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Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
Per un anno il governo di Giuseppe Conte ha scandito le nostre vite a colpi di Dpcm. I decreti del presidente del Consiglio dei ministri hanno imposto chiusure e divieti, regolato le riaperture nella prima, seconda e terza fase dell' emergenza da Covid-19.
E adesso che l' avvocato degli italiani si è dimesso ci sono scadenze imminenti che bisogna rispettare. Tenendo ben presente il rischio di un «liberi tutti» che potrebbe arrivare già la prossima settimana. I tempi sono stretti, ma è necessario varare un decreto legge entro sei giorni. È il prossimo, cruciale impegno sull' emergenza da Covid-19.
Ma rimane il dubbio sulla possibilità di approvarlo se il nuovo esecutivo a cui sta lavorando Mario Draghi non sarà ancora nel pieno delle funzioni.
La data cruciale è il 15 febbraio, ultimo giorno del divieto di «ogni spostamento tra regioni o province autonome diverse, con eccezione di quelli motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute». Senza un decreto dal 16 non ci sarà più alcuna restrizione.
Ci sono dunque alcune questioni da risolvere, dubbi da chiarire. Alla luce della nuova situazione epidemiologica, il ministro della Salute che sarà in carica a ridosso della scadenza dovrà valutare se prorogare lo stop alla circolazione anche tra i territori in fascia gialla, oppure far scattare il liberi tutti: un cambio di fase che manderebbe in archivio l' autocertificazione e andrebbe incontro alle istanze degli «aperturisti» come Matteo Salvini. Prima di tutto si deve però stabilire la competenza a procedere.
dragonite riceve il campanello da conte
Il governo Conte è in carica soltanto per gli «affari correnti», l' orientamento del premier uscente è che una decisione di così grande impatto sulla vita degli italiani - che aspettano con ansia la notizia per programmare viaggi e vacanze sulla neve - non possa essere legittimamente assunta da un esecutivo in scadenza ma debba essere lasciata a chi ne prederà il posto. Se il presidente Draghi dopo aver sciolto la riserva, presentato la squadra, giurato al Quirinale e incassato la fiducia decidesse di prorogare il divieto di spostamento, servirebbe un decreto legge. Sembra però scontato che il nuovo presidente del Consiglio non vada in Parlamento prima del 16 febbraio. Ci sono dunque due opzioni: varare comunque un nuovo provvedimento prima del voto parlamentare oppure far semplicemente decadere il precedente. In quel caso da martedì 16 non ci sarà più alcuna restrizione. Un' eventualità che spaventa Roberto Speranza, ministro della Salute ancora in carica: «Il virus circola e il rischio, anche per via delle varianti, resta alto. Non possiamo scherzare col fuoco».
Da oggi al 5 marzo sono numerose le scadenze da rispettare. Già questa settimana il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia incontrerà, come accade ormai da quasi un anno, i governatori per pianificare le prossime mosse sulla campagna vaccinale e le emergenze legate alle varianti del Covid-19 che stanno costringendo sindaci e presidenti di Regione a trasformare paesi e intere province in zona rossa. Venerdì arriverà il nuovo monitoraggio e sulla base dei dati si deciderà in quale fascia di colore dovranno stare le regioni, anche perché scadranno i 15 giorni in cui la maggior parte dell' Italia è in giallo.
Lunedì 15 febbraio è invece fissata la riapertura degli impianti da sci: le linee guida sono state validate dal Comitato tecnico scientifico, ma durante il prossimo confronto con i governatori si dovrà chiarire come, soprattutto dove, ricominciare. Anche tenendo conto che l' Alto Adige sarà in lockdown per tre settimane.
Poi si deve passare all' esame delle misure del nuovo Dpcm modulando regole e divieti entro il 5 marzo, passaggio che di certo toccherà al nuovo governo. Il quale dovrà decidere se proseguire con la «linea dura» oppure iniziare una fase di progressive riaperture.
Le associazioni di categoria premono: i ristorati vogliono il via libera serale nelle regioni gialle e a pranzo in quelle arancioni, i gestori di palestre e piscine chiedono di poter tornare a lavorare, quelli di cinema e teatri invocano di poter alzare il sipario. Un confronto che si preannuncia tutt' altro che semplice.
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