
DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI…
“LA FRASE RICORRENTE DEL MIO PRIMARIO ERA: ‘’DOBBIAMO OPERARE PERCHÉ SENNÒ CI CHIUDONO” – “LE IENE” RACCOLGONO L’INCREDIBILE DENUNCIA DI FRANCESCO CARONIA, MEDICO DELL’OSPEDALE CIVICO DI PALERMO CHE HA REGISTRATO AUDIO IN REPARTO E PRESENTATO OTTO QUERELE PER DENUNCIARE I CASI DI MALASANITÀ: “HO ASSISTITO A FALSIFICAZIONI DI CARTELLE CLINICHE MIRATE ALL’OTTENIMENTO DI RIMBORSI SUPERIORI A QUELLI CHE DOVEVANO ESSERE PRESI DALLA REGIONE. HO VISTO OPERARE IN CASI NON STRETTAMENTE NECESSARI. HO ASSISTITO AL DECESSO DI PERSONE PERCHÉ OPERATE IN RITARDO E ALL’USCITA DI PAZIENTI MORTI REGISTRATI COME SE FOSSERO ANCORA VIVI” - LA TERRIBILE STORIA DI NADIA, MORTA A 37 ANNI PER...
Da "Le Iene"
il servizio delle iene sull ospedale civico di palermo 3
Francesco Caronia è un dirigente medico chirurgo che ha deciso di rompere il silenzio. Per la prima volta in Italia, un medico ha scelto di denunciare pubblicamente ciò che – secondo le sue parole – accadeva ogni giorno nel reparto di chirurgia toracica dove lavorava presso l’ospedale Civico di Palermo, il più grande della Sicilia. Lo ha fatto in modo diretto, coraggioso e senza precedenti: registrando, documentando, raccogliendo prove di ciò che ha visto e sentito per anni e che normalmente è tenuto nascosto ai pazienti e ai loro familiari.
Nel servizio esclusivo di Gaetano Pecoraro e Marco Occhipinti - il primo di questa nuova inchiesta - in onda questa sera, in prima serata, su Italia1, il racconto shock di Caronia prende voce. Con lui, anche audio inediti, mai ascoltati prima, che se confermati racconterebbero una realtà difficile da ignorare.
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Dopo aver provato inutilmente a far sentire la propria voce ai colleghi e ai vertici dell’ospedale, Caronia ha presentato diverse denunce alla Procura. Ma, secondo lui, tutto è rimasto fermo. È a quel punto che ha deciso di rivolgersi a “Le Iene”. Senza nascondersi, mettendoci la faccia, ha consegnato alla trasmissione molti casi che, a suo dire, rappresentano gravi episodi di malasanità. Ai microfoni dell’inviato il medico ha raccontato di aver registrato: “Tutto quello che potevo. Da luglio 2022 ho presentato otto querele. Nomi, cognomi e numero di cartelle cliniche. Tutto quello che potevo ho dato alla magistratura.”. Pecoraro gli chiede se, da quando ha cominciato a presentare queste querele, sia successo qualcosa. “Nulla. Assolutamente nulla.”, risponde Caronia.
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Pecoraro: Ma allora com’è che ti è venuto in mente di fare una cosa che non ha precedenti nella sanità italiana?
Caronia: L’alternativa qual era? Andare via? È una questione etica, di voler far venire a galla la verità. Quello che mi dà più fastidio è che venga etichettato come il pazzo che rompe le scatole. Come se fossi io ‘lo sbagliato’, come se fossi il ‘cattivo’. Io penso che sia più cattivo uno che dice di voler aprire e chiudere un malato piuttosto che uno che si incavoli per il contrario.
Il dottor Caronia si riferisce a un’espressione brutale, stando a quanto dimostrerebbe in una delle registrazioni, che sarebbe stata pronunciata dal primario, il dottor Damiano Librizzi. Insieme ai due un terzo medico. L’espressione si riferirebbe alla necessità di aprire e chiudere, cioè operare, i malati, anche in casi non strettamente necessari, ma solo per l’esigenza di raggiungere gli obiettivi fissati dalla direzione dell’ospedale.
Questo l’estratto dell’audio:
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Caronia: Poi una cosa, a proposito del discorso operare, non operare che il direttore generale ti ha richiamato.
Librizzi: No, ho capito. Guarda me ne sto fottendo quello che volevo fare faccio. Non è che mi può avvilire la vita per questa cosa.
