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UNA MINA SU SANREMO? - L'EX CAPO DELLA STRATEGIA CREATIVA DI TIM LUCA JOSI CHE HA COINVOLTO "LA TIGRE DI CREMONA" IN DIVERSI SPOT SPIEGA A "OGGI" PERCHE' "LA PIU' FAMOSA SCONOSCIUTA D'ITALIA" CONTINUA A INCANTARE TUTTI, ANCHE AMADEUS CHE SOGNA DI PORTARLA SUL PALCO DELL'ARISTON - "NON C'E' NIENTE DI PIU' PRESENTE DI CIO' CHE E' LONTANO DAI NOSTRI OCCHI, E SAPPIAMO ESISTERE" - "LAVORARCI NON E' DIFFICILE O FACILE. DIPENDE TUTTO DA LEI, DALL'INAPPELLABILITA' DEL SUO ISTINTO. MINA INCARNA IL MITO PERCHE'..." - VIDEO

 

Luca Josi per Oggi

 

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Sono un tizio molto fortunato. Nella mia vita – una vita francamente ordinaria – ho avuto l’opportunità d’incontrare alcune persone straordinarie. Mina, pacificamente, è una di queste. Perché Mina è Mina. Perché, per cominciare, non esiste artista capace di attraversare sette decadi ritrovandosi, almeno una volta, prima in classifica (e in realtà, in diverse decadi, molto più volte).

 

Qualche anno fa il premio Oscar Paolo Sorrentino, insieme alla penna di Umberto Contarello, diede vita nella serie The Young Pope al suo Papa immaginario, Pio XIII, e per spiegare agli spettatori quanto il suo pontefice fosse rivoluzionario e spiazzante s’inventò un breve dialogo in cui quest’ultimo interrogava la sua responsabile della comunicazione con una serie di domande su chi fossero gli scrittori, registi, artisti contemporanei o i gruppi musicali più famosi al mondo. La signorina non azzeccò una risposta, ma giunti al quesito su chi fosse «la più grande cantante italiana» rispose di getto «Mina!» e il giovane Papa replicò: «Brava. Adesso lei sa qual è l’invisibile filo rosso che unisce tutte queste figure? Nessuno di loro si fa vedere. Nessuno di loro si lascia fotografare».

 

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«La più famosa sconosciuta d’Italia», copyright Massimiliano Pani (il figlio di Mina, ndr). Perché non c’è niente di più presente di ciò che è lontano dai nostri occhi, ma sappiamo esistere (la presenza dell’assenza). Ce ne accorgiamo ogni istante, in questi tempi così privi di fascino, dove la popolarità dura la vita di una farfalla perché ogni personaggio si sottopone, volontariamente, a una continua radiografia che appiattisce qualsiasi spigolo di curiosità (non essendoci più nulla da scoprire o da immaginare).

 

Negli ultimi cinque anni mi sono occupato della comunicazione di un grande gruppo della telefonia e Mina ci diede l’opportunità di lavorare con lei. Per un’azienda che aveva portato le parole degli italiani ovunque, quale voce poteva meglio rappresentarla se non quella della "voce più famosa d’Italia?”. E così è stato.

luca josi

 

In quel periodo l’azienda incontrò la guida di diversi manager e intorno al 2018 fu la volta di Amos Genish, israeliano, proveniente da oltre dieci anni in Brasile e formatosi in America. Come spiegargli chi fosse la nostra testimonial? Facendogliela raccontare da Louis Armstrong, che la considerava «la più grande cantante bianca del mondo»; Frank Sinatra: «Avrei speso qualunque cifra per farla esibire almeno una volta negli Stati Uniti»; Sarah Vaughan: «Se non avessi la mia voce, vorrei avere quelle di una giovane ragazza italiana di nome Mina»;

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Andy Warhol: «Mina? Un fantasma lunare, aggressivo e un po’ pop»; Mick Jagger: «Persone come me, Tina Turner, Paul McCartney e, in Italia, gente dalla voce d’angelo come Mina, abbiamo mantenuto viva la nostra vitalità adolescienziale perché non abbiamo ceduto a compromessi di alcun genere»; Liza Minnelli: «Mina è la più grande cantante che io abbia mai sentito, la voce, il timbro inconfondibile l’espressività che sa dare alle sue interpretazioni sono sublimi! È divina. Io sono una delle sue più grandi ammiratrici. Nessun altro al mondo è come lei… Per la canzone è quello che De Niro è per la recitazione: c’è solo lei, è unica»; Celine Dion: «Luciano Pavarotti mi parlava sempre di Mina e non certo solo quando eseguimmo in duetto la versione inglese di Grande grande grande. Anch’io sono nata nel mese di marzo, come Mina; anche io penso alla sua voce come a un grandissimo, inimitabile dono della natura, il riflesso di un’anima».

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Può bastare? Direi di sì, e bastò anche al mio amministratore delegato.

