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Simone Di Meo per Dagospia
La Procura di Napoli sta indagando su una manovra ricattatoria a tenaglia che ha come obiettivo la segretaria campana della Cisl, Lina Lucci. La Digos ha già inanellato una serie di episodi (alcuni denunciati dalla stessa vittima) che tratteggiano uno scenario più simile a una palude di veleni, su cui volteggiano corvi e avvoltoi, che a una legittima battaglia politica.
Una manovra che parte da lontano. Vicenda singolare è il furto, negli uffici della leader sindacale, di interi faldoni di documentazione a cui sono seguite lettere anonime su presunte malversazioni. Chiaro lo schema: facendo sparire le prove che dimostrano il contrario, è più facile creare un clima di sospetto e di esalazioni mefitiche attorno alla gestione dei soldi degli iscritti. Tutto è stato segnalato all'autorità giudiziaria.
Ancor prima, dall'ufficio del segretario regionale una «manina» - simulando un furto nella sede sindacale - aveva fatto sparire il pc personale della Lucci convinta, probabilmente, di trovarci qualcosa di interessante. Fatto sta che, dopo qualche giorno, il profilo Facebook della figlia della Lucci viene violato. Parte una nuova denuncia alla polizia postale.
Lettere minatorie chiedono esplicitamente le dimissioni della segretaria Cisl; altrimenti sarà comunque costretta a uscire «in maniera traumatica» dalla sede centrale di Via Medina.
Che ci sia una sponda interna al suo stesso sindacato è chiaro. Meno evidente è invece il mandante (o i mandanti) di quest'operazione che punta a destabilizzare una sigla sindacale e il suo vertice che in questi anni si sono caratterizzati per un'opposizione dura e intransigente a soluzioni di comodo proposte da politica e istituzioni non solo sul tema della difesa dei diritti dei lavoratori ma anche della spesa di risorse pubbliche e dello sviluppo.
L'azione sindacale della Lucci ha sfidato i veri centri di potere della regione non risparmiando nemmeno la sua stessa organizzazione quando gli interessi personali e finanziari di alcuni sindacalisti andavano in conflitto con quelli dei lavoratori che avrebbero dovuto rappresentare. Una ribalta, anche mediatica, che l'ha portata a sfiorare prima la candidatura come governatore della Regione Campania, al posto di Stefano Caldoro; e poi quella a sindaco alle ultime comunali. Stavolta però il punto di non ritorno è stato toccato. E dalla sua stessa casa è partita una campagna di diffamazione che punta a distruggerne la credibilità.
(simonedimeo@gmail.com)
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