Terzo medico del reparto: Siccome in un attimo di sclero capisco pure che, hai detto c’è il paziente, si devono operare a costo di aprire e chiudere.
Caronia: No, questo no. Ti prego.
Librizzi: Sì questo no, è una cosa che ho detto così.
Caronia: La cosa mi arriva da medici e infermieri, ti prego per favore non dire più questa frase apriamo e chiudiamo i malati.
Librizzi: Va bene, va bene.
Caronia: È una cosa di una tale gravità che rischi l’ergastolo per una cosa del genere.
Nel servizio, il discorso continua tra Pecoraro e Caronia:
Caronia: Onestamente mi sembrava giusto dissociarmi, per rispetto dei pazienti e dell’ospedale.
Pecoraro: Ma quali sono esattamente i fatti gravi che ti hanno spinto a denunciare?
Caronia: Ho assistito a scelte chirurgiche che hanno determinato il decesso di alcuni pazienti. Pazienti operati in ritardo che sono deceduti. Ci sono circa 277 casi segnalati di cartelle cliniche falsificate, di pazienti operati a mio avviso in maniera non corretta. Pazienti introdotti in sala operatoria solo per colmare delle sedute operatorie.
Pecoraro: Da quello che tu hai visto ci sono persone che sono andate effettivamente sotto i ferri senza alcun motivo?
Caronia: Sì, e le ho rappresentate tutte alla Procura.
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Questa, se fosse appurata, sarebbe una cosa gravissima, ma ci sarebbe anche dell’altro per non lasciare inutilizzata la sala operatoria. Circostanza che sarebbe confermata e aspramente criticata anche da un’infermiera che lavora in quel reparto:
Infermiera: È follia. Neanche per scherzo si devono dire certe cose. Né dire né pensare. Fortunatamente gli altri medici più giovani hanno fatto esperienza e adesso lo contrastano. Sono cose che raramente se ne sente parlare, sono cose che non dovrebbero esistere.
E sempre ragioni economiche, secondo il medico che ha denunciato i fatti, avrebbero comportato anche ulteriori anomalie.
Caronia: Ho assistito a falsificazioni di cartelle cliniche mirate all’ottenimento di rimborsi superiori a quelli, che effettivamente dovevano essere effettuati.
Questo perché ad ogni prestazione medica corrisponde un rimborso da parte della regione: più la prestazione è complessa e più sono le prestazioni erogate, maggiori sono i rimborsi percepiti dall’ospedale. Ma ci sarebbe dell’altro:
Caronia: L’uscita di pazienti deceduti come se fossero vivi, con la classica scritta uscita contro il parere dei sanitari.
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Pecoraro: In che senso? Non ho capito.
Caronia: Nel senso che un paziente deceduto in ospedale viene fatto uscire dal reparto in barella, come se fosse vivo.
Pecoraro: E per quale motivo?
Caronia: Secondo alcuni medici, per evitare che il deceduto sosti per molte ore in ospedale che i parenti debbano stare lì, a vivere questo disagio nella camera mortuaria e di aspettare quelle ore prestabilite dalla legge perché possa andare via.
Pecoraro: Invece in questo caso se lo sono portato direttamente a casa…
Caronia: In qualsiasi minuto, senza nessun vincolo.
A sentirla così sembra qualcosa di incredibile, oltre che fuori dalle regole, ma esiste un audio in cui il primario in persona ammetterebbe di averlo fatto, anche lui.
Librizzi: France, in ospedale, succedono determinate cose, a me è capitato tante volte di mandare a casa una paziente che è morta, perché i familiari me lo chiedono, è una questione di disponibilità nei confronti dei pazienti, dei parenti, quello che vuoi tu…
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Ma torniamo alla casistica denunciata, che sembra certamente la più grave:
Caronia: Scelte chirurgiche che hanno determinato il decesso di alcuni pazienti.
Caronia si riferisce ai decessi che, secondo chi denuncia, si sarebbero potuti evitare. Come nel caso di Nadia, 37 anni, che ha lasciato una figlia e un marito.
Caronia: Sì mi ricordo con grandissima tristezza perché questa era una giovane donna che era giunta nel nostro reparto per un tumore presente tra i due polmoni. Questo tumore aveva bisogno di una diagnosi veloce perché questa massa comprimeva la trachea e si è perso molto tempo nella diagnosi. È stata fatta una prima biopsia che è risultata negativa, poi è stata ricoverata nuovamente, ma ricordo assolutamente che ci fu una diatriba sulla gestione della paziente perché io non volevo assolutamente e l'ho detto davanti ai colleghi, al mio primario, che non fosse addormentata e fosse fatta una biopsia in anestesia locale.
