutando. Sarebbe successo anche senza la pandemia. Un tempo lavorare in pronto soccorso era considerata una missione, ora è vista come un'attività che ti porta al burnout. L'unica soluzione sarà pagare meglio chi sta in prima linea».
ASSEDIO
I segnali dagli ospedali di tutta Italia sono molto negativi. Beniamino Susi, responsabile nazionale dei rapporti con le Regioni di Simeu e direttore del reparto d'urgenza a Civitavecchia-Bracciano: «Oggi la maggior parte dei ricoverati per Covid sono persone non vaccinate. Ciò che invece è drammatico è l'impossibilità di ricovero di tanti pazienti non Covid. Si stanno convertendo reparti normali in reparti Covid - a volte e per forza di cose anche per pochi pazienti - e questo taglia il numero dei posti letto disponibili per altre patologie. La situazione sta peggiorando anche in Regioni storicamente non calde da questo punto di vista come il Piemonte e la Lombardia. I medici sono stanchi, affaticati e vivono una quotidianità deprimente che giorno dopo giorno diventa sempre più insostenibile».
Dicono ancora da Simeu: «Le risposte devono arrivare, ora davvero non c'è più tempo. È di queste ore anche il nuovo caso di un pronto soccorso andato in tilt a Pescara per un eccesso di richieste di ricoveri in geriatria. I pazienti anziani continuano ad arrivare e non si riesce più ad accoglierli al punto che occorre dirottarli negli ospedali vicini».
Il presidente nazionale della società che rappresenta i medici dei pronto soccorso, Salvatore Manca, dice: «Bisogna accordarsi con il ministero dell'Università e della Ricerca affinché gli ospedali diventino luogo di formazione e gli specializzandi vengano mandati e integrati nei servizi ospedalieri da subito, se questo non accadrà i pronto soccorso rischiano veramente di chiudere».
In sintesi: «I pronto soccorso in Sardegna sono vicini al collasso, ma criticità si registrano in diverse regioni italiane, in particolare Puglia, Campania e Lazio, dove soprattutto nella stagione invernale storicamente si registra un sovraffollamento nei reparti di Emergenza e Urgenza». Non si salvano aree come l'Emilia-Romagna.
Ad esempio a Forlì ci sono tre ore di attesa per un codice bianco e l'azienda sanitaria spiega al Carlino: su 28 medici in organico, ne mancano 13. Fuga dalla prima linea. «Pensare - dice il dottor Pagnanelli dal Casilino di Roma - che quello in pronto soccorso è il modo migliore per fare il medico».
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