DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
1. PRESSIONI E UNA RAGNATELA DI CONTATTI, ECCO COME BIDEN HA INCASSATO L’ACCORDO SULLA TREGUA IN LIBANO
Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per www.lastampa.it
emmanuel macron joe biden g20 rio de janeiro foto lapresse
A meno di due mesi dal passaggio di consegne, l’Amministrazione Biden incassa l’accordo di cessate il fuoco fra Israele e Libano con la firma su un piano dettagliato che garantisce un ritiro scaglionato delle truppe israeliane dai vari settori del sud del Libano entro 60 giorni, il ritorno delle forze libanesi (la sicurezza e i militari della Laf) a presidiare il territorio per evitare il riarmo di Hezbollah e il rafforzamento di un meccanismo di controllo delle violazioni dell’intesa presidiato dagli Stati Uniti e con la Francia in un ruolo chiave.
[…] Il lavoro per arrivare all’intesa è stato complesso, ma la svolta, secondo la ricostruzione di un alto funzionario dell’Amministrazione Usa, è arrivata verso la metà di ottobre quando i negoziatori Usa hanno intravisto nelle parti in Libano e Israele segnali che l’intesa poteva essere raggiunta. Sono state però le ultime due settimane a vedere un’accelerazione e a consentire al team negoziale di instradare sulla giusta traiettoria il negoziato.
JOE BIDEN SI FA IL SEGNO DELLA CROCE DAVANTI A NETANYAHU
Gli uomini di Biden hanno tenuto costantemente aggiornato lo staff della politica estera e di sicurezza di Trump, «era necessario – ha raccontato il funzionario in un briefing con alcuni reporter accreditati alla Casa Bianca – tenerli aggiornati su quel che stava accadendo e sui nostri impegni». A quanto risulta la sintonia fra Amministrazione uscente ed entrante è stata totale.
Sin dalla fine di settembre quando Israele ha intensificato le operazioni nel Sud del Libano e colpito Beirut, decapitando la leadership di Hezbollah, Washington ha intrecciato i fili con Parigi. È lungo l’asse Biden-Macron che si è sviluppata la ragnatela di contatti e di pressioni che ha portato all’intesa.
I due leader venerdì scorso hanno avuto un colloquio al centro del quale c’è stato proprio il ragionamento su quello che sembrava l’ultimo step per portare Beirut e Gerusalemme all’intesa. Gli israeliani chiedevano garanzie di sicurezza e la possibilità di intervenire in caso di minacce future; il Libano invece sostegno e fondi per consentire alle truppe di prendere il controllo del Sud. Entrambe le condizioni si sono realizzate.
L’accordo infatti prevede il diritto all’autodifesa e istituisce un meccanismo di monitoraggio sulle violazioni per cui ogni denuncia viene affrontata rapidamente in sede bilaterale e con l’intermediazione Usa e francese.
Meccanismo che fonti americane definiscono di «immediata risposta» e che va ben oltre le lungaggini previste dall’intesa del 2006, quella scaturita in sede Onu dopo la guerra e che ha portato al rafforzamento della missione Unifil. In quel caso ogni denuncia finiva sul tavolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a New York e passavano spesso settimane o mesi prima finisse in agenda.
Secondo gli americani Unifil non ha avuto il successo sperato. Già da settembre i portavoce dell’Amministrazione sostengono la necessità di andare oltre Unifil lamentando quello che viene definito a microfoni spenti, «un fallimento» della missione.
joe biden bibi netanyahu in israele
«Hezbollah non si è mai ritirata e Unifil non è riuscita nel suo incarico di disarmare» le milizie, le parole pronunciate dal funzionario Usa che ha precisato che ora il meccanismo di controllo previsto nel 2006 verrà rinforzato con l’ingresso di Stati Uniti e Francia nella cabina di regia. Unifil assisterà Laf che prenderà il controllo del confine meridionale del Libano.
Il Libano avrà risorse dalla comunità internazionale per rafforzare l’esercito e provvedere alla ricostruzione. «E’ l’occasione – notano dal Consiglio per la Sicurezza nazionale – per il Libano di riaffermare la sovranità e di eleggere il presidente». Sono due anni che il Paese è senza la figura apicale, due anni in cui la situazione è precipitata portando intere sacche del Paese a finire sotto il controllo delle milizie filo sciite.
Washington, ha spiegato Biden, non invierà truppe. Il coinvolgimento del Pentagono avverrà nel sistema di monitoraggio, possibile che il personale che lavorerà all’implementazione dell’accordo su lunga durata sia stanziato nelle ambasciate dei due Paesi.