Pecoraro: Invece?
Caronia: Invece il primario voleva portarla in sala operatoria per fare questa biopsia.
Pecoraro: Per quale motivo tu non volevi addormentarla?
Caronia: Perché questo tipo di pazienti possono presentare delle complicanze legate al fatto appunto che una biopsia, un’incisione della massa effettuata in anestesia generale con intubazione può determinare delle complicanze respiratorie gravi.
Pecoraro: E lui invece, perché voleva operarla?
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Caronia: Voleva portarla in sala operatoria. La mia idea è perché purtroppo non lo dico io, ma lo dice lui e lo dicono anche gli infermieri. Spesso vuole riempire le sedute operatorie con qualsiasi paziente gli capiti davanti.
Pecoraro: In che senso vuole riempire…?
Caronia: Ma guardi, la frase ricorrente nei corridoi, del mio primario, è quella appunto ‘’Dobbiamo operare perché sennò ci chiudono, dobbiamo trovare dei pazienti da operare”.
Quale sia stato il motivo che avrebbe portato a scegliere di operare in anestesia totale la donna che poi è morta, dovrà essere l’autorità giudiziaria a stabilirlo. Quella avanzata dal chirurgo è chiaramente solo una sua personale ipotesi, dopo un confronto avuto con il suo primario.
Pecoraro: Tornando alla nostra ragazza di 37 anni, era giovane, che speranze aveva di vita?
Caronia: Nella fattispecie la signora aveva un linfoma, una patologia curabile tra l'altro, una delle forme più tra virgolette benigne, sebbene fossimo nell'ambito della malignità, quindi, sicuramente aveva grandi possibilità di cura.
Ma purtroppo dopo aver scelto di sottoporre la paziente ad un’operazione con anestesia totale, le cose sono andate diversamente.
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Caronia: La paziente è stata trasferita in rianimazione e non si è più risvegliata è deceduta.
Pecoraro: Ma per quale motivo è stata mandata rianimazione?
Caronia: Beh perché non riuscivano più a sturbarla per complicanze respiratorie.
Pecoraro: Ma ci sono delle linee guida?
Caronia: Sì, sì.
Pecoraro: Oppure è un tuo approccio contro un altro approccio?
Caronia: No, sono delle linee guida.
Pecoraro: Questa ragazza era entrata con le sue gambe in ospedale.
Caronia: E, soprattutto, aveva delle grandi chance di guarigione. S'immagini a vivere nello stesso reparto con l’impotenza di non poter far nulla.
Pecoraro: Ma dopo hai discusso con il tuo capo?
Caronia: Sì sì certo, ne abbiamo parlato tante di quelle volte, in una riunione in particolare ho ricordato questo caso.
Pecoraro: Ce l’hai questo audio?
Caronia: Sì sì, c’è questo audio.
Pecoraro: Metti play.
Audio tra Caronia e Librizzi sulla tragica sorte di Nadia, registrato da Caronia durante una riunione:
Caronia: Costanzo Nadia, la ragazza, questa io ti giuro…
Librizzi: Questa è una mia angoscia.
Caronia: Io ci ho pianto perché…la signora, anche qui, ti avevo detto facciamo una biopsia al collo, in anestesia locale e mettiamoci una protesi. Con questa cosa di aspettare sempre perché non ti vuoi inimicare i broncoscopisti, è una cosa tua personale, non la puoi ricondurre a noi, è giusto?
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Librizzi: Giusto.
Caronia: Comunque la paziente alla fine, l’hai portata in sala, Io so che tu non la volevi addormentare ma se l’anestesista ti dice addormentala tu ci devi sbattere i pugni e c’ha diri, tu non la devi addormentare e lo facciamo in locale perché la paziente muore. Minchia e muriu, cazzo di Eva, scusa la volgarità ma a 37 anni ragazzi non è…. e siamo fortunati che non ci ha denunciato, siamo fortunatissimi.
Qui interviene anche un collega medico presente alla riunione. Caronia commenta così:
Caronia: Un medico del reparto dice ‘ci abbiamo marciato’ nel senso che l’idea era quella di condizionare i parenti a pensare che comunque la paziente avesse perso tempo a decidere per l'intervento perché aveva paura, quindi riconducendo un po’ la responsabilità del decesso a lei.