 

E Mina? Beh, Mina, se ti regalasse il tempo di ascoltare tutte queste parole – non contateci, al primo secondo in cui sospetta un rischio di adulazione è già altrove – ti seppellirebbe con una risata stereofonica. «Non sono un diva e odio il divismo. Canto perché mi diverte».

 

Non ha mai rincorso il successo. Ne è stata inseguita. Sostanzialmente non ha un tempo perché il suo talento è fuori dal tempo. Ingombrante per un’epoca sola, si è distribuito ininterrottamente su più epoche, reinventandosi ciclicamente in nuovi mondi. Mina è, non solo per quello dello spettacolo, un’unità di misura, un termine di paragone. Se frequenti gli artisti, una comunità obbligata alla necessità di distinguersi e alla vanità, esistono pochi nomi che spengono ogni discussione: lei.

 

mina raffaella carra

Da subito, mi ha insegnato a capire il fuori scala. Quando si è giovani, si è immersi nel proprio universo temporale (che è l’unico a te conosciuto non avendo incontrato altro tempo). Conosci il passato, ti attrezzi a intuire il futuro, ma ti rimane addosso una sensazione che il mondo abbia cominciato a esistere con te.

 

Sì, hai cognizione che molto è accaduto prima e che tutto continuerà dopo, ma ogni cosa è rivelazione: scopri i fondamentali del passato, poi ci aggiungi i fondamenti del presente, shakeri tutto sperando che gli ingredienti che hai messo dentro la tua pozione siano i migliori, ma ovviamente tutto questo è il frutto di casualità e caos.

 

celentano mina

Sono pochi gli artisti che hanno attraversato il loro presente come unici e poi sono sopravvissuti a loro stessi negli anni e nei secoli. Tantissimi, in ogni arte, sono stati fuochi, vampate altissime, poi rivelatesi mode. Pensate al concetto di classifica come a una sala di un museo. Immaginiamo che, ogni anno, quel corridoio possa ospitare solamente dieci tele. E ogni anno il mondo fa nascere nuovi artisti la cui produzione dell’immaginario va a sommarsi a quella degli altri artisti, imprescindibili e irrinunciabili, già esistenti. Pochi tra loro attraversano la loro esistenza sempre in quella sala. Mina è una di questi. Perché? Boh, per un’infinità di ragioni.

MINA

 

Provo a tradurla così. Se non capisco molto di una materia, un discreto professionista di quel campo riuscirà a intortarmi e io percepirò la sua tecnica come quella di un talento della sua competenza (distinguere un inconcludente azzeccagarbugli avvocato da un luminare del foro non è così immediato per chi non mastica il tema). Quando ti confronti con l’inappellabbile ascolto del suono della voce e dell’interpretazione di un brano, invece, le barriere sono di cartone. Non solo distingui il latrato dal canto, ma tra canto e canto è facile percepire qulcosa che nella sua riconoscibilità è inclassificabile. Mina, appunto.

 

Non ho, incredibilmente, un brano mio, ma una percezione intonsa di preesistenza. D’altra parte, che cos’è il classico se non quella sensazione di accedere a una forma e a un’organizzazione dello spazio, visivo o sonoro, sempre esistita e capace di attraversare ogni epoca senza tradire un tempo? Mina incarna il mito perché è riconoscibile tra generazioni che nulla hanno in comune tra loro, ma leggono in quella voce qualcosa che gli appartiene.

 

mina

Lavorarci non è difficile o facile. Dipende tutto da lei. Non c’è margine di trattativa o di accomodamento. Tutto è deliberato dall’inappellabiliità del suo istinto, immediato, irremobibile, istantaneo e innato (in quanto hai forte la percezione che possieda una predisposizione naturale a valutare cose e situazioni come già le dominasse e ne fosse padrona). Abbiamo costruito cinque anni di “presenza" a Sanremo insieme. In uno di questi Festival si presentò in ologramma: avendo l’azienda che rappresentava consentito per prima la possibilità di scambiarsi parole in voce, poi parole scritte, poi la video chiamata, si divertì all’idea di riprodurre sul palco più ambito la presenza più assente d’Italia attraverso questa nuova tecnologia che ti teletrasporta e delocalizza. E così, ancora una volta, è stato.

OLOGRAMMA DI MINA A SANREMO

 

Se provi a elencare i suoi primati – musicali, produttivi, di costume e tanto altro – scopri il significato di enciclopedico. Rimane un po’ di sconcerto per come ogni grande interprete dei Paesi più diversi, dopo averla incontrata, le abbia riconosciuto l’integrità assoluta di un talento che prima di parlare sa ascoltare, entrando in punta di piedi negli infiniti mondi che ci ha regalato, cantandoli.  

 

 

 

 

luca josi foto di baccoLUCA JOSI

mina e corrado panisanremo mina le mille bolle blumina a sanremo nel 1961