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UN PECHINO OMOFOBI – IN CINA, L’APP PER INCONTRI GAY E BISEX GRINDR È SCOMPARSA DAGLI STORE ONLINE – SEBBENE LA CINA ABBIA DECRIMINALIZZATO L’OMOSESSUALITÀ NEL 1997, LA COMUNITÀ LGBTQ+ È ANCORA OSTRACIZZATA E OLTRE AI MATERIALI CENSURATI SUL WEB, I REGISTI NON POSSONO  PORTARE IN SCENA STORIE D’AMORE GAY – PER FORTUNA CHE C'E' BLUED...

Da www.tag43.it

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La campagna di pulizia del web lanciata dall’autorità di cybersicurezza cinese in vista del Capodanno e delle Olimpiadi invernali, è iniziata con la misteriosa scomparsa di Grindr dagli store online. Da giovedì 27 gennaio (e, probabilmente, per tutto il mese, vista la durata del progetto di ‘purificazione’), l’app di incontri per gay e bisessuali non è più scaricabile né utilizzabile nel Paese. 

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Nessuna traccia di Grindr sugli app store cinesi

Sebbene la Cina abbia decriminalizzato l’omosessualità nel 1997, i matrimoni tra persone dello stesso sesso rimangono illegali e le istanze dei collettivi LGBTQ continuano a essere ignorate. Non solo. Oltre ai materiali censurati sul web, sono in vigore stringenti divieti per sceneggiatori e registi che nei film non possono in alcun modo portare in scena relazioni e storie d’amore gay. 

 

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Indicazioni allineate agli obiettivi dell’iniziativa intrapresa dal governo che, nell’obbligare organi di informazione e aggregatori di news a diffondere solo notizie positive per creare un ambiente pacifico e disteso, ha intenzione di ripulire Internet da tutti i contenuti e i servizi che reputa immorali e pericolosi. 

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Compresi, a quanto pare, quelli relativi alla comunità gay. Secondo quanto riportato dal Guardian, Apple ha comunicato che gli sviluppatori di Grindr hanno eliminato la piattaforma dal loro database nazionale. Situazione analoga su Android.

 

Grindr sparisce, resiste però Blued

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Contattato dai giornalisti di AFP, Grindr non si è espresso in merito. Intanto, mentre l’app è sparita dai radar, rimangono scaricabili alcuni dei suoi surrogati come Blued, lanciata a Pechino nel 2012 e, a oggi, diffusa in 193 Paesi con oltre 40 milioni di utenti. 

 

Non si sa se continueranno a rimanere attivi, eludendo il ban dei vertici, o presto o tardi anche loro finiranno per svanire. Proprio come è successo, lo scorso anno, anche ai social media di alcuni dei gruppi universitari LGBTQ più importanti che, da un momento all’altro, si sono visti esiliare da WeChat, il servizio di messaggistica più utilizzato nel Paese.

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