Cosa che, sempre il medico del reparto nell’audio registrato da Caronia, spiega bene ammettendo esplicitamente il ruolo avuto nel convincere i parenti della paziente deceduta:
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Medico del reparto: Abbiamo, tra virgolette, con un minimo pizzico di malizia e malignità, giocato sul fatto che fu Nadia, che disse più volte che stava ritardando perché aveva paura di fare diagnosi. È chiaro che l'errore è stato anche nostro…
Caronia: No, l’errore è stato nostro e soprattutto, perdonatemi, lui che non si è imposto con l’anestesista.
Pecoraro prova a parlare con il primario del reparto in questione, il dott. Librizzi.
Pecoraro: Librizzi buongiorno, sono Gaetano Pecoraro, le Iene. Abbiamo raccolto una denuncia molto importante da parte di un suo collega. Le volevamo chiedere…
Librizzi: Chi è il mio collega?
Pecoraro: Il dottor Caronia.
(Librizzi resta in silenzio, ndr.)
Pecoraro: Le volevamo chiedere…
Librizzi: E lo ha fatto alla Procura?
Pecoraro: Anche, sì. Le volevamo chiedere: ci spiega come ha fatto a diventare primario?
Librizzi: Ho fatto un concorso e sono diventato primario
Pecoraro: Dottore, le dobbiamo fare tante domande. Guardi che sono cose gravissime quelle che sono state raccolte. Se fossero reali… Io le voglio dare l'opportunità di parlare, non è che voglio accusarla.
Librizzi: Sì sì, davanti al Procuratore della Repubblica.
Pecoraro: Ok, però Il fatto è che sono passati anni e qua non è successo ancora niente. Com'è possibile che un primario dica una frase del tipo: ‘Dobbiamo operare a tutti i costi a costo di aprire e chiudere le persone, se no ci chiudono il reparto’?
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Librizzi: Questo non l'ho detto io.
Pecoraro: Non l'ha detto? Ne è sicuro? Guardi che abbiamo una registrazione, abbiamo anche la registrazione di lei che dice ‘non lo dirò mai più’. Come fa a dire che non l'ha detto? È una cosa gravissima detta da parte di un medico un primario.
Librizzi: Ne parliamo davanti al Procuratore della Repubblica.
Pecoraro: Eh sì, il problema…
Librizzi: Io, tra l'altro, non sono abilitato a dare interviste.
Pecoraro: Non è abilitato a dare interviste?
Librizzi: No.
Pecoraro: Ma davanti ad accuse così gravi, si ricorda della signora Costanzo Nadia, 37 anni?
Librizzi: Sì.
Pecoraro: E ci può spiegare come è possibile che una ragazza con il suo caso muoia?
Librizzi: Ve lo spiegherò a tempo debito.
Pecoraro: No no, ce lo spieghi ora.
Librizzi: No, no.
Pecoraro: Perché ha paura di spiegarlo?
Librizzi: Assolutamente.
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Pecoraro: E allora ci spiega perché in una conversazione di cui abbiamo la registrazione voi dite che ‘con malignità’ avete fatto credere alla signora alla famiglia una cosa…
Librizzi: Questo lo sta dicendo lei.
Pecoraro: Non lo dico io, lo dice la registrazione.
Librizzi: Eh va bene.
Pecoraro: Dott. Librizzi, eccolo qua guardi, guardi qua. Si fermi perché è una cosa che per lei è importante.
Librizzi: L'ha detto il dottore Caronia? Di solito quando ci sono problemi si defila…
Pecoraro: Noi queste cose le abbiamo fatte analizzare anche a un luminare. Però si fermi dottore, io lo dico per lei, insomma…noi le stiamo dando l'opportunità di parlare.
Librizzi: No, io non parlo di queste cose così.
Pecoraro: Dobbiamo ‘operare dei pazienti a costo di aprirli e chiuderli’, cioè è terrificante una roba del genere, dottore?
Librizzi: Guardi che il GOM, è una cosa multidisciplinare se decide è così.
Dopo le otto querele presentate dal dott. Caronia sulla questione delle spese gonfiate c’è stata un’archiviazione, inoltre Caronia ha perso la causa di lavoro, riguardo al concorso per diventare primario. E per quanto riguarda i casi di presunta malasanità, dopo tre anni si aspetta ancora che la magistratura decida se procedere oppure no. Il caso di Nadia non sarebbe l’unico.
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