FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
Marianna Aprile per “Oggi”
«È vero che Giorgia Meloni è figlia della storia di destra e proprio per quello a suo tempo le chiesimo la disponibilità». Tweet firmato Maurizio Gasparri. Ma aspettate a dedurre che siccome il vicepresidente del Senato su Twitter era abituato a litigare con Fedez, ora che il rapper è fuori uso causa lite col vicino di casa, se la prende con l’italiano.
Perché, in realtà, a cinguettare dal profilo di Gasparri è stata una persona del suo staff (il cui responsabile si è dimesso pochi giorni dopo), ma quando qualcuno lo ha fatto notare era già troppo tardi: lo sfottò era partito e a Gazebo (Rai 3) si è arrivati persino a declinare il “gasparro remoto” del verbo chiedere (noi chiesimo, voi ecclesiaste, essi chiorno...).
A giocare contro, le gaffe social pregresse del senatore di Forza Italia, che - solo per fare un esempio - qualche mese fa ha scambiato su Twitter Jim Morrison per il pregiudicato slavo Goran Hazdic. Ma, per onestà, va detto che Gasparri (e il suo staff) sono in ottima compagnia.
Nei giorni scorsi, il candidato di Forza Italia al comune di Roma Guido Bertolaso, ringraziando chi lo ha votato alle primarie del centrodestra ha twittato: «Grazie di cuore ai 47.0093 che vogliono una Roma nuova». E un pallottoliere.
IL RE DEGLI IGNORANTI
Sarà che vanno sempre di fretta e hanno l’ansia di mostrarsi social, ma i politici sono tra i più assidui produttori di strafalcioni on line. Persino il poliglotta e precisissimo Enrico Letta, nel 2013 appena nominato premier twittò: «Domenica e lunedì 24 ore di ritiro, in un’abazia in Toscana, solo i ministri.
Per programmare, conoscersi, “fare spogliatoio”. Ognuno paga per se». Poi... per-se Palazzo Chigi. Il senatore Antonio Razzi il 6 aprile del 2015 augurava a tutti «Buona Pascuetta», ma anche nei giorni feriali le cose non gli vanno meglio. A un utente che lo metteva in guardia su una possibile figura di m****, qualche giorno fa Razzi ha risposto:
ENRICO LETTA LASCIA IL PARLAMENTO
«Nun te preoccupà, ciò la pala». Roba da rivalutare la riforma che abolisce il Senato. E a proposito di riforme: a maggio 2015, nel video virale in cui presentava quella della scuola, Matteo Renzi sottolineò sulla lavagna l’importanza della «cultura umanista» (invece che umanistica).
Scena simile a quella andata in onda su Rai 1 nel 1987 in cui Adriano Celentano scrisse su una lavagna «la caccia e contro l’amore». Ma si sa, Celentano è il re degli ignoranti. Mica come l’archistar Stefano Boeri: da assessore alla cultura del Comune di Milano, in un post su Facebook scrisse «un’ente locale - ripeto, un’ente locale» (repetita non juvant…).
adriano celentano con beppe grillo
Anche Daniela Santanchè ha avuto qualche incidente. Il più noto è del 2012, quando per sostenere Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, che all’epoca rischiava il carcere per una condanna per diffamazione, twittò: «E se riuscisse Il Giornale ha fare quello che non siamo riusciti a fare in 20 anni?». Ha, l’amore!
DISTRAZIONE FATALE
I grammar nazi (nazisti della grammatica, come si definiscono i fustigatori dello strafalcione on line) sono letteralmente impazziti, nel 2011, quando Roberto Saviano in un post ha scritto «qual’è». Lo hanno attaccato e preso in giro finché l’autore di Gomorra non ha reagito twittando: ««Ho deciso :-) continuerò a scrivere qual’è con l’apostrofo come #Pirandello e #Landolfi”».
Cattivi maestri. Una distrazione fu invece fatale al giornalista Filippo Facci, il 6 novembre del 2015. Polemizzando, scrisse: «I migliaia di messaggi che ricevo (da napoletani) lo dimostrano una volta per sempre: la scuola dell’obbligo ha fallito». Un utente (napoletano?) gli diede ragione sul fallimento, facendogli notare che “migliaia” è femminile e fornendo il link di un dizionario on line.
Bersaglio fin troppo facile per i puristi della grammatica è Flavia Vento, che twitta senza preoccuparsi di farlo in italiano e persevera se glielo fanno notare. Dopo gli attacchi per un «a me mi» (il tweet completo era: «Tutti hanno un inizio e una fine. La mia fine non ci sara’ mai. Perche’ a me non mi interessa del vostro pensiero. Io sono Io e so’ chi sono»), ha cinguettato: «A me mi forever». Come Saviano, ma senza citare Pirandello.
L’inciampo della D’Urso
Francesco Facchinetti, sotto la foto del figlio Leone alle prese con un cesto di lecca lecca ha scritto: «Adesso che gli ha scoperti come facciamo?». E come facciamo con la grammatica? Inciampi anche per Barbara D’Urso: su Twitter ha confuso Michelle Obama con Oprah Winfrey e qualche tempo dopo ha twittato: «Posso dire a gran voce senza temere smentite di non aver MAI censurato NESSUNO ne’ su twitter n’è su facebook! Mai! Ogni uno e’ libero».
Laura Chiatti, via Instagram, ha dato dei «deficienti» ai follower che l’avevano criticata perché in un post aveva parlato del Festival del cinema di Can (era Cannes...). L’attrice aveva persino annunciato di voler abbandonare i social causa insulti, poi ci ha ripensato. Perché almeno una regola della grammatica dei social la conoscono tutti: per quanto grave sia l’errore, tre tweet dopo nessuno se lo ricorda più. Un po’ come le regole grammaticali dell’italiano.
Ultimi Dagoreport
“L'INSEDIAMENTO DI TRUMP ASSUME LE SEMBIANZE DEL FUNERALE DELLA DEMOCRAZIA IN AMERICA, SANCITO DA…
DAGOREPORT – HAI VOGLIA A FAR PASSARE IL VIAGGIO A WASHINGTON DA TRUMP COME "INFORMALE": GIORGIA…
DAGOREPORT - COSA VOGLIONO FARE I CENTRISTI CHE SI SONO RIUNITI A MILANO E ORVIETO: UNA NUOVA…
DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…