Uno dei nodi che solo all’ultimo avrebbe trovato composizione è legato al diritto all’autodifesa. Israele avrebbe voluto una sorta di addendum, una lettera ad hoc, che riconoscesse la possibilità di agire manu militari in caso di violazioni e intrusioni sul proprio territorio. Le fonti di Washington non hanno confermato limitandosi a dire che c’è un «accordo siglato dalle parti» e che il diritto all’autodifesa vale ovviamente «anche per il Libano».
Non ci sono stati contatti diretti fra emissari Usa ed Hezbollah, «l’impegno preso dal governo libanese si applica a Hezbollah», ha spiegato la fonte Usa precisando: «Siamo consapevoli che i libanesi sono in contatto con Hezbollah e l’Iran».
Nel suo discorso Biden ha esteso la portata dell’intesa all’altro fronte caldo – il conflitto a Gaza – e al futuro della regione. Sul primo aspetto l’idea dell’Amministrazione è che ora Hamas è rimasta senza l’aggancio con Hezbollah e sia più isolata.
«Oggi Hamas ha capito che non esiste più il supporto alla sua causa», spiega la fonte. Tesi che Jon Finer, vice di Jake Sullivan al Consiglio per la Sicurezza nazionale, ha esplicitato alla CNN in serata: la tregua potrebbe creare opportunità a Gaza. Biden ha chiesto nuovamente il rilascio degli ostaggi.
Sulla struttura regionale, infine, la Casa Bianca intende rilanciare il dialogo con i sauditi e creare quella che Biden chiama «la normalizzazione del Medio Oriente» attorno all’asse Gerusalemme-Riad e con la creazione di uno Stato palestinese. […]
2. “ACCORDO DI TRANSIZIONE È INTERESSE DI TRUMP CHE REGGA FINO A GENNAIO”
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
Aaron David Miller, che per ventiquattro anni ha negoziato tra arabi e israeliani a nome del dipartimento di Stato, invita alla prudenza: «Dobbiamo essere realisti: l’accordo per la tregua in Libano non è una trasformazione del paradigma, ma una transazione. La tenuta di lungo termine dipenderà dall’applicazione, che sarà difficile».
Cosa pensa dell’intesa?
«È un risultato significativo, ma vulnerabile. La rivalità tra Israele ed Hezbollah resta, così come l’intenzione dell’Iran di ricostruire la sua principale milizia alleata. Se reggerà oltre i sessanta giorni dell’applicazione dipenderà da fattori complicati, come lo schieramento delle forze armate libanesi a sud del fiume Litani, il rilancio della missione Onu Unifil, la lettera che dà allo Stato ebraico margine di manovra per rispondere ad eventuali violazioni. Netanyahu dovrà chiedere prima il permesso agli Usa? Io penso che agirà come crede, e continuerà a colpire Hezbollah a nord del Litani».
DONALD TRUMP BENJAMIN NETANYAHU
Da quale chiave dipendono successo o fallimento?
«Le parti hanno fretta. Hezbollah in questa fase potrebbe pensare che un accordo sia meglio di nulla, mentre l’esercito israeliano è sotto forte pressione su due fronti e ci sono 70.000 cittadini sfollati da oltre un anno. A differenza di Gaza, poi, questa intesa pone meno problemi a Netanyahu, perché non ci sono prigionieri da liberare o l’Autorità palestinese da coinvolgere».
[...]
DONALD TRUMP E JOE BIDEN NELLO STUDIO OVALE DELLA CASA BIANCA
Che impatto avrà la transizione tra Biden e Trump?
«Dipende da chi prenderà in carico l’esecuzione della tregua nella nuova amministrazione, perché richiederà molta cura e lavoro. I sessanta giorni però scadranno quando Trump sarà già alla Casa Bianca, e quindi un eventuale fallimento avverrebbe sotto la sua responsabilità».
L’accordo aiuta la strategia di Trump per il Medio Oriente?
«L’obiettivo centrale della sua amministrazione sarà allargare gli Accordi di Abramo all’Arabia Saudita, per ottenere la normalizzazione dei rapporti con Israele. È molto difficile, perché richiederà concessioni da Netanyahu allo scopo di riprendere il processo per dare una prospettiva ai palestinesi, ma questo sarà il focus di Trump».
DONALD TRUMP E JOE BIDEN NELLO STUDIO OVALE DELLA CASA BIANCA. DONALD TRUMP E BENJAMIN NETANYAHU A MAR-A-LAGO
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