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I GIUDICI DICONO “NO” AL FAR WEST URBANISTICO – È STATA DEPOSITATA LA SENTENZA CON CUI LA CASSAZIONE HA CONFERMATO IL SEQUESTRO (DECISO UN ANNO FA) DELLE TRE “TORRI LAC” IN COSTRUZIONE A MILANO, VICINO AL PARCO DELLE CAVE. TRE PALAZZONI RESIDENZIALI PER 77 APPARTAMENTI – LE TOGHE RIBADISCONO CHE NEI COMUNI DOTATI DI PIANO REGOLATORE GENERALE NON SI POSSA COSTRUIRE OLTRE I 25 METRI DI ALTEZZA, SENZA UN PIANO ATTUATIVO PARTICOLAREGGIATO: “IL TERRITORIO VA TUTELATO” – LA SENTENZA SMENTISCE IL TAR DELLA LOMBARDIA E PUÒ PESARE NELL’INCHIESTA IN CORSO CHE HA TRAVOLTO LA GIUNTA SALA…
Estratto dell’articolo di Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
CANTIERE DELLE TORRI LAC A MILANO
«Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto», scandiva il personaggio di Gian Maria Volonté nel film «Per un pugno di dollari» di Sergio Leone, ma nel Far West dell’urbanistica milanese le decisioni del Tar e le sentenze della Cassazione vengono imbracciate da difese e accusa simultaneamente e reciprocamente come «fucile» prevalente sulla «pistola» altrui.
Istruttivo il caso del sequestro impeditivo (deciso nella primavera 2024 dalla gip milanese Lidia Castellucci) delle «Torri Lac», cioè lo stop alla costruzione, sulle ceneri di uno stabilimento industriale dismesso in via Cancano vicino al Parco delle Cave e a un laghetto, di tre torri residenziali tra i 9 e i 13 piani, alti dai 27 ai 43 metri, per 77 appartamenti su piastra verde rialzata […]
PROGETTO DELLE TORRI LAC A MILANO
[…] «nuova costruzione» che i pm (indagando otto persone, tra cui funzionari del Comune di Milano e il progettista Paolo Mazzoleni ora assessore all’Urbanistica di Torino) censuravano fosse stata fatta passare come «ristrutturazione», autorizzata senza piano attuativo particolareggiato previsto dalla legge, ma solo con una semplice Scia-Segnalazione certificata di inizio attività.
«Nexity Milano Parco delle Cave srl» aveva fatto ricorso contro il sequestro, e ieri è stata depositata la decisione con la quale in sede cautelare la Cassazione, conferma il sequestro e sposa i pm Petruzzella-Filippini-Clerici sul fatto che nei Comuni dotati di piano regolatore generale non si possa costruire oltre i 25 metri di altezza senza un piano attuativo particolareggiato.
Il Tar: a volte si può fare
beppe sala e l inchiesta sull urbanistica a milano - vignetta di osho
Alla III sezione della Suprema Corte (presidente Ramacci, relatore Noviello) la norma «appare inequivoca, molto chiara, senza alcun termine, eccezione o deroga» possibile, diversamente da quanto appena 24 ore prima (in sede non penale ma amministrativa) aveva invece prospettato il Tar-Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, in un orientamento minoritario ma in linea con un’analoga pronuncia firmata dal medesimo relatore alcuni anni fa.
Nel bocciare il ricorso di un condominio di via Razza (zona Stazione Centrale) contro il via libera senza piano attuativo, e con solo una Scia, alla costruzione di un palazzo (non oggetto di inchieste) più alto di 25 metri, il Tar lombardo l’altro giorno aveva ammesso questa possibilità nei casi in cui la zona fosse «già completamente urbanizzata». Cioè, a Milano, praticamente sempre.
CANTIERE DELLE TORRI LAC A MILANO
Invece la Cassazione penale — richiamando anche sentenze della Corte Costituzionale, precedenti propri e del Consiglio di Stato — argomenta che anche in un ambito già urbanizzato una nuova costruzione può richiedere, in rapporto al contesto circostante, una rimodulazione delle opere di urbanizzazione; e che perciò la legge obbliga a un piano attuativo.
«Guasti urbanistici» L’obbligo, infatti, «esprime il senso profondo del principio della pianificazione» per assicurare la «realizzazione contemperata di una pluralità di differenti interessi pubblici incidenti sul medesimo territorio», e scongiurare i «guasti urbanistici» dello «sfruttamento intensivo», «con buona pace della complessità», in «agglomerati edilizi privi delle infrastrutture necessarie».
INCHIESTA URBANISTICA A MILANO
Ancor più interessante è la demistificazione che la Cassazione ritiene di compiere di uno dei grandi classici contro le inchieste rovina-famiglie, e cioè la tesi dei danni dei pm ai terzi incolpevoli acquirenti delle case, inquilini usati come scudi umani contro i sequestri dei grattacieli ritenuti abusivi dai pm.
Per la Cassazione «è la creazione di un artificioso contrasto tra beni di per sé non in contrapposizione», cioè «tra l’interesse collettivo al ripristino della legalità urbanistica violata e l’interesse alla abitazione», perché le norme non servono solo a dire che lo Stato gestisce il territorio, ma soprattutto ad assicurare «l’interesse pubblico al migliore sviluppo dei consociati».
No agli «scudi umani»
I PROTAGONISTI DELL INCHIESTA DELLA PROCURA DI MILANO SULL URBANISTICA
Perciò «gli interessi dei terzi acquirenti, che in buona fede abbiano stipulato contratti per l’acquisto» di case abusive in corso d’opera, «non possono in alcun modo trovare tutela attraverso l’abdicazione, da parte dell’autorità giudiziaria, del suo potere-dovere di sequestro», funzionale all’obbligo legislativamente sancito di «impedire la protrazione dei reati in presenza dei presupposti di legge»: se mai, gli acquirenti «estranei al reato hanno la facoltà di far valere sul piano civile la responsabilità dell’autore dell’illecito per i danni subiti», e cioè di fare causa. […